Famiglia

Vita da strada nel cuore di New Delhi Dove i bambini non ricordano la loro età

di Redazione

Sunil, Raju, Viraj… Alcune voci, raccolte nel coro degli oltre 50mila piccoli senzatetto della capitale. Accattoni, raccoglitori
di rifiuti, piccoli schiavi. Quasi tutti drogati
di colla e vittime di violenze e soprusi. Un esercito di senza futuro che, grazie all’idea
di una regista, ora ha
una speranza di salvezzaSunil, 9 anni, vive per le ostili strade di Delhi, in India. Sopravvive elemosinando e commettendo piccoli crimini. Vive così da quando a 4 anni la sua piccola mano è scivolata da quella di suo padre durante un corteo religioso nella capitale. Poi la folla, la musica assordante, alte schiene sconosciute. «Da allora, non ho più rivisto i miei genitori e ho iniziato a vivere per le strade». Sembra assurdo, ma oltre ai bambini che scappano di casa per violenze e a quelli che sono abbandonati alla nascita da famiglie troppo povere per mantenerli, durante i pellegrinaggi religiosi perdere di vista i propri genitori può essere fatale in uno Stato in cui non tutti i bambini sono registrati e un terzo della popolazione vive in baraccopoli abusive. Nessun indirizzo dove tornare. Nessun nome da cercare.
Quando incontro Sunil nel turistico quartiere di Paharganj, lo trovo insieme a un gruppo di ragazzini di 13-14 anni. Lui, ne ha soli 9. Fuma sigarette, marijuana, sniffa colla e beve whisky: la maggior parte del tempo è fuori di testa. Sunil e i suoi amici ? Dadi 12 anni, Kapil, 7, Majiank, 11, e Shamsul, 13 ? sono senza casa: vivono a ogni angolo delle affollate e squallide vie della capitale. Dormono per terra e i loro unici averi sono i vestiti che indossano. Si mantengono raccogliendo bottiglie di plastica e stracci da consegnare ai negozi di riciclaggio. Un ventenne come protettore. «Quando riusciamo ad avere qualche rupia in tasca, corriamo a comprare un biglietto del cinema». Magari per fingere per qualche ora di essere attori di Bollywood. Un istante, abbandonato ogni entusiasmo, e Sumil stringe le spalle in un’innaturale postura adulta. «Poi, certo, c’è l’alcol e la colla necessari a far passare la giornata». Necessari a non prendere coscienza della propria realtà.

La folla dei piccoli
Nessuno sa per certo quanti bambini di strada ci siano a Delhi. Le stime dell’ong britannica Save the Children arrivano a 50mila “street children” in una capitale popolata da oltre 15 milioni di abitanti. Oltre il 20% lavora come “rag pickers” nel vasto settore dello smaltimento dei rifiuti, il 15% sono ambulanti e un altro 15% accattoni, mentre il resto è impiegato come garzone nelle officine meccaniche o sguattero nei ristoranti e chioschi. La ricerca, condotta tra luglio e agosto 2010, mette in luce la dipendenza da droghe (per il 22%) e gli abusi a cui sono sottoposti da parte di adulti. Spesso per mano delle forze di polizia. In India oltre 220 milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà, in un Paese che accoglie un terzo della povertà globale del pianeta. Per gli strati più bassi della popolazione e nelle sempre più desertiche zone rurali, la disoccupazione è pressoché assoluta, e non ci sono opportunità di fare soldi ? legali o non legali che siano. Le famiglie spesso si disgregano. E i bambini devono badare a se stessi. Si stima che siano 12 milioni i bambini lavoratori nel Paese. La maggior parte di loro non ha mai frequentato la scuola. Secondo l’Unicef l’India è il Paese con il più alto numero di bambini di strada, circa 10 milioni, e con il più alto numero di decessi sotto i 5 anni. Nonostante i progressi degli ultimi trent’anni, un bambino malnutrito su tre al mondo vive in India, mentre più di due milioni di minori muoiono ogni anno per infezioni che potrebbero essere prevenute. Dati concretizzati nell’esercito di zombie che affolla le strade di tutto il subcontinente indiano.
Quando chiedo a Raju quanti anni ha, lui sorride divertito dal mio tentativo impacciato di parlare la sua lingua. Per un istante mi sembra tornare bambino. Sto con lui tutta la mattina, seduta ai margini di una strada in attesa di clienti annoiati che vogliano lustrare le loro scarpe. Più tardi, Raju mi dirà di non sapere quanti anni ha, immagina di averne 11-12 e dice che ha vissuto per le strade di Mumbai da quando ha memoria. Le gambe e le braccia nude piene di cicatrici e tatuaggi. «Gli altri bambini di strada mi hanno picchiato quando avevo i soldi». Di giorno gironzola con una cassetta di lucidi per far risplendere le calzature della Mumbai bene. La notte, piccolo segugio a raccogliere bottiglie di plastica e stracci per avere qualche rupia dai centri di stoccaggio. Il resto del tempo scorre attorno alla stazione ferroviaria: «In stazione si trova sempre qualche avanzo, qualche turista cui chiedere soldi, e anche tanti bambini della mia età. Quand’ero più piccolo giocavamo tra i binari e sognavamo di diventare capistazione. Ora abbiamo smesso, non ci divertiamo più».
Ogni sera, portavo la cena a Raju. Lui la inghiottiva con una voracità disumana, per poi fermarsi dopo i primi bocconi contro il muro del suo stomaco chiuso da anni di malnutrizione. Gli ho dato in mano le mie scarpe. Magari per qualche giorno potrà evitare di camminare scalzo, penso. Mentre si allontana e mi lascia da sola alla fermata dei pullman, tre ragazzi alti il doppio di lui lo accerchiano. Me ne vado, sicura che le mie scarpe europee lasceranno Raju di nuovo a piedi nudi.

Foto ricordo
Quando parlo a Viraj della Salaam Balaak Trust, lui la conosce già. «Sono stato al loro centro in stazione, mi sono divertito». Ma è alla domanda successiva che il bambino ha qualche esitazione: «Perché non vado a dormire nel loro centro? A volte ci ho provato, ma non mi hanno dato da dormire. Poi, troppe regole per me». La verità me la dirà uno degli operatori dell’associazione che lavora da 22 anni per il recupero degli “street children”. «La dipendenza dalle droghe li tiene incatenati alla strada; a volte, c’è anche la violenza di qualche protettore che li usa come schiavi per i suoi affari». La Salaam Baalak Trust è riuscita a togliere dalla strada oltre 5mila minori, offrendogli un posto dove dormire, un’educazione, tempo per giocare e crescere. Nelle colorate mura della sua sede di Delhi, al posto di quadri, fotografie di giovani aiutati dalla charity; sotto le foto, una creativa calligrafia ricorda i loro nomi: Amit Gupta, oggi ingegnere a Bangalore; Vicky Roy, fotografo alla Lyceum theatre gallery di San Francisco; Sonia, fashion designer; Abhinashi, coreografo teatrale. Ajay, ex ragazzo di strada ora membro della Salaam Baalak, con i suoi 16 anni è la più piccola “guida turistica” del gruppo.
Appartiene al gruppo di sette giovani dell’associazione che offrono ai turisti l’opportunità di compiere un giro di Delhi guidati da un ex ragazzo di strada. Dalla stazione dove si dorme alla raccolta dei rifiuti da riciclare, passando per i negozi di alcol e il retro dei ristoranti. «Ho perso i miei genitori durante una festività religiosa. Qualche anno più tardi, ho cercato di tornare al mio paese ma la mia baracca era stata distrutta. Così, ho dormito per la strada per oltre sei anni». Parlando del suo passato, sembra offuscare la vista e rendere neutro il volto in un’espressione di distacco. Solo se gli chiedo del futuro, il volto prende a vivere carico dell’entusiasmo della sua età. «Ogni mattina mi alzo alle 6 e corro per due ore. Poi, vado a scuola e studio sodo perché voglio imparare l’inglese e lo spagnolo. Voglio diventare un uomo d’affari per non avere più padroni».
I suoi piccoli passi sicuri tra i bui vicoli della capitale, mi ricordano quelli di Thomas, energico insegnante nello slum di Mumbai. Uno sterminato deserto di baracche separate dal cielo da maleodoranti tetti di spazzatura (sono i tetti delle slum i custodi dei rifiuti da riciclare), realtà di quanto il film The Millionaire ha reso famigliare a tutto il mondo. Thomas lavora da soli tre mesi nel programma di insegnamento ai bambini di strada. «Il governo li ha dimenticati. La maggior parte degli indiani li tratta alla stregua di cani o blatte da scacciare. Qualcuno deve mostrare loro che esiste un’alternativa al fango su cui si sdraiano ogni notte».

Il mercato del sesso
Sfoglio uno studio del 2007 condotto dal ministero indiano per lo Sviluppo dello donne e dei bambini e scopro che dei 2,8 milioni di lavoratori e lavoratrici del sesso, oltre il 35% inizia quest’attività prima dei 18 anni. Alcuni gruppi che si battono per il rispetto dei diritti umani ritengono che il numero di prostitute sia di gran lunga superiore ? intorno ai 15 milioni ? e concentrato in gran parte a Mumbai. Ecco perché tra i vicoli di Delhi e Kolkata le bambine che ti accerchiano ballando con rotti tamburelli non sono che un’irrisoria minoranza. Le bambine di strada sono merce preziosa. Prostitute a basso costo da non sprecare per catene di riciclaggio o accattonaggio. L’ombra di un Paese che ha perso ogni innocenza. Mentre mi allontano dal profondo porto di Mumbai saluto Viraj con la mano. Lui sta seduto con un gruppetto di ragazzi che improvvisano una partita a cricket con una palla di carta e una tavola di legno. Visto da lontano, sembra quasi giocare. Proprio come dovrebbero fare i bambini.


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