Non profit

Vita è un magazine plurale siatene ben coscienti

Risponde il Direttore di Vita Riccardo Bonacina

di Redazione

Leggo il vostro giornale da molti anni e ho avuto modo di conoscerlo, apprezzarlo e consigliarlo agli amici. Proprio per questo lungo rapporto di confidenza mi sento di esprimere tutta la mia indignazione per l'ultimo numero di Vita, quello che ha in copertina le foto di Agnoletto e Casarini sfregiate da un segno rosso. Io vivo a Genova, lavoro da sempre nel volontariato e faccio parte di un'associazione aderente al Gsf. Ho partecipato alla preparazione dell'evento, ho vissuto in prima persona la violenza di quelle giornate, verbale e fisica. Sono la prima ad avere riserve su Agnoletto e Casarini e a criticarli, ma trovo inaccettabile la violenza simbolica dell'immagine della vostra copertina. Quei due sfregi rossi sui loro volti mi hanno profondamente ferita e non avrei proprio immaginato che il vostro giornale si prestasse a un linguaggio simbolico degno della destra più becera. Vi siete eretti a giudici e dopo un processo sommario li avete condannati “allo sfregio in copertina?”. Vi mancavano le parole per argomentare una critica dialettica e avete deciso di semplificare il vostro pensiero con un'immagine che è un pugno nello stomaco per chiunque abbia ancora a cuore il buon gusto e il rispetto del prossimo? Il vostro giornale ha deciso di non parlare più dei pestaggi (reali) dei poliziotti e ha deciso di metter in atto un pestaggio simbolico dei due volti più “riconoscibili” di un'esperienza che ha coinvolto e sconvolto centinaia di migliaia di persone? Questi sono i vostri nuovi metodi? Sbattere il mostro in prima pagina segnandolo di ignominia e poi fare un bel dibattito nelle pagine interne relativo al Gsf con persone che con quella esperienza non hanno avuto niente a che fare (mi riferisco a Bobba e a Veneziani)? Se questa è la vostra nuova rotta, sicuramente avete perso un lettore. Cordiali saluti Simona Tartarini, Genova

Risponde Roccardo Bonacina: Carissima Simona, permettimi di chiamarti per nome per il “lungo rapporto di confidenza” cui accenni e di cui, davvero, ti ringrazio. Inutile dire che non era nostra intenzione sfregiare le “icone” (ormai, e ahimé) di Agnoletto e di Casarini, né offendere loro e la sensibilità, che capisco, tua e dei lettori. Casarini lo critichiamo dai primi giorni di luglio e Agnoletto dal 22 luglio, apertamente, con scritti miei, nostri e interviste e interventi alle tante anime del movimento. Spesso il nostro lavoro, che credimi non è facile, richiede velocità e semplificazione. Con quella copertina volevano semplicemente rappresentare un tema in agenda, quella settimana, per il Gsf e per l'intera società civile. Non volevamo fare processi, né sputare sentenze. Semplicemente volevamo rappresentare le domande che tutti, o quasi, si stanno facendo: Che fare del Gsf? Che portavoce? Che futuro per il movimento di Genova? Probabilmente, anzi certamente, vista la tua lettera, abbiamo ecceduto in semplificazione. E quando si semplifica troppo e troppo in fretta si cade nella grossolanità, e si travalicano i limiti del buon gusto. È troppo poco chiederti, sinceramente, scusa? Chiedo anche a te, però, di non semplificare troppo. Da luglio a oggi, su Vita, e senza steccati e settarismi come altrove, hanno preso parola tutti, o almeno tutti coloro che hanno cose sensate da dire, altro che “solo Bobba e Veneziani”. In quello stesso numero c'è l'intervento, bellissimo, di Marco Revelli, che a Genova c'era e che al Gsf ha contribuito non poco, e gli interventi di Mani tese, Lilliput, Pax Christi, Attac, Leoncavallo, Sdebitarsi, Indymedia. Riguardo alle violenze dei poliziotti ti rimando al bel editoriale di Frangi dell'agosto scorso: «Questa girandola di veleni, accuse, tribunali, arresti, non ha nulla a che fare con la ragione per cui a Genova 200mila persone si erano date appuntamento e per cui questo giornale aveva giudicato quell'appuntamento un segno di grande civiltà. Si trattava di portare in primo piano la questione delle colossali diseguaglianze che stanno caratterizzando lo sviluppo del nostro pianeta; si trattava di una mobilitazione di coscienze che imponeva ai grandi della terra, per lo meno, di modificare l'agenda dei loro colloqui, e su questo vogliamo insistere». Crediamo che la scelta più sciagurata per il movimento che a Genova ha manifestato sia quella di ridursi a inseguire le vicende giudiziarie e le Commissioni parlamentari. è la nostra opinione, e in quanto tale discutibile. Ma trovo sciagurato fare le copertine con la “V” di vittoria. Trovo sciagurato chi si pone dentro questo movimento con la testa voltata indietro, trovo sciagurato chi cerca i nelle lampanti violenze e brutalità di Genova i motivi di una guerra. Noi crediamo che sia davvero possibile “un mondo diverso”, ma la partita, per fortuna, non si gioca nei tribunali, ma sulle nostre proposte e sui nostri comportamenti. Scusa la lunghezza, e con la speranza di ritrovarti amica (anche se spesso con opinioni diverse dalle mie) e nostra lettrice, ti saluto con stima, Riccardo Bonacina

Ti ringrazio per avermi risposto. La mia indignazione (e rabbia) è nata proprio dalla stima che ho sempre avuto del vostro lavoro. So bene che è un lavoro difficile e segnato dal rischio della semplificazione. Ma, almeno voi, questa battaglia sulla qualità della comunicazione non dovete perderla. Spero in futuro di ritrovare la solita attenzione pluralista ai contenuti e alla “complessità” del reale e non al sensazionalismo da copertina. Tu sai meglio di me che la violenza simbolica di una copertina, anche se in buona fede, può avere conseguenze peggiori di quella fisica. Questo movimento di violenza ne ha subita già tanta, troppa. Io sento il bisogno di riconquistare uno sguardo sereno e un dialogo costruttivo sul passato recente e sul futuro. Il popolo dei vostri lettori è vasto e diversificato. Tenetevela stretta questa differenza. Con affetto Simona


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