Welfare

Viva, il dottor d’ambrosio ha scoperto San Vittore

Una lettera da un operatore carcerario sulle dichiarazioni del procuratore D'Ambrosio

di Riccardo Bonacina

Egregio direttore, ho letto ieri gli articoli che riportavano la vicenda tragica del dentista accusato di pedofilia e detenuto a San Vittore , che poi si è suicidato. E ho letto le dichiarazioni del Procuratore capo di Milano, Gerardo D?Ambrosio. E devo dirle che mi ha colto lo sgomento? Infatti, come può dire il Procuratore che scopre oggi la condizione da ?Terzo mondo? delle carceri milanesi, quando io stesso e tanti altri operatori carcerari continuiamo a gridare dal 1998 , ma anche da molto tempo prima, che esistono condizioni tali che persino attraverso un intervento di Amnesty international si è dichiarato dinanzi al mondo intero l?assoluta mancanza del rispetto dei diritti umani nelle nostre carceri? Il Procuratore cade dalle nuvole forse, o vive sulla luna? Quanti esposti sono pervenuti da legali, associazioni o da semplici cittadini alla Procura di Milano (e anche a molte redazioni dei giornali milanesi ) sulle condizioni carcerarie: io chiedo al dottor D?Ambrosio di andare a domandar conto ai suoi sostituti , e vedrà che nei loro cassetti , oppure ormai negli archivi polverosi giacciono centinaia e centinaia di solleciti e denunce di cittadini da chissà quale tempo. Sempre inevasi. Ebbene la sceneggiata dello stracciarsi le vesti, sempre dopo e sempre per deprecare l?esistente, ma non muovere un dito? occorre lasciarla a chi crede che la pubblica opinione sia proprio del tutto stupida o distratta. Quando denunciammo alcuni fatti sembrò allora volessimo arrivare a metter alla berlina istituzioni e autorità e non invece, per senso civico, accoratamente far presente la condizione drammatica. Neppure dalla stampa milanese (tranne lodevoli eccezioni tra cui Vita) c?è stata troppa solerzia. L?ultimo caso poi mi sollecita una riflessione: perché il detenuto aveva la cintura? Chi ha ordinato all?agente di lasciare la vigilanza?E tanti altri interrogativi. Il direttore Luigi Pagano è persona sensibilissima, ma con la bontà personale, da sé sola, non si può scongiurare fatti di questo genere: forse occorre, senza dietrologie, domandarsi qual è la ?cultura? che presiede a livello di alcuni gruppi della polizia penitenziaria? Quale ?cultura istituzionale? e quale concezione del carcere ricevono nei corsi di formazione gli appartenenti alle forze dell?ordine e delle polizie carcerarie? Caro Procuratore, non è soltanto questione di sovraffollamento, ma di ?forma mentis? di chi assolve il compito di sorveglianza, e dai discorsi raccolti qua e là dentro gli istituti di pena, in tanti anni, le assicuro che questi discorsi, fanno accaponare la pelle. Il pestaggio, poi, di un altro detenuto nelle stesse condizioni la dice lunga sul clima interno? Non si può pensare di amministrare la giustizia quando il carcere, come ha scritto il cardinale Martini, è ?l?ultima spiaggia? per il reintegro sociale e quando ci si cura soltanto di punire e poi si lascia calpestare la dignità del detenuto stesso, sotto il profilo umano e civile. Un capitolo a parte riguarda poi i detenuti malati, cui si è riservato dopo anni di mancanza di cure adeguate e di morti evitabili, come l?ultima a Opera, un reparto presso l?ospedale San Paolo. Ecco dunque che quando si fanno pubbliche lamentazioni, occorre essere adempienti? pena la credibilità. Qualche doverosa autocritica non stonerebbe affatto? La Procura di Milano ha meriti indiscutibili, nello scoprire il diffuso malaffare con le sue coperture e connivenze politiche, ma forse ha agito da un solo versante? quello punitivo, e forse è stata negli ultimi anni totalmente assente sul versante carcere e reintegro sociale?.Non basta avere le ?mani pulite?, occorrerebbe avere anche la ?coscienza pulita? in tutta la sua ampiezza. Domani verrà il ministro di Giustizia, per annunciare che San Vittore è da chiudere. Non si creda che questa sia la strada per risolvere i problemi. Prima di chiudere occorrerebbe aprire la mente e i cuori di chi ha gravi responsabilità. Giovanni Felice Mapelli, Milano


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