Non profit

Vita in Borsa, uno spiraglio di futuro

editoriale

di Riccardo Bonacina

Venerdì 22 ottobre il titolo di Vita Spa è stato ammesso alle negoziazioni sul segmento Aim di Borsa Italiana, sotto gli auspici benauguranti, per ogni tipo di provocazione, del dito medio di Cattelan. In effetti, una provocazione più concreta al mondo della finanza e dei suoi flussi che nonostante una crisi lunga ormai 30 mesi pare non cambiare mai, era difficile da immaginare. Quotare una società di piccole dimensioni come la nostra, nata dal basso come pubblic company di organizzazioni della società civile, e che per di più dichiara nel proprio statuto di non distribuire dividendi, significava quotare “una cosa” mai vista prima, significava ammettere sul mercato dei capitali che si spostano da un capo all’altro del mondo con un click del computer per puri fini speculativi, qualcosa di assolutamente eccentrico alle logiche degli ultimi 20-30 anni! Eppure, oggi, Vita, come ha titolato Il Fatto quotidiano, «È entrata nel Palazzo di Nerone», con le sue logiche di società partecipata, di pubblic company democratica, di editore della società civile e della sostenibilità.
Quotarsi tagliando preventivamente uno dei cespiti che il possesso delle azioni dovrebbe garantire, cioè la distribuzione del dividendo, poteva sembrare un azzardo. Invece la scommessa stava proprio in quel punto: offrire al mercato la proposta di un investimento in un’azienda che reinveste tutti gli utili nella realizzazione della propria mission. Il mercato borsistico non concede molti spazi agli idealismi, eppure, in questi giorni, ha “promosso” l’esordio del titolo di Vita che è stato addirittura sospeso più volte per eccesso di rialzo. Un segno di come sia possibile uscire da logiche consolidate, comode anche se letali, semplicemente facendo un passo fuori dal proprio circolo autorefenziale, possibile a un non profit che non si accontenti della propria presunta bontà, possibile a una finanza che voglia tornare a guardare all’economia reale e all’uomo che intraprende.
Alla fine dei primi giorni di quotazione il titolo di Vita è quello che registra le migliori performance sul mercato azionario italiano: + 35% nelle prime 48 ore di negoziazione. Una sorpresa assoluta registrata da tutte le testate economiche e finanziarie. Cosa è successo? Semplice, il titolo è stato il più richiesto da numerosi piccoli investitori. Ci possono essere tante ragioni tecniche e psicologiche che spiegano un esordio come questo. Ma ci sembra di poter di dire che c’è fame di vera finanza etica, non più quella di qualche criterio negativo per multinazionali, ma quella che dice di una fame di positività, e di storie reali cui dare fiducia.
Molti hanno capito la portata futurista (nel senso letterale di dare prospettiva di futuro a un presente di depressione e di disgregazione). Molti economisti, da Zamagni a Vitale. E tanti colleghi. La prestigiosa Reuters ha titolato: «Non Profit, matricola Vita non darà dividendo ma va a ruba»; La Repubblica che ha parlato di «Il caso Vita», come Il Corriere e Il Sole 24 ore, e ancora Avvenire che ha scritto: «La quotazione di Vita è un esempio che un altro mo(n)do è possibile: se il sociale riesce a entrare in Borsa, beh, liberi tutti, spazio alla fantasia e alle iniziative nuove e diverse perché cambiare il mondo si può!».

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.