Non profit

Vittadini: «Vogliono ridurre la società civile a una massa inerte in attesa dell’uomo forte»

Il Terzo settore è sotto attacco. Ma da parte di chi? Giorgio Vittadini, Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, è chiaro: «prima di tutto a causa di un rapporto fra Stato e individuo che è mutato radicalmente»

di Marco Dotti

Il Terzo settore è sotto attacco. Ma da parte di chi? Giorgio Vittadini, Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, è chiaro: «prima di tutto a causa di un rapporto fra Stato e individuo che è mutato radicalmente».

L'individuo si rivolge direttamente allo Stato e lo Stato si richiama direttamente a una (presunta) volontà dell'individuo. Conseguenza?
La paralisi sociale. Nel momento in cui lo Stato pensa di disintermendiare e parlare direttamente con l'individuo ottiene un risultato: rende la persona passiva e dipendente dalla prebenda dell'ente pubblico e, di conseguenza, incentiva non la sua capacità di rischio e di costruzione, ma l'assistenzialismo e la paralisi.

Assistiamo dunque alla morte del rischio?
Per rischiare, inevitabilmente, bisogna fare con. Fare con nei corpi intermedi che sono lo spazio in cui si lavora e in cui si rischia. Quando questo spazio e questa libertà di rischio vengono demonizzati – lo fa in un modo Di Maio, in un altro Salvini – evidentemente si fa sì che l'individuo diventi bersaglio di un welfare puramente assistenzialistico. Tra l'altro senza alcuna preoccupazione responsabile per chi questi soldi li produce.


C'è un ritorno del paternalismo?
Un eterno e stancante ritorno dell'uomo solo al comando della Seconda Repubblica. Quell'uomo solo, già si vedeva, che è stato Berlusconi, che è stato Prodi, che è stato Matteo Renzi.

Adesso sono una moltitudine, più che un uomo solo…
La logica è la stessa: che vi sia un demiurgo, in questo caso il demiurgo-Stato, che è in grado di interpretare il "popolo". Di solito chi ragiona così si contorna di un cerchio magico che pensa di interpretare i bisogni di un popolo.

Conseguenza per il Terzo settore?
Conseguenza è che non c'è più il popolo, ma solo gente che aspetta passivamente panem et circenses. Il problema è invece tutt'altro: aiutare i soggetti a crescere.

Questo lo vediamo anche dal lato dell'impresa: al meno Stato di qualche anno fa, si è sostituita la litania del "vogliamo più Stato". Sottinteso: aiuti di Stato…
Sono appena tornato dalla California. È impressionante come è nata la Silicon Valley: Hewlett Packard sono partiti da lì. E lo Stato sa che cosa ha fatto?

Che cosa ha fatto?
Ha aiutato dei soggetti a crescere. Ma nel momento in cui l'impresa chiede semplicemente soldi per sopravvivere ci ritroviamo con tante piccole realtà che, prima o dopo, muoiono. Lo Stato dovrebbe invece orientarsi su ciò che funziona, per aiutarlo a funzionare ancora meglio, togliendo ad esempio vincoli burocratici. Dal canto suo, l'impresa dovrebbe avere il coraggio di dire: se sto in piedi vado avanti, se non sto in piedi accetto di farmi da parte. Anche perché i soldi che mi verranno dati, saranno solo soldi gettati al vento e sottratti a tante buone cause. Ribadisco l'idea di una sussidiarietà che è un aiuto a ciò che già si muove, per muoversi più agevolmente.

Il Terzo settore è sotto attacco, ma certe sue aree sembrano in piena crisi vocazionale. Al pari di molte imprese, d'altronde. L'impresa era il luogo del rischio, ora?
Ricordi che cosa ha detto il Censis: il desiderio manca e il rancore cresce. Il primo fatto di un impresa non è economico, ma di desiderio. è la voglia di fare, di costruire, di lavorare. Tutto questo non nasce da un fattore economico, nasce dall'educazione. Ma se manca il desiderio, il vuoto viene occupato dal rancore.

Torniamo dunque al sociale, alla società civile, che da sempre sono stati spazi di compensazione del rancore…
Bisognerebbe capire che la prima questione è quella dei luoghi educativi. Il Terzo settore è uno di questi spazi: vogliamo aiutarlo o soffocare? Se si riduce tutto a economia, come fa del resto l'Europa, alla fine si hanno fichi secchi a cena. E una società civile che qualcuno vorrebbe ridotta ad attenderli dall'uomo forte di turno.

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