Famiglia

Vittime: l’allarme dell’Unicef : la guerra che uccide i bambini

In Iraq non si è ancora iniziato a sparare e già muoiono oltre 300 piccoli iracheni ogni 24 ore

di Carlotta Jesi

La guerra annunciata all?Iraq ha una vittima annunciata: Ali Asiyan, 9 anni, ricoverato nel reparto leucemici dell?ospedale Al Mansour di Baghdad. A ucciderlo non sarà la malattia, ma il blocco alle importazioni di agenti radioattivi che l?Onu ha imposto all?Iraq sei mesi fa. Agenti che potrebbero essere usati per costruire bombe sporche, certo. Ma che Luay Qusha, direttore dell?Al Mansour Hospital, usa per curare il cancro. «Sei mesi fa Ali aveva buone probabilità di salvarsi», ha dichiarato Qusha a The Economist, «oggi no».
Oggi è una vittima annunciata. Come migliaia di bambini iracheni che secondo l?Unicef bevono acqua dieci volte più contaminata del livello di accettabilità. «A minacciarli è la restrizione alle importazioni di cloro con cui potabilizziamo l?acqua. Per non parlare dei rischi se nei bombardamenti venissero colpite le fogne: ci sarebbe un inquinamento di tutte le risorse idriche», spiega Donata Lodi, portavoce dell?Unicef Italia. «Se ci sarà una nuova guerra, a soffrirne saranno soprattutto i bambini che rappresentano il 14% della popolazione». Bambini che per i rapporti di Unicef e Pam sono una generazione senza diritto alla vita: uno su cinque, per un totale di 800mila minori, è denutrito; il 23% dei neonati è sottopeso e il 13% non arriva ai 5 anni d?età. Un tasso di mortalità infantile raddoppiato in dieci anni.
Quali gli effetti su di loro di un?altra campagna militare? Disastrosi, prevede l?ong Save The Children Uk che da 11 anni lavora nel nord dell?Iraq e lo scorso 13 settembre, in un rapporto inviato al governo Blair, ha sintetizzato così l?impatto umanitario della guerra a Saddam: cesserà la distribuzione d?aiuti alimentari previsti dall?accordo Oil for food, le agenzie umanitarie lasceranno il Paese, in Iraq non entreranno più medicine e verranno meno le forniture d?energia e acqua. Particolarmente gravi le conseguenze che un conflitto potrebbe avere sui bambini curdi che vivono nel nord dell?Iraq, spiega Rob MacGillivray, responsabile delle emergenze per Save The Children Uk: «Le sanzioni e il programma Oil for Food hanno reso i curdi totalmente dipendenti dagli aiuti esterni. Tre milioni di persone sopravvivono ogni mese grazie alle razioni di cibo che arrivano da depositi controllati dal governo iracheno: con la guerra gli aiuti alimentari rischiano d?interrompersi e le famiglie non saranno in grado di nutrire i bambini».
Come evitare tutto ciò? Ken Caldwell, direttore delle operazioni dell?ong inglese, non ha dubbi: «Risolvere la crisi umanitaria in atto invece di peggiorarla con una nuova guerra deve essere la priorità di tutti i governi. I diritti dei bambini e la loro sopravvivenza saranno messi in pericolo da qualsiasi azione militare che rischia d?interrompere gli aiuti alimentari e di costringere i Paesi vicini all?Iraq a bloccare i loro confini. Bloccando le importazioni di medicinali di cui hanno bisogno i civili iracheni».

Le due sorelle
A Kouthar e Marawa Al-Rawi, due sorelle irachene di 15 e 14 anni emigrate negli Stati Uniti, è bastata un?appendicite per capire che l?embargo stava facendo del male ai bambini iracheni. «Nostro cugino è stato operato senza anestesia. È stato allora che abbiamo deciso di dar voce alle sofferenze e paure dei nostri coetanei in Iraq». Col sito Internet www.iraqkids.com da cui hanno inviato più di 20mila cartoline virtuali a Bush chiedendogli di ritirare le sanzioni a Baghdad. «Abbiamo ricevuto molti messaggi dalla Casa Bianca. Alcuni anche con un timbro firmato» racconta a Vita Kouthar Al-Rawi. «Ma ora con il pensiero della guerra siamo tristi, anche se non senza speranza. Lavoriamo sodo per raccogliere donazioni per tenere in vita il sito e fare informazioni sull?impatto delle sanzioni».

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