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Voglio rivedere mio figlio. Faccia così…

Scrive un detenuto del cercere di Opera arrestato per un reato di bancarotta fraudolenta

di Cristina Giudici

Chi le scrive è un detenuto del carcere di Opera. Mi chiamo Attilio Ghio, sono stato arrestato in Romania nel ?96 (dove vivevo da sei anni con la mia compagna rumena e mio figlio ) per un reato di bancarotta fraudolenta. Dopo sei mesi di durissimo carcere a Bucarest, sono arrivato a San Vittore ( che in confronto mi sembrava il grand Hotel), e poi sono finito ad Opera. Quando venni estradato in Italia, il consolato italiano mi promise che anche la mia famiglia sarebbe stata portata in Italia visto che mio figlio è cittadino italiano, (è nato a Genova), ma a tutt?oggi le autorità italiane rifiutano il visto alla madre del mio bambino perché rumena. Da mesi mi struggo e mi dispero, ma l?unica risposta che ho ricevuto dalle autorità è stata all?incirca questa :« Lei non può rivedere il suo bambino perché non ha il reddito annuo di 40 milioni per mantenere la sua famiglia e perciò si metta il cuore in pace, a meno che suo figlio venga da solo in Italia». (mio figlio ha 27 mesi!!!).

Così ho iniziato lo sciopero della fame; presto inizierò anche quello della sete e porterò questo mio gesto alle estreme conseguenze: lo interromperò solo quando potrò tenere mia moglie e mio figlio fra le braccia!! Se un giorno non lontano mi capitasse il peggio, riterrò responsabili le autorità italiane e principalmente il ministro degli esteri. Sono allo stremo, non so più a chi rivolgermi; ho tentato tutte le strade e bussato a molte porte, ma niente. Mia madre ha 81 anni e sta morendo di dolore perché non può rivedere il suo unico nipote. Ma è possibile tutto questo secondo lei? Credo che in nessun Stato al mondo succeda una cosa simile e cheda nessuna parte una famiglia venga divisa per ragioni burocratiche!! Mi sono rivolto a lei nella speranza che mi possa dare una mano. Non so quanto ancora potrò resistere. Grazie.

Caro Attilio, si faccia coraggio perché il suo problema non è affatto senza soluzione. Deve solo armarsi di forza e pazienza per affrontare i tempi morti della burocrazia. Richieda il ricongiungimento familiare con suo figlio (che avendo la cittadinanza italiana non le sarà negato). Poi si rivolga al tribunale dei minori e chieda che, in base alle norme sulla tutela dei minori, gli venga consentito di stare con sua madre. Le autorità dovranno farsi carico dell?assistenza di entrambi. Come detenuto non può certo garantire i 40 milioni annui di reddito (40 milioni? Ne è proprio sicuro?). Quindi insista, è un suo diritto. Abbiamo segnalato la sua sitiuazione ad un?associazione, S.O.S. Carcere e Giustizia, la quale si è impegnata di offrirle l?assistenza necessaria. La strada è tortuosa, ma la speranza di avere vicino i suoi cari c?è.

Riguardo alla decisone dello sciopero della fame, non me la sento di consigliarle nulla: si tratta di un atto di libera scelta, determinato dalla rabbia e dal dolore, che nessuno di noi può comprendere a pieno. Trovo doveroso segnalare, però, che questa pratica di protesta si sta diffondendo a macchia d?olio. Non esistono statistiche in merito, ma per quello che ne sappiamo si tratta di un fenomeno sommerso allarmante. In redazione continuano a giungere lettere di detenuti che ci comunicano di aver iniziato lo sciopero della fame a oltranza per ottenere di essere ascoltati e dal carcere di Pisa Adriano Sofri, nella sua rubrica ?Piccola posta? pubblicata dal ?Foglio?, nei giorni scorsi ha scritto: «…Un piccolo segno dell?urgenza delle cose mi viene dalla quantità delle lettere personali spedite dalle carceri italiane, fra le quali almeno una ventina mi comunicano dello sciopero della fame in corso che non arrivano a fare notizia con conseguenze pesanti per i loro autori … ». Per fortuna alcuni arresti eccellenti, se non sono stati proprio utili a una giustizia più giusta, hanno almeno potuto servire la causa dei detenuti comuni. Infatti qualcosa si sta muovendo.

La settimana scorsa Giuliano Pisapia, in una lettera pubblicata sul ?Manifesto? ha chiesto ai detenuti di interrompere lo sciopero della fame e di avere fiducia nella riforma della giustizia in corso. Ha fatto esempi concreti: la legge sulla depenalizzazione dei reati minori, l?istituzione di un comitato parlamentare sulle carceri, l?eventualità di aprire sportelli per fornire assistenza ai detenuti. In questi giorni abbiamo perso un potente alleato: Michele Coiro che, condotto al carcere dalle avversità della vita, aveva iniziato a spingere dall?alto per un carcere più umano. Vogliamo ricordarlo. La saluto, signor Ghio. Se può, ci faccia sapere come è andata a finire. Auguri.

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