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Vita magazine pacifista? No, amante della pace

Lettera al direttore

di Redazione

Pace, pacifismo, nonviolenza. Su questi termini si gioca la questione della Marcia della pace di Assisi che ogni anno raccoglie esponenti di diversi intendimenti politici e culturali, ma appartenenti solo al cosiddetto centrosinistra italiano. Vita da alcuni numeri continua a dare ampio risalto a questo avvenimento, ma occorre chiedersi se vi state accorgendo di come viene e verrà strumentalizzata questa marcia. Cosa hanno da dire o da proporre i signori Casarini e Agnoletto, che istigano continuamente alla violenza contro qualcuno o qualcosa ogni volta che aprono bocca, a coloro che realmente sono operatori di pace ?
Cosa c’entrano i politici che osteggiano ogni espressione di vita della Chiesa nel sociale (vedi educazione, scuola, formazione, rispetto della vita umana) con la stupenda realtà del francescanesimo, da secoli vivace espressione del cattolicesimo ? Si parla di pace (anzi di pacifismo, che già in sé come termine evidenzia l’aspetto negativo del principio stesso) e contemporaneamente si ostentano le bandiere di una parte ben nota per la sua mancanza di rispetto e di libertà nei confronti di tutti gli uomini che nella storia si sono trovati sotto i loro regimi, in tante parti del mondo. Si usa il termine “nonviolento” perché non si è capaci di usare e di affermare il termine positivo che nella vita si oppone alla violenza: pace, amore. Qualcosa non torna!
Voi richiamate all’uso della ragione, ma come la usano quelli che corrono ad Assisi e che a Genova si sono comportati talmente male da impedire a chi aveva qualcosa di importante da dire di poter testimoniare i propri valori e le proprie idee?
In questa fase della storia e della politica quanti illustri personaggi si faranno riprendere alla testa del corteo per potersi fregiare del titolo di
“nonviolento” e di fatto già oggi e di più domani, forti della loro apparizione sulle strade umbre, lavoreranno per far prevalere la loro ideologia e non il bene e la pace per la vita dell’uomo ?
Pongo sotto forma di domande una affermazione: la pace non si costruisce con il vestito da parata di pacifismo ad Assisi, ma con la verità della e nella propria vita. E non mi pare che costoro abbiano molto da testimoniare a chi ogni giorno, silenziosamente, costruisce rapporti e opere al servizio dell’uomo bisognoso.
I primi fondamentalisti rischiano di essere proprio loro, i marciatori di un pacifismo a senso unico.
Gianni Nocera, Varese

Rispondono Giuseppe Frangi e Riccardo Bonacina:
Caro Nocera, sono giustissime le sue domande e riflessioni. Ma noi siamo responsabili delle cose che scriviamo sul giornale e non di quelle che Agnoletto o Casarini o Bertinotti o altri grideranno ai quattro venti a Perugia. Come ha scritto Sofri: «Vita è un giornale amante della pace», il che è molto diverso dall’essere un giornale pacifista. Per questo il nostro impegno è quello di non lasciare il monopolio della parola pace a chi la usa per scopi ideologici (e quindi intrinsecamente bellicosi) o peggio, elettorali, o peggio ancora per costruire personali fortune grazie agli scemi salotti televisi che mamma Rai ci propina ogni sera. Quella che abbiamo scelto è una strada molto difficile, che assomiglia alla porta stretta evangelica. Difficile perché deve tener conto di un contesto mondiale oggettivamente cambiato radicalmente dopo l’11 settembre. Ma quando il desiderio di pace è radicato nel cuore (per natura o per grazia) è difficile fermarsi. Per questo condividiamo appieno l’idea di Sofri: marciare per la pace, e marciare anche con la bandiera americana tra le mani. Una sola nota: la nonviolenza, è vero, è un termine che implica un’affermazione per negazione, per questo il vero movimento per la pace tiene sempre a precisare che nonviolenza si scrive e si legge, come insegnò Ghandi, “nonviolenza”. E davvero, ci creda, non è solo questione lessicale. Grazie per l’attenzione con cui ci segue.

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