Un Vademecum per facilitare l’integrazione dei migranti

Si chiama “Mens sana in corpore migrantis” ed è un progetto della cooperativa sociale Il Sicomoro di Cagliari, finanziato dalla Regione Sardegna. Propone un modo diverso e innovativo di raccontare il fenomeno delle migrazioni, per facilitare il confronto e l'ascolto reciproci. Il ruolo fondamentale dei mediatori culturali

di Luigi Alfonso

Mens sana in corpore migrantis”, ovvero un modo diverso di raccontare il fenomeno delle migrazioni. Il progetto della cooperativa sociale Il Sicomoro di Cagliari, finanziato dalla Regione Sardegna, puntava ad allargare gli orizzonti, in un momento contrassegnato da una pesante crisi economica di dimensioni planetarie e dalla ripresa degli arrivi di imbarcazioni (e non solo: basti pensare ai profughi ucraini) dal continente africano. L’obiettivo è stato raggiunto, e ha prodotto un vademecum (disponibile on line e nelle sedi dei progetti Sai (Sistema accoglienza integrazione) che aiuta a riflettere su emozioni, esperienze e vissuti che i migranti potrebbero provare nell’incontro con una cultura diversa da quella di provenienza.

Il progetto era partito nei primi mesi di quest’anno. Un’equipe multidisciplinare e multietnica (composta da una psicologa, una sociologa e alcuni mediatori culturali, coordinata dalla psicologa Gisella Congia) ha incontrato diversi gruppi di giovani migranti presenti in Sardegna. «L’obiettivo era quello di esplorare il loro stato d’animo all’arrivo nel nostro Paese – spiega la presidente della cooperativa, Stefania Russo – ma anche le aspettative, gli elementi di difficoltà derivanti dall’incontro tra le proprie origini e una cultura decisamente diversa, per arrivare infine alla pubblicazione della guida con alcune loro riflessioni, così da mettere a disposizione dei migranti che arriveranno in futuro un utile strumento».

Nelle sue 44 pagine il vademecum (contiene le illustrazioni di Laura Farneti, il progetto grafico è invece di Daniele Conti) riporta una sintesi delle esperienze raccolte in questi mesi e le trasforma in agili consigli. «Inutile nasconderselo: l’incontro tra culture differenti talvolta si trasforma in uno scontro», è l’analisi di Russo. «Questo vademecum vuole essere uno strumento utile anche per gli operatori e tutti coloro avranno il piacere di leggerlo, calandosi in un’attenta riflessione su stereotipi, modi errati rapportarsi con i migranti, il rispetto reciproco che è un presupposto essenziale per una civile convivenza. Il punto di partenza è l’unicità della persona appena arrivata, che si scontra con usi, abitudini, regole, religione e lingue differenti. Perché possa integrarsi, è necessario che questa persona costruisca nuove reti di riferimento sociale, amicale e sentimentale».

La guida affronta, una per una, le situazioni che possono creare disagio, articolandole in nove punti che parlano anche di come trovare lavoro, a quali persone affidarsi per farsi indirizzare nella nuova realtà, come fare a districarsi nelle regole (spesso eccessive) di una cultura differente dalla propria. Senza dimenticare questioni come il senso di solitudine, la vergogna di essere spesso trattati con pregiudizio, le relazioni con l’altro sesso ma anche la bellezza di conoscere una nuova cucina o magari di ritrovarsi in quella propria. Vi sono poi tre appendici dedicate a corpi, relazioni, culture, in cui si spiega come rapportarsi con una società in cui le abitudini di vita sociale, o legate al genere, sono differenti così come la gestione della fisicità o dell’intimità tra le persone; le figure professionali presenti nei centri d’accoglienza, in modo da individuare più facilmente l’esperto più adatto a ogni esigenza; gli stessi cittadini stranieri, infine, offrono in forma anonima alcuni consigli a chi è appena arrivato: si parla, ad esempio, dell’importanza di avere pazienza e di imparare, prima di tutto, la lingua del Paese ospitante. La guida è disponibile in tre versioni: italiano, inglese e francese.

«L’accoglienza del terzo millennio deve diventare un luogo culturale dell’incontro e dell’ascolto, per poter costruire nuovi tempi e nuovi significati», è la speranza di Stefania Russo.

Noureddine Azami Hassani, mediatore culturale e componente dell’equipe del progetto, è originario del Marocco ma da quattro anni risiede in Sardegna. Vi è arrivato con una laurea in lingue, ma nell’ateneo cagliaritano l’anno scorso ha conseguito la laurea in Relazioni internazionali. Attualmente lavora per il Centro Sai di Austis, nel Nuorese. «La mia integrazione è stata facilitata perché conoscevo l’italiano», spiega il giovane nord-africano. «Nell’approccio con questo progetto del Sicomoro mi sono preoccupato subito di avere un ascolto attivo, in quanto ogni Paese africano ha cultura e tradizioni differenti rispetto anche ai territori confinanti. Cambiano in maniera netta anche le lingue. Il nostro è un continente grande e complesso. La Sardegna è un’isola: se non si hanno i documenti in regola, non puoi muoverti come vuoi e raggiungere la penisola o l’Europa. Di questo bisogna tenere conto. Molti migranti non sanno neppure dove sono sbarcati, qual è il punto geografico esatto. Mi sono integrato bene e subito perché non ho mai avuto la pretesa di cambiare la Sardegna, una terra di cui mi sono innamorato. Qui ho pure incontrato la donna della mia vita. I mediatori culturali sono chiamati a tradurre i sentimenti, non solo le parole, in maniera fedele. Non è affatto semplice. La nostra equipe ha cercato di vedere il mondo con gli occhi dei migranti, dalla loro prospettiva. Conosco la cultura araba ma non posso avere la presunzione di conoscere ogni singola persona. È stato impegnativo ma molto bello. Abbiamo girato l’Isola in lungo e in largo, saltando dall’inglese al francese allo spagnolo. In genere, ogni migrante si costruisce il suo immaginario dell’Europa, ma questa terra ha le sue specificità che vanno raccontate e spiegate».

“Mens sana in corpore migrantis” è stata la naturale prosecuzione di un altro progetto ideato dalla cooperativa Il Sicomoro, dal titolo “Ti castiu e (no) ti biu” (tradotto dal sardo campidanese: ti guardo e non ti vedo). Un gioco di parole che invitava ad aprirsi a una migliore relazione con le persone che arrivano in Sardegna, e non per turismo. Questa iniziativa, nel corso del 2021, ha permesso di informare e confrontarsi con gli studenti di 20 scuole del territorio regionale, nell'ottica della promozione alla multiculturalità. Ideato come seminario didattico di tipo esperienziale, ha permesso di avviare, tra le nuove generazioni, riflessioni in merito all’incontro con l’Altro (come individuo e come cultura), analizzando concetti chiave quali lo spostamento, la famiglia multietnica e l'analisi dell’informazione. Temi che, successivamente, sono diventati oggetto di approfondimento sul senso degli attraversamenti migratori, culturali ed emotivi, su cui tutti dovrebbero sentire l’obbligo morale di interrogarsi.

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