Famiglia

Vita da campione

È una delle vittime del terribile talidomide che nei primi anni 60 causò la nascita di centinaia di bambini focomelici. Nel 2006 è stato nominato atleta disabile dell’anno...

di Sara De Carli

La tradizione celtica gli invidiosi li mette all?inferno, immersi fino alla gola nell?acqua gelata, dove Dante conficcava i traditori. Pensate se il lago fosse fatto di tutto il ghiaccio che Oscar Pistorius ha usato, in anni e anni di allenamento, per immergervi le gambe a fine corsa, quando ancora i monconi delle sue gambe non si erano abituati allo sfregare prepotente delle protesi. Adesso che lui, Pistorius, è il primo atleta disabile che i normodotati non solo temono, ma addirittura invidiano. Adesso che la Iaaf – Federazione internazionale atletica leggera – ventila l?ipotesi che la gente si farà amputare le gambe pur di essere più veloce. Fuor di metafora, c?è un altro lago che ha che fare con questa sfida degli atleti disabili che sbaragliano tutti i pregiudizi, montando in invidia la liquida commiserazione della gente: è il lago di Recetto, vicino a Novara. Tre laghi artificiali, costruiti apposta per lo sci nautico, di cui uno riservato agli atleti disabili.

Giancarlo Cosio è uno di loro. Il migliore di loro, a dire il vero: oro nello slalom ai campionati mondiali di sci nautico per disabili d?Australia 2007, con il nuovo record mondiale di 4 boe a 46 km/h, Giancarlo è stato nominato ?miglior atleta disabile dell?anno 2006?. Un premio trasversale alle discipline e alle categorie: lui è il primo italiano a vincerlo, in assoluto. Giancarlo ha 44 anni, è milanese e talidomidico. Cioè una vittima del talidomide, un sedativo che tra il 1957 e il 1962 veniva somministrato alle donne in gravidanza contro le nausee, ma che poi si è scoperto bloccava lo sviluppo degli arti del feto. Giancarlo così su quattro arti ne ha solo uno buono, la gamba sinistra.

Vita: Com?è essere il ?migliore atleta dell?anno??
Giancarlo Cosio: Un?emozione. Soprattutto nel contesto dei Mondiali di Townsville, dopo l?oro nello slalom e nella gara di figure. È come se avessi inanellato una serie di centri, che hanno coronato tutta la mia lunga carriera sportiva?

Vita: Quanto conta per te lo sport?
Cosio: È fondamentale. Non posso farlo a livello professionistico perché per noi non esistono sponsor e faccio il grafico per guadagnarmi la pagnotta. Però devo ammettere che ho cominciato a vivere una vita compiuta solo quando ho iniziato a fare sport. Prima ero un solitario, sempre chiuso in casa: sulla vicenda del talidomide in Italia c?è stato oscuramento assoluto e anche questo fa parte dei danni subiti. Nessuno ci ha mai spiegato nulla, fino all?anno scorso questa disabilità neanche era riconosciuta ufficialmente, siamo solo invalidi civili. Le nostre madri hanno coltivato per anni immani sensi di colpa, solo perché non se ne è mai parlato. Con lo sport invece mi sono realizzato, soprattutto quando ho capito che potevo farlo a livello agonistico.

Vita: Vincere è una rivincita?
Cosio: Ho un carattere molto competitivo, ma la sfida la intendo innanzitutto con me stesso e con i miei limiti: vincere è la soddisfazione di superarli. Quando affronto il cronometro mi rivedo bambino mentre cerco di impugnare una pistola giocattolo, o mi ingegno per riuscire a lavarmi e vestirmi. Oggi amo gli sport individuali perché combatto contro me stesso, è per questo che cambio spesso sport. Ho cominciato con il nuoto e ho conquistato il bronzo nei 100 rana ai Mondiali del 1994, poi il ciclismo e ho vinto l?oro nell?inseguimento ai Mondiali del 1998, nel 2003 sono passato allo sci nautico. Nel frattempo ho fatto il tracciato della Telefonica Dakar: 3.200 km nel deserto su un quad. Ogni volta cerco di arrivare al mio limite. Però se c?è qualcuno che è più forte di me, lo ammiro moltissimo.

Vita: Per esempio Oscar Pistorius?
Cosio: Per esempio. Lui è un personaggio eccezionale. È un atleta talmente unico che non lo vuole nessuno, né i normodotati né i disabili. È un po? come se dovessero inventarsi delle superolimpiadi per personaggi come lui, troppo forti per tutti. È paradossale, è la prima volta che si parla di disabili in questo modo. Lui è eccezionale perché ha il diritto di stare fra i normodotati, solo per i suoi tempi, cronometro alla mano. Oscar si è preso la bella bega di scardinare le regole, e secondo me non lo fa per protagonismo. Per il fatto di esistere mette in discussione le regole di tutto lo sport, quello dei disabili e quello dei normodotati, e costringe a riflettere sulla disabilità. Questo qualunque sarà la conclusione della vicenda, che riguarda il Pistorius atleta. Il dibattito invece è importante per tutto il movimento dello sport disabili e per tutti i disabili.

Vita: E la polemica sulle protesi che avvantaggiano?
Cosio: Io non ho mai usato protesi, ho sempre fatto sport con quello che la natura mi ha dato. Forse è per questo che non riesco a trovare uno sponsor! Abbiamo a disposizione il lago, la barca, l?allenatore, ma tutto il resto lo pago io: materiale tecnico, bilancini, corde… Ma il discorso vale anche al di fuori dello sport: a noi talidomidici ci hanno dimenticati per strada, abbiamo diritto solo a una protesi ogni quattro anni, modello base. Ai Mondiali del 1995 invece ho conosciuto un atleta talidomidico tedesco che prendeva 4 milioni al mese, qui è solo dal 2006 che una legge riconosce la nostra patologia, garantendoci l?esenzione per le spese sanitarie correlate. Ma mancano ancora i regolamenti attuativi?

Vita: Quali sono gli obiettivi, da questo punto di vista?
Cosio: Tengo i piedi per terra, dopo cinquant?anni di silenzio e resistenza. Pensi che per lo Stato italiano non esiste alcun elenco di talidomidici, mentre questo elenco da qualche parte deve esserci per forza, fu una cosa troppo clamorosa. Ma poi tutto è stato messo a tacere, l?Italia e la Spagna sono gli unici due Paesi dove non c?è stata nessuna causa e nessun indennizzo per le vittime. Ma io sento di aver diritto anche a un indennizzo e a un risarcimento. Perché noi siamo danneggiati dalla casa farmaceutica e dallo Stato: non è stata una malattia, un virus, un incidente? Le nostre mamme hanno preso il talidomide perché gli è stato prescritto dal medico. Per di più io avrei potuto evitare l?incontro con il talidomide, perché mia mamma l?ha preso nell?estate 1962, quando in Germania il farmaco era già stato ritirato dal commercio da almeno sette mesi. E pensi che negli Usa non fu mai venduto, perché avevano capito fin dall?inizio che il farmaco non era sicuro.

Vita: Sei anche testimonial di Exodus?
Cosio: Partecipo ai progetti nelle scuole. Lascio che i ragazzi siano investiti dallo shock, che pensino «è un povero sfigato». Poi mostro un filmato con le mie imprese sportive e le loro facce cambiano. E capiscono che la qualità della vita c?è anche nelle mie condizioni.


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