Economia

Tour My Table, le case dei privati aperte ai turisti per pranzo o cena

Un nuovo modo di viaggiare, godendo della genuina ospitalità di persone che entrano nel circuito creato da due fratelli cagliaritani e un gruppo di giovani. Sta per essere presentata l'app che consente di connettersi alla piattaforma che mette in contatto ospitanti e turisti. Per vivere esperienze più genuine, con la gente del posto.

di Luigi Alfonso

Valorizzare luoghi poco conosciuti ai più, responsabilizzando i turisti che desiderano svolgere attività turistiche a basso impatto ambientale e prediligono viaggiare fuori stagione, evitando le località del turismo di massa. Così è nato il progetto “Tour My Table”, ideato da due fratelli cagliaritani: Enrico e Claudia Tola (25 anni il primo, 34 la seconda). A loro si è unita la 34enne pugliese Eleonora Granito. Le due donne hanno alle spalle un percorso di studi in Economia del Turismo. «Preferiamo parlare di viaggiatori anziché di turisti – precisa Claudia, responsabile della comunicazione – in quanto si tratta di persone che desiderano immergersi nella cultura del posto e scoprirne la quotidianità, la realtà anche nei piccoli dettagli. Sensibilizziamo anche sui temi dell’impatto ambientale e sociale che può avere l’attività turistica, con l’obiettivo di promuovere modelli di turismo più sostenibili. Speriamo di avere un impatto positivo in quei paesi soggetti allo spopolamento: questo strumento permette di avere un ritorno diretto sul territorio, offrendo un punto di partenza a chi, da una forma occasionale di social eating rivolta ai turisti, potrebbe poi decidere di professionalizzare il tutto passando a forme imprenditoriali di ristorazione o servizi turistici più strutturati».

«Con Tour My Table – prosegue Claudia – stiamo creando una piattaforma che faciliti l’incontro tra viaggiatori che desiderano mangiare in località fuori dai circuiti più battuti e residenti che hanno una naturale predisposizione all’ospitalità, sanno cucinare e ricercano lo scambio culturale. Al momento il nostro team è composto da 5 persone in età compresa tra i 25 e i 34 anni: tre con base in Italia (Cagliari e Biella) e due che risiedono a Bourdeax e Monaco di Baviera, che abbiamo incontrato durante un hackathon online internazionale (eventi per start up che mettono in contatto professionisti con competenze complementari per lavorare a un’idea e sviluppare un prototipo in tempi brevissimi, ndr). In quella occasione abbiamo incontrato il nostro sviluppatore mobile, al quale è piaciuta l’idea, si è unito al gruppo e ha coinvolto un’altra persona che aveva già lavorato con lui con un ruolo di business development. Successivamente abbiamo parlato dell’iniziativa ad alcuni enti, come GAL e Comuni, e operatori legati al mondo dell’ecoturismo in Sardegna, con cui speriamo di avviare delle collaborazioni».

Claudia ha portato la visione generale di Tour My Table, in quanto l'idea nasce da sue esperienze maturate in viaggio e durante lavori nell'online travel con società come Agoda.com e Musement. In più, al turismo attivo in Sardegna ha dedicato la tesi di laurea. Eleonora ha un profilo più legato all'incoming e al destination management, non a caso sta lavorando anche per un ente di promozione turistica del Piemonte. Lei si occuperà dello sviluppo del brand fuori dalla Sardegna. Enrico è laureato in Economia e finanza. Appassionato di cucina e per il mondo degli investimenti, nel team segue le attività di raccolta fondi ed è stato protagonista del percorso MEDSt@rts, finanziato dal Programma di cooperazione ENI CBC Med, che ha permesso di definire un primo piano di loro finanziamenti con il supporto di consulenti esperti. I due colleghi dall'estero seguono la parte di sviluppo mobile dell'applicazione.

«L’idea è nata durante un viaggio autunnale in Gallura, con i miei genitori», spiega Claudia. «Era bassa stagione, non riuscivamo a trovare un ristorante o un agriturismo aperto nel raggio di chilometri. C’erano però moltissime case, sparse qua e là, così ci siamo detti: chissà quante cose buone stanno cucinando! Abbiamo immaginato uno strumento che ci permettesse di prenotare un pasto a casa degli abitanti del posto, che spesso hanno pietanze tradizionali deliziose e prodotti genuini. Oltre a risolvere il bisogno del mangiare, avremmo potuto anche vivere una bella esperienza. Ci sono poi venute in mente tutte quelle volte, in località a minore vocazione turistica o comunque in bassa stagione, in cui abbiamo dovuto pranzare con qualcosa di confezionato pur trovandoci in luoghi con tradizioni gastronomiche molto ricche. Un vero peccato. Per circa un anno ho continuato a riflettere su questa idea. Ho ripensato ad alcune mie esperienze, come l’anno di scambio in famiglia in un paese della Catalogna e altre occasioni in cui ero stata ospite di famiglie svedesi, tedesche, taiwanesi, che mi avevano permesso di comprendere quanti dettagli, sfumature e abitudini si possono scoprire mangiando a casa di una persona del posto, rispetto a quello che un viaggio più in “superficie” consente. Alla fine, i momenti più emozionanti dei viaggi sono sempre le interazioni o i gesti di gentilezza da parte dei residenti. Ho studiato alcuni marketplace legati alla sharing economy (Blablacar, Uber, Airbnb) e coinvolto nel progetto Eleonora, con la quale ho lavorato bene durante l’università e condiviso moltissime esperienze di viaggio tra cui l’home stay in Vietnam».

Il progetto è partito a maggio 2020, in pieno lockdown, ancora una volta foriero di idee e iniziative da sviluppare. Claudia ed Eleonora hanno preso parte all’hackathon “Jump for Italy” (19 team in gara) e con il team sono state premiate con l’accesso ad un programma di pre-accelerazione dell’organizzazione internazionale “Start up Wise Guys”. Il progetto è cresciuto grazie al Voucher Insight di Sardegna Ricerche e in futuro si cercherà di svilupparlo in altre regioni italiane e paesi dell’area mediterranea. «I Comuni sardi coinvolti sinora sono concentrati principalmente in Trexenta, Sulcis Iglesiente, Sarrabus, Ogliastra e Barbagia», racconta Claudia.

«Abbiamo raccolto la disponibilità a provare la piattaforma da circa 30 host, persone disponibili ad ospitare viaggiatori presso le loro case con un’offerta più o meno organizzata di menù tipico oppure un per un pasto più semplice basato su quello che il residente ha previsto a casa sua quel giorno, per se stesso. Abbiamo principalmente due tipologie di privati interessati a questo progetto. Intanto, persone che hanno una forte passione per la cucina e che magari avevano già pensato di mettere a reddito il proprio talento e la capacità di cucinare per tante persone. Tendenzialmente hanno dai 40 anni in su, tempo libero e case grandi, spesso hanno già raccolto informazioni per aprire un home restaurant o un’impresa alimentare domestica (IAD). Ci sono poi persone che, per la natura della loro professione, hanno poca possibilità di spostarsi e interagire, e quindi cercano possibilità di incontro e scambio culturale sentendosi parte attiva della promozione e crescita del proprio territorio. I nostri viaggiatori invece occasionalmente realizzano escursioni all’aria aperta o ricercano attrazioni meno conosciute, come i musei della cultura, o gemme nascoste come i siti archeologici ancora da scoprire, cascate o percorsi sportivo-naturalistici di bassa e media intensità. Il nostro target più tipico non è quindi l’esperto backpacker attrezzato con fornelletto a gas e tenda, bensì viaggiatori che durante le escursioni culturali o naturalistiche ricercano un certo grado di comfort, danno importanza alla gastronomia locale di qualità e vorrebbero evitare di spostarsi verso centro più grandi rispetto ai luoghi visitati. Il target è abbastanza vario, dai 30 anni ad oltre i 65. Ci sono anche gruppi del cosiddetto silver tourism, persone attive con tempo libero da dedicare a vacanze enogastronomiche, ma anche giovani che amano lo sport all’aria aperta».

Il prossimo step è il lancio ufficiale della piattaforma. È allo studio un’applicazione che consentirà di testare il pasto semplice o il menu del residente. «Proprio come accadeva in passato, quando il forestiero bussava alla porta delle case che incontrava chiedendo ristoro. Questa esperienza può avere un costo variabile dai 15 ai 30 euro, a seconda della complessità del pasto».

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.