Volontariato

Vito, un dottore di strada.

Il dottor Vitale era uno studente svogliato. Ma un giorno incontrò un barbone che condivideva il pane con i compagni, e la sua vita cambiò. Scoprì che poteva rendersi utile con quello che aveva: un ap

di Amedeo Ciotti

C?è un cuore che batte nel cuore di Roma. In via Reggio Calabria, a due passi da piazza Bologna e via del Corso. Il numero civico lo conoscono in pochi: alcuni senza tetto della città che vi hanno trovato rifugio, fino a qualche anno fa Federico Fellini che vi mandava a prendere la sua cartomante di fiducia e Vito Vitale, padrone di casa e di un cuore che da ventitré anni pulsa per emarginati, homeless e poveri della Capitale. Il medico degli emarginati, come lo chiamano oggi i suoi colleghi dottori e i ragazzi di S. Ippolito dove Vito fa il catechista da dieci anni. «Uno che a un certo punto della sua vita ha capito che per stare bene doveva condividere il poco che aveva con gli altri», preferisce definirsi lui. Che il primo clochard avrebbe voluto portarlo in casa a 16 anni e ad aiutare gli altri ha imparato dai genitori. Un papà maggiore dei Carabinieri che distribuiva buoni pasto ai poveri e una mamma insegnate che glieli preparava. Tradizione di famiglia, insomma? Di più: una ragione di vita. L?eredità di nonna Maddalena Vito la scopre al tempo dell?università, dopo una lunga crisi dovuta alla morte della madre, nel 1977. «Non riuscivo a studiare e passavo le mie giornate nella chiesa di Santa Maria, in via Lata, a pregare. Ma una sera d?inverno improvvisamente sento un rumore che mi distrae». Uno stropiccìo di sacchetti di plastica, dove i senzatetto che entravano in chiesa a pregare avevano ?riassunto? anni e anni di vita. «Uno di loro distribuiva panini e bevande calde ai suoi compagni, e quando mi sono avvicinato per dargli una mano mi ha detto di pensare agli altri perché non avevano un posto per dormire». Da quel giorno Vito ha aperto a chi non aveva un riparo la sua casa. Una, due, fino a 18 persone contemporaneamente da allora vivono in via Reggio Calabria. «Per farle mangiare all?inizio raccoglievo gli avanzi sui vassoi della mensa universitaria, o facevo la fila più volte per avere cibo extra». Pane, frutta e formaggio destinato a persone come Maddalena, una donna anziana che Vito non scorderà mai. «L?ho trovata per strada, ricoperta di infezioni per la sporcizia; rischiava l?amputazione di un arto ma siamo riusciti a salvarla. È diventata la custode della nostra casa e, quando nel ?95 è morta, mi ha nominato unico erede dei suoi beni: 200 mila lire che i nipoti le regalavano due volte l?anno». Ma non tutti gli ospiti di Vito sono stati così grati e generosi, molte volte l?hanno ripulito di soldi e vestiti lasciandogli in eredità solo infezioni e microbi. «Ho rischiato spesso di prendermi la scabbia, ma non mi sono mai sentito solo o abbandonato». E le soddisfazioni non sono mancate. Come la laurea di Shamir, un ragazzo pakistano che vivendo in casa di Vito è diventato medico e da lui ha ricevuto un grande aiuto economico per far operare sua sorella ad un rene. «L?operazione andò bene», racconta Vitale, «e dal Pakistan la mamma di Shamir mi mandò un orologio con questa incisione ?Prima avevo tre figli, ora ne ho quattro. Prima credevo nel mio unico dio Allah e oggi, grazie a te, anche a Gesù. Ricordati che ogni minuto che vedrai passare su questo orologio è un minuto di vita che hai regalato a mia figlia?». E il primo vero ospite di via Reggio Calabria? Una donna che non aveva neppure più i cartoni in cui rannicchiarsi. «Rubati», ricorda Vito. «La invitai per una notte che alla fine diventarono molte notti». E quella donna divenne molte altre persone, molti amici. Compreso qualche vip, come Marcella. Moglie di quel Lou Castel cha ha recitato in ?Padre padrone? e ospite non molto delicata. «Ho dovuto allontanarla molte volte perché lasciava sigarette accese sul pianerottolo, aggrediva le persone per la strada e urlava sempre», racconta Vito. «Dio mio, ho fatto tutto ciò che potevo?» Come ha fatto a resistere e a laurearsi in medicina, viene da chiedersi? «Con la preghiera e l?azione, che per me sono un tutt?uno. A chi ha condiviso con me il tetto ho sempre cercato di insegnare a non praticare la guerra tra poveri ma a cercare di guadagnarsi il pane onestamente, di non bucarsi e magari anche di imparare un mestiere: vi è chi come Shamir è diventato medico e si è sposato, e chi lavora in un bar. Ma in molti casi non sono riuscito nel mio intento», è la sua risposta. Un rinnovato invito all?ospitalità e alla condivisione di cui, oggi, usufruiscono Maria e Salvatore. Due ospiti fissi che abitano nella casa di Vito, suddivisa in tante stanze, con chi in via Reggio Calabria viene solo d?inverno, quando fuori fa freddo. E intanto fuori c?è Roma, che ha trovato un letto per tutti i pellegrini e i turisti giubilari, e che sembra invece essersi dimenticata di chi la abita tutto l?anno, anche se sta fuori, per strada. Ma Vito Vitale no, il medico degli emarginati ricorda, e proprio all?Anno Santo dedica una nuova sfida solidale: «Mi piacerebbe che per il Giubileo si parlasse meno di affari e più di come risolvere i problemi di queste persone. Sì, persone. Esseri umani emarginati che non hanno punti di riferimento e che sembrano abbandonati da tutti. La sera prima di addormentarmi chiedo sempre a Dio se ho fatto il possibile per aiutare chi mi sta intorno, che può essere anche il mio vicino di casa o il parente. I momenti di stanchezza sono tanti e non è per nulla facile. Ma io spero di mettere in pratica il Vangelo da laico, quotidianamente ». ?


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