Non profit

Vogliamo uno Stato sociale davvero

Il Parlamento inizia ad affrontare i temi scottanti della riforma. E da tutte le associazioni arriva un forte appello perché non si dimentichino le emergenze drammatiche del nostro Paese

di Marco Piazza

Con il varo della finanziaria e l’accordo sulla previdenza sta per prendere il via la seconda fase del dibattito sulla riforma dello Stato sociale, quella che tratta di assistenza, di protezione sociale e di servizi alla persona. Per il volontariato e più in generale per il Terzo settore è il momento di scendere in campo. E non a caso, negli ultimi giorni, si sono moltiplicate le iniziative. L’ultimo intervento è stato quello del Forum del Terzo settore, il cui segretario generale, Nuccio Iovene, presentando il documento sulla riforma dello stato sociale, ha dichiarato: «Vogliamo affermare l’idea che la vera riforma comincia ora. Il Welfare non può essere ridotto a un problema di costi. Le emergenze drammatiche di questo paese (12,5 per cento di disoccupati, crescenti fasce di popolazione esposte ai processi di esclusione sociale) impongono un intervento di tipo strutturale, in cui il Terzo settore deve avere un ruolo da protagonista».

Proposte concrete e suggerimenti
Il Forum fa molte proposte concrete. Innanzitutto preme perché leggi importanti come quella su assistenza, Ipab, associazionismo, servizio civile, immigrazione e adozione internazionale vengano approvate in tempi rapidi. Poi rivolge suggerimenti al governo, come quello di garantire la deducibilità fiscale per i costi delle prestazioni socio-assistenziali, di estendere alle piccole imprese sociali le agevolazioni per le piccole medie imprese (Pmi) e di rendere trasparenti le modalità di assegnazione del fondo sociale europeo.
Più in generale il Forum chiede che volontariato, associazionismo e cooperative sociali facciano parte di quel tavolo permanente di consultazione accanto a istituzioni ed enti locali. Una richiesta di partecipazione attiva che trova d’accordo anche la Conferenza dei presidenti delle associazioni e delle federazioni di volontariato. «Serve un tavolo costituente per la definizione di un nuovo modello di welfare», dice il presidente Claudio Calvaruso, «di cui facciano parte anche le forze rappresentative del volontariato, della società civile e del privato sociale. Il dibattito in atto deve rappresentare un appuntamento storico per andare oltre lo stato sociale e predisporre un nuovo assetto istituzionale in grado di promuovere la realizzazione di una comunità solidale». Nella comunità solidale, secondo la Conferenza dei presidenti, devono essere coinvolti i soggetti che operano a livello locale, con l’obiettivo di favorire il reinserimento sociale, la cura e l’assistenza alle persone in difficoltà.

Il federalismo delle associazioni
Un altro denominatore comune che lega i soggetti del Terzo settore in tema di riforma del welfare è il federalismo. Nuccio Iovene lo chiama ?welfare mix municipale?, precisando però che la maggiore autonomia delle amministrazioni locali in settori come l’assistenza non può andare a scapito dell’equità e che non è possibile che il diritto alla salute sia diverso se si vive in Calabria o in Emilia-Romagna.
«Per dare un nuovo volto alla sicurezza sociale», sostiene il presidente delle Acli, Franco Passuello, «non è sufficiente uscire dallo Stato e correre verso il privato perché questo, come dimostra la tragedia del Galeazzi di Milano, non sempre è in grado di dare servizi buoni ed efficienti». La soluzione, per Passuello, è sfruttare «la dote di risorse e strutture già presenti sul territorio, integrata da una serie di imprese sociali che appartengono a quella mutualità popolare che fa parte della tradizione laica e cattolica del nostro Paese». Questa integrazione, secondo Emanuele Ranci Ortigosa, direttore dell’istituto per la ricerca sociale (Ires) di Milano, si può attuare praticamente, a patto che le Asl e le Regioni tornino a confrontarsi con i rappresentanti degli interessi locali: i Comuni, ai quali i cittadini sono abituati a rivolgersi per la soluzione dei propri problemi di carattere sociale e sanitario.

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