Welfare

Una mappa per raccontare i ghetti fatta da migranti, operatori e volontari

Federica Martinelli sta realizzando attraverso dei laboratori partecipati una mappatura del paesaggio che vuole raccontare in modo inedito gli insediamenti informali in cui vivono i migranti in provincia di Foggia. A realizzare la cartografia del ghetto di Borgo Mezzanone sono residenti, operatori, volontari

di Emiliano Moccia

Ci sono i luoghi di lavoro, di preghiera, le abitazioni, le diverse comunità. Ci sono anche l’autolavaggio, i bar, il barbiere e persino un carcere, dove si “giudicano” le persone che non rispettano le regole della comunità. Di sicuro, quello che sta venendo fuori dal progetto “Geografie Indecise” è la realizzazione di una mappatura del pa­esaggio che vuole raccontare gli insediamenti informali in cui vivono i migranti in provincia di Foggia. La sfida è inedita, perché questa cartografia nasce da una prospettiva interna, coinvolgendo operatori, braccianti, residenti. Un modo per creare un contrasto con il racconto istituzionale, tradizionale e giornalistico dei ghetti in cui risiedono migliaia di braccianti agricoli stranieri, per fa capire meglio cosa c’è in questi luoghi di sfruttamento, di diritti piegati e di pessime condizioni igienico-sanitario. Ed interrogare le coscienze delle istituzioni e delle comunità limitrofe.

Quello di Federica Martinelli è un lavoro inedito ed interessante per la Capitanata, perché affronta in modo originale e partecipato il drammatico fenomeno del caporalato e dei ghetti, in cui i braccianti stagionali vivono fuori dai circuiti di accoglienza, lavorando in nero senza contratto né tutele. Chi ha la possibilità di accedere in questi luoghi, dunque, si troverà scaraventato in una sorta di città in cui sono presenti servizi di vario genere, che solo chi frequenta quei posti può conoscere bene. Operatori dell’accoglienza, volontari, abitanti. Martinelli li sta riunendo per farseli raccontare, descrivere, disegnare attraverso laboratori partecipati.

Partendo dalla pianta ricavata da google maps, si sta ridisegnando in particolare il ghetto di Borgo Mezzanone, dove vivono oltre mille persone e che d’estate – con la raccolta dei pomodori- sfiora anche le 4mila unità. Martinelli viene da Modena e sta realizzando la ricerca per il master che sta svolgendo nell’ambito del corso di Media and infor­mation Design presso la Luca School of Arts, di Bruxelles. Ad aiutarla in questo percorso ci sono Elettra Bisogno, Giovanni Bottari e Tahin Productions.

«Attraverso la facilitazione degli operatori stiamo coinvolgendo i ragazzi che vivono negli insediamenti informali, dentro e intorno a Foggia, e gli operatori stessi, nel cercare di mappare insieme, attraverso vari esercizi di comunicazione visiva e di grafica, come si sviluppa un insediamento informale sia dal punto di vista antropologico e sociale sia da quello urbano. Mappe, disegni bandiere che possono raccontare l’identità di una persona per poi sviluppare una mappatura cartografica dei luoghi. Vogliamo capire la distanza, la differenza tra il materiale che ci viene dato dai satelliti, dalle mappe istituzionali, e come invece si sviluppa realmente. E lo stiamo facendo chiedendolo alle persone che lo vivono» spiega Federica Martinelli. «Il fine di tutto questo è di voler mettere in discussione la rappresentazione e la storia che c’è intorno a queste zone sensibili e cercare di dare una visione più pluralistica di un territorio tramite i laboratori partecipativi».

Quello che sta emergendo in questo percorso partecipato «è una grande complessità ed una grande distanza tra quello che istituzionalmente vorrebbe essere fatto per superare queste situazioni di marginalità e quello che si è davvero sviluppato all’interno dell’insediamento, con regole, ristoranti, negozi, anche piccoli centri di potere. Si è creata» evidenzia Martinelli «una vera e propria piccola comunità, che però è frutto di disuguaglianza e di invisibilità rispetto al territorio. Il nostro lavoro vuole diventare anche uno scontro tra le esigenze di queste persone e come poter migliorare le loro condizioni di vita».

A smuovere Martinelli ed i suoi collaboratori a raggiungere la provincia di Foggia ed impattare con la realtà di migranti, braccianti e ghetti, è stata la voglia di «mettere in discussione il nostro ruolo di storyteller, di narratori che raccontano storie, in questo caso di un territorio che non ci appartiene e che non conosciamo. Per questo, abbiamo deciso di farlo in modo partecipato, creando la narrazione dalla base». Intanto, il lavoro prosegue. Ed al termine il gruppo di grafici/ricercatori restituirà alla comunità e al territorio quanto realizzato attraverso una piccola pubblicazione, con il desiderio di partire da questo «esperimento per poi replicarlo anche in altri insediamenti informali presenti in Italia» conclude Martinelli.

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