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Vito Mancuso, il teologo del pensiero “gnostico” che piace alla sinistra
Abbiamo visto Serena Dandini in stato di adorazione, ascoltarlo estasiata, mentre sui preti pedofili lui snocciolava pensieri di buon senso presentati come verità profondissime e scomodissime. Vito Mancuso è il teologo più gettonato in tv e sui giornali. Ma pochi conoscono la sua storia e pochissimi, anche negli ambienti cattolici, saprebbero riassumere in breve i capisaldi della sua teologia. Nato a Carate Brianza 48 anni fa da genitori siciliani, il giovane Mancuso venne ordinato sacerdote dal cardinale Martini all’età di 23 anni. Solo un anno dopo chiese la dispensa dal sacerdozio, spiegando la sua intenzione di continuare lo studio della teologia. Attività che intraprese a Napoli, sotto la guida del teologo Bruno Forte (ora suo severo critico). Più Mancuso studiava la scienza su Dio, più andavano in crisi punti basilari della sua fede cattolica. Oggi sul suo sito ufficiale dichiara di non accettare quattro dogmi della Chiesa: l’anima creata da Dio, il peccato originale, la resurrezione finale dei corpi, l’inferno. Non proprio dettagli.
Aggiunge inoltre – quasi si trattasse di un corollario da poco – che il suo pensiero metterebbe in crisi altri “asserti dottrinali” e fra questi «la salvezza mediante la morte e resurrezione di Cristo». Libertà di pensiero per tutti; grazie a Dio (e all’illuminismo) sono finiti i tempi dei roghi. Enzo Bianchi, che pure non è un bigotto e nemmeno un reazionario, ha scritto che di pensiero “gnostico” e non “cristiano” si tratta. Fa cadere le braccia (e anche qualcosa d’altro) vedere come una certa sinistra salottiera esalta nel pensiero di Mancuso il paradigma di una Chiesa più autentica.
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