Legalità

Trame, il festival dei libri contro le mafie fa ingresso all’università

Non è facile arrivare a una dodicesima edizione apparendo ogni anno sempre più giovani. Ci si riesce con la voglia e la capacità di utilizzare il giusto linguaggio per raccontare un tema non certo facile come quello della lotta alla ‘ndrangheta e alle criminalità mafiose. Eppure Trame, il festival dei libri antimafia di Lamezia Terne riesce a farlo animando un dibattito che non si ferma alla settimana durante la quale si svolge. Ecco anche perché l’interesse e la voglia di Noemi Muggeri di raccontare questa illuminante esperienza nella sua tesi di laurea “Impegno e Memoria: l’antindrangheta nel Trame Festival di Lamezia Terme”

di Gilda Sciortino

Non è facile arrivare a una dodicesima edizione apparendo ogni anno sempre più giovani, linguaggio utilizzato per raccontare un tema non certo facile come quello della lotta alla ‘ndrangheta e alle criminalità mafiose. Eppure Trame, il festival dei libri antimafia di Lamezia Terne riesce a farlo animando un dibattito che non si ferma alla settimana durante la quale si svolge. Ecco anche perché l’interesse e la voglia di raccontare questa illuminante esperienza di Noemi Muggeri nella sua tesi di laurea “Impegno e Memoria: l’antindrangheta nel Trame festival di Lamezia Terme”

Può un festival meritare di diventare oggetto di un tesi di laurea? La risposta è sì, se parliamo di Trame, Festival dei libri sulle mafie di Lamezia Terme giunto alla 12sima edizione.

La tesi di Noemi Muggeri

A farne oggetto della sua tesi di laurea triennale in Sociologia delle mafie per il Corso di Laurea in Comunicazione Interculturale del Dipartimento di Culture e Politica e Società dell’Università degli Studi di Torino è stata la giovane studentessa vibonese Noemi Muggeri, guidata da Rocco Sciarrone, docente di Sociologia e Processi di regolazione e reti criminali dell’ateneo torinese. autore di diversi studi sul fenomeno mafioso con particolare riferimento ai temi delle relazioni esterne e dei meccanismi di riproduzione delle reti mafiose.

Barra del timone nel racconto della studentessa l’intervista a Giovanni Tizian, direttore artistico del festival, grazie al quale ricostruire e percorrere la storia e i progetti che oggi impegnano i promotori e cioè la Fondazione Trame e l’associazione Antiracket Lamezia Onlus.

«La Calabria è una terra meravigliosa, la mia terra, dove sono nata e cresciuta e dove da sempre mi sento a casa », scrive Noemi Muggeri, «ma è anche una terra che vive da sempre con un grande male che la segue come un’ombra, da cui sembra sempre più difficile liberarsi: la ‘ndrangheta. Una realtà imponente e soffocante che opprime la vita di coloro che si ritrovano a esserne inglobati, che non riescono a sfuggirle e che ne sono inevitabilmente vittime innocenti, di coloro che si ritrovano ad accettarla senza riserva, forse per paura, forse perché è così da tutta una vita, arrivando ad accettare la realtà per quella che è. La ‘ndrangheta è una forza incontrollabile che richiede una forza pari e contraria per riuscire ad allontanarla. Ed è proprio questa forza che ha portato nel corso del tempo alla nascita del suo opposto: l’antindrangheta. Ho deciso di dedicare il mio lavoro a questa tesi perché credo che sia necessario parlarne, ricordare le storie di chi prima di noi si è battuto contro di essa, di chi ha perso ingiustamente la vita e di chi ancora oggi continua la sua lotta ed è costretto a vivere sotto scorta per un gesto che dovrebbe essere, invece, solo ammirato».

A Trame le culture si incontrano

Numerose le tappe di questo viaggio nei rivoli di una terra come la Calabria, scoprendo i primi movimenti antindrangheta: dagli scioperi alla promulgazione delle prime leggi antimafia e alla marcia Reggio Calabria Archi del 1991 – la prima iniziativa pubblica contro la ‘ndrangheta, una manifestazione fondamentale che segna una tappa importante nella lotta alla mafia nel territorio, una marcia di persone unite per il cambiamento. Un tentativo di cambiamento che è stato portato avanti con coraggio anche da molte donne che si sono ribellate ai loro uomini, alla loro famiglia e alla loro cosca di appartenenza, donne che hanno deciso di diventare testimoni di giustizia, le cosiddette “donne coraggio”.

«Ho deciso di ricordare la loro storia», si legge ancora nella tesi, «perché credo sia importante portare avanti sempre il loro impegno, la loro forza, l’amore per i loro figli che è stato ciò che le ha portate a decidere di denunciare e a dire basta. La regola de “le donne non si toccano” viene infranta e i delitti di onore studiati e organizzati in ogni più piccolo dettaglio. Giuseppina Pesce, Maria Concetta Cacciola e Lea Garofalo sono solo tre delle tante madri coraggiose che hanno deciso di collaborare con la giustizia; donne che hanno lottato fino all’ultimo affinché potessero cambiare la propria vita liberandosi da quel soffocante legame famigliare che le rendeva prigioniere. Le loro storie sono tutte diverse, ognuna con le proprie sfide, i propri nemici e il proprio finale: c’è chi ne resta vittima, c’è chi riesce a salvarsi e vive nel segreto con la costante paura di morire. Ma ciò che le accomuna e che le ha rese simbolo della lotta alla ‘ndrangheta è la volontà di voler dare un futuro diverso e migliore a coloro che più di tutto hanno amato: i loro figli. È soprattutto grazie al loro gesto che è attivo dal 2012 il progetto “Liberi di scegliere”, grazie al quale sempre più donne e sempre più minori hanno potuto lasciare la ‘ndrangheta. Il progetto si occupa di dare un nuovo futuro ai giovani che con le loro madri decidono di scappare, di mostrare come una nuova vita lontana dall’organizzazione criminale è possibile, seppur con un percorso lento e doloroso di distacco dai propri affetti e dalla propria terra. Ad oggi il progetto, realizzato dal giudice Roberto di Bella, ha dato e continua a dare a circa sessanta bambini l’appoggio necessario per costruire un futuro diverso lontano dai codici della ‘ndrangheta, recidendone i legami ».

“La chiave di volta è stato l’amore delle madri, per i figli e per loro stesse. L’amore come strumento per vincere la paura e le resistenze”.

– Giovanni Tizian, direttore artistico di Trame

Trame è memoria viva

Trame è il simbolo della cultura antimafia all’interno di un territorio calabrese che, attraverso figure come quelle di cui racconta durante ogni edizione, vogliono, pretendono di percorrere strade che portano al riscatto sociale. Riscatto che, per esempio, si legge nei volti e nelle parole dei più giovani.

«In particolar modo ho voluto sottolinearne l’importanza in merito a quella che è la coscienza giovanile sul tema »– scrive ancora Noemi Muggeri – «sull’importanza dell’educazione alla legalità e sulla cultura antimafiosa ai giovani come mezzo per combattere la mafia, quei giovani ragazzi che Trame accoglie con iniziative a loro dedicate. Il valore di Trame sta, infatti, anche nella sua capacità e volontà di voler aiutare, sostenere i giovani di Lamezia educandoli su un tema che li tocca da vicino e con cui ogni giorno, anche inconsapevolmente, si ritrovano a vivere, realizzando iniziative in grado di coinvolgerli 365 giorni l’anno come Trameascuola»

Un lavoro, quello che dà vita a questa tesi, animata da due concetti: la memoria e l’impegno. Una memoria portata avanti attraverso il racconto delle storie di chi non c’è più, delle vittime e dei testimoni di giustizia; una memoria che deve essere accompagnata da un impegno civile costante e forte e che deve coinvolgere tutti alla stessa maniera.

«Trame continua, ad oggi, ad andare avanti nonostante i pochi finanziamenti, instaurando sempre più alleanze e portando avanti da dodici anni il messaggio di lotta, memoria e impegno che ha portato alla sua realizzazione nel 2011. Un viaggio complicato, ma anche ricco di soddisfazioni, raccontato da Giovanni Tizian, giornalista e scrittore, da anni impegnato in inchieste antimafia. La sua storia lo ha portato a fare i conti con la ‘ndrangheta già da bambino e ha influito sulla sua carriera e sulle decisioni che ha intrapreso durante tutta la sua vita».

A Trame l’incontro è anche tra generazioni

«L’essere calabrese, l’essere diventato direttore di un festival sui libri contro le mafie»,– dice Tizian, direttore di Trame sin dalla sua decima edizione – , «un festival che si occupa anche di giustizia, di resistenza alle oppressioni e alle ingiustizie, che è un po’ quello che ha segnato anche la mia vita da bambino e anche quella di adulto, quella che è la mia storia personale mi ha dato più convinzione a dire di sì quando mi è stato chiesto di diventare direttore».

Giovanni Tizian ha lottato e lotta ancora oggi contro la ‘ndrangheta, impegno che lo ha portato a vivere sotto scorta a partire dal 2012 e fino al 2019. La lotta alla mafia deve essere una lotta continua e costante, e il dolore vissuto il monito per andare avanti e abbattere l’indifferenza e l’omertà. Questo è ciò che fa Trame a partire dal 2011, parlando di mafia, stimolando la coscienza giovanile attraverso eventi e ospiti di vario genere per discutere di libri contro le mafie, delle storie delle sue vittime e del coraggio di chi lotta e ha lottato contro di essa perdendo la vita. Simbolico è anche il logo del festival che raffigura una mano aperta sulla quale sono state disegnate diverse linee – trame, appunto – alle quali sono state date diverse interpretazioni: sono il simbolo di tutti gli intrighi che hanno costellato la storia della ‘ndrangheta, ma anche il simbolo di tutte le risposte e le lotte antimafiose che sono state e continuano ancora ad oggi ad essere realizzate.

Trame è, a oggi, molto più di un festival di libri contro le mafie. È un’occasione di impegno civile, di ricordo delle vittime, di diffusione di una cultura che possa opporsi a quella mafiosa, di insegnamento alla legalità e al coraggio. Un impegno continuo che per tutto l’anno sviluppa progetti volti a proteggere e sostenere tutti coloro che credono nell’antimafia, nella democrazia e nel rispetto.

«Il festival io non lo intendo solo come un luogo dove si presentano libri o si fa una chiacchierata o vengono artisti. Se realizzi il festival in un certo territorio »– sostiene il direttore di Trame – «dev’essere legato a quella comunità e quindi è giusto ricordare e provare a fare qualcosa per quella comunità. In Calabria siamo, purtroppo, pieni di storie di vittime senza giustizia, ed è giusto che Trame se ne faccia carico»

La mafia teme la scuola più della giustizia, l’istruzione toglie erba sotto i piedi della cultura mafiosa

– Antonino Caponnetto, giudice alla guida del Pool Antimafia creato dal giudice Rocco Chinnici

Non a caso i giovani con il cuore di Trame.

«Da anni, sono sempre di più coloro che decidono di dedicare parte del loro impegno quotidiano all’antimafia, che sentono la necessità di essere educati alla legalità e di educare di conseguenza, di essere parte integrante di quella lotta che va avanti da anni e continua forte ancora oggi. La legalità deve essere insegnata nel modo corretto e ciò “implica la compresenza di altri due elementi: la responsabilità individuale e la giustizia civile”. Questo è uno degli obiettivi principali di Trame che, per esempi, con Trameascuola, punta sulla cultura giovanile educando i ragazzi alla lotta alla criminalità organizzata e alla solidarietà attraverso la cultura e la conoscenza visti come strumenti efficaci nella lotta alle mafie, con il fine principale di sviluppare solidarietà e sensibilità civile. Giovanni Falcone sosteneva come la mafia, in tutte le sue sfaccettature, con tutto il suo potere e con tutte le forze che l’alimentano, fosse un fenomeno destinato a finire, ad esaurirsi, perché “come tutti i fatti umani ha un inizio, e avrà anche una fine.”I giovani, nell’ottica di Trame, sono visti come coloro grazie ai quali a poco a poco quella fine può essere raggiunta; attraverso la cultura, la conoscenza, la memoria e il loro impegno si potrà mettere un punto. O almeno, è quello che si spera.».

Amara, disillusa o estremamente fiduciosa la tesi di questa giovane studentessa?

«La lotta alla ‘ndrangheta va avanti ormai da molti anni» – sono le conclusione di Noemi Muggeri – «e diverse sono le battaglie e le sfide che ogni giorno ci si ritrova ad affrontare, di fronte alle quali è necessario parlare, reagire per andare avanti e per far in modo che l’ombra fastidiosa, opprimente e soffocante qual è la ‘ndrangheta si dissolva. È il ricordo di chi prima di noi non si è piegato al potere mafioso – di chi ha denunciato, di chi come Lea, Giusy e Maria Concetta non ha avuto paura e ha parlato pagandone prezzi altissimi – a essere ciò che, nel tempo, ha permesso il cambiamento; un cambiamento che è necessario portare avanti sempre, un impegno che non bisogna mai abbandonare di fronte a nulla. È questo che nel corso degli anni hanno fatto e continuano a fare ogni giorno persone come Giovanni Tizian e Nicola Gratteri, impegnati ogni giorno nella lotta alla mafia, nella lotta a quel sistema responsabile di avergli portato via un pezzo di vita che non tornerà più indietro. Ed è questo che ogni giorno, per 365 giorni l’anno, fa Trame da dodici anni, diffondendo la speranza del cambiamento, l’importanza della memoria, dell’impegno civile contro la mafia, perché è attraverso questi insegnamenti che si è in grado di combatterla dall’interno, di sradicarne le fondamenta. Quello che Trame cerca di fare è portare e diffondere consapevolezza della lotta alla criminalità organizzata nel proprio territorio, perché è questo ciò di cui la Calabria ha bisogno: combattere l’omertà, i silenzi e la rassegnazione di cui la mafia si nutre tramite la cultura, l’impegno e la memoria. Ricominciare dalle origini, quindi. Per costruire l’antimafia popolare, quella che serve oggi. Per cambiare tutto».

Nella foto di apertura Alessandra Sciurba in uno dei dibattiti della dodicesima edizione di Trame (tutte le foto sono state gentilmente concesse dall’ufficio stampa del Festival)

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