Economia
Tenute Evaristiano, suore e ragazzi impegnati in campagna come 100 anni fa
Era il 1925 quando Evaristo Madeddu fondò la prima comunità dei Confratelli del Sacro Cuore, in Sardegna. In tutto il Campidano una serie di opere a favore dei giovani meno fortunati. E anche oggi, come allora, le consorelle si trasformano in contadini (per esempio nel periodo della vendemmia) e affiancano i ragazzi nei lavori della terra. A giugno i loro vini parteciperanno al concorso nazionale del Vermentino
Evaristo Madeddu aveva 35 anni quando, nel 1925, fondò a Mandas (provincia di Cagliari) la prima comunità dei Confratelli del Sacro Cuore. Vestiti in abito monacale, trascorrevano le giornate nella preghiera, nel lavoro e nel silenzio, riprendendo le antiche tradizioni monastiche benedettine. Un anno dopo, al gruppo maschile si aggiunse il settore femminile affidato alle cure della consorte di Evaristo, Beniamina Piredda, sposata nel 1917 con promessa di castità. Insieme avevano deciso di costituire una comunità religiosa di carità che potesse occupare gli spazi lasciati scoperti dalle storiche congregazioni religiose. Il loro spirito di servizio fu talmente apprezzato dalla popolazione locale che la voce si diffuse e, in pochi anni, arrivarono nuovi adepti. Così, in rapida successione, furono inaugurate nuove sedi a Cagliari, Siurgus Donigala e Guamaggiore. E da allora non ci si è più fermati in quest’opera infaticabile.
La vera svolta avvenne nel 1934, quando Padre Madeddu ricevette in dono un podere alle porte di Donigala Fenughedu, frazione di Oristano. Fu lì che fu trasferita la casa madre. Il grande progetto, come detto, proseguì: furono fondati asili infantili, orfanotrofi e una colonia marina a Putzu Idu, nel territorio di San Vero Milis. Un lavoro encomiabile che, il 3 aprile 1965, fu premiato dall’allora arcivescovo di Oristano Sebastiano Fraghì con il decreto di riconoscimento canonico della Compagnia Evaristiani del Sacro Cuore. La sua opera non si è mai fermata, neppure dopo la morte di Padre Evaristo nel 1966.
Ancora oggi, a Putzu Idu, le Tenute Evaristiano hanno due capisaldi: il rispetto per la terra e per l’Uomo. Per questo motivo, tutti i vigneti impiantati sono lavorati in modo sostenibile e dotati di certificazione biologica. «Il clima, la collocazione geografica, la composizione dei terreni e la raccolta dei grappoli rigorosamente manuale, contribuiscono a farci produrre vini di eccellenza», sottolinea il neo direttore della Cantina, Gianluigi Minnai. «La storia degli Evaristiani è lunga quasi un secolo. Le donazioni che si sono succedute nel tempo hanno permesso di arrivare a oltre 100 ettari di proprietà della Società Agricola Evaristiano, di cui 20 impiantati a vigneto, in fase di ampliamento e di miglioramento, che sono divisi in tre aree: quella del Sinis, nei pressi della comunità di Putzu Idu; quella del Medio Campidano, la più vasta, ubicata nel centro produttivo evaristiano di Serramanna; e quella nella pianura di Cagliari, dove tutto è cominciato circa un secolo fa».
A Putzu Idu c’è la sede operativa con la Cantina Evaristiano, che da quest’anno è stata ribattezzata Tenute Evaristiano. «Sorta negli anni Novanta, la sua storia vitivinicola risale agli anni Venti, quando il Fondatore creò la Compagnia», spiega Minnai. «La Cantina fa parte di un grande progetto a sostegno dei giovani della Sardegna. I ragazzi accolti nella Comunità Evaristiana, che da sempre ha dimostrato sensibilità nel rispondere alle necessità sociali, sono attori importanti del nostro progetto sociale, teso a stimolare la crescita e il benessere delle persone meno fortunate. Al loro fianco persino alcune suore, esattamente come avveniva cent’anni fa. Il loro essere presenti in alcuni momenti del mondo produttivo agricolo suscita in tutti entusiasmo e benessere fisico e spirituale. Vogliamo produrre un buon vino, ma ci preme anche far scoprire a questi ragazzi che il mondo produttivo può contribuire allo sviluppo ed al progresso della società, favorendo la crescita delle persone coinvolte con amore e rispetto, pur se in condizioni di precarietà».
Nel terzo millennio, però, è giusto rivedere alcune strategie, ovviamente senza stravolgere il senso del progetto di Evaristo Madeddu. Così, dopo una iniziale conoscenza con il consorzio di produttori Sa Marigosa, con la stessa azienda di Riola Sardo è nata una collaborazione che va oltre gli obiettivi economici del profit. È di questi giorni la notizia di un nuovo accordo, attraverso il quale Sa Marigosa (che vanta 35 anni di attività nel settore agrifood) affiancherà le Tenute, sostenendo la produzione e la commercializzazione dei vini. È soltanto la prima di una serie di azioni volte a sostenere il progetto evaristiano.
«Siamo onorati di questo rapporto con un’azienda che in Sardegna, ma anche nella penisola e oltre, si è ritagliata un’importante fetta del mercato ortofrutta», commenta Marco Piludu, figura storica della comunità evaristiana. «Ciò comporta da parte nostra un maggiore impegno e, insieme, la consapevolezza di come oggi non sia più possibile fare impresa senza avere adeguate competenze e professionalità. I nostri ragazzi e l’intera comunità che li sostiene continueranno ad usufruire dei benefici della società agricola, attività fondamentale per il loro benessere psicofisico. Sempre nel rispetto della nostra tradizione e dell’amore per la natura attraverso la pratica di un’agricoltura biologica, che rispetta i cicli naturali, non sfrutta il suolo e le acque, tutela la salute dell’Uomo e tutto l’ecosistema che ci ospita. La nostra produzione è incentrata sull’utilizzo di soli prodotti naturali, con la dovuta attenzione anche per il risparmio energetico. L’ambiente non è una moda, né una tendenza, piuttosto una filosofia di vita. Credo che il Fondatore possa essere orgoglioso di ciò che è stato fatto sino ad oggi, dopo la sua scomparsa».
Ma siccome l’appetito vien mangiando, la qualità dei vini prodotti dalle Tenute Evaristiano è stata apprezzata dagli intenditori del settore, al punto che saranno ospiti della seconda edizione del concorso enologico nazionale “Vermentino”, in programma a Cagliari il 29 e 30 giugno prossimi. Confrontarsi con i colossi del comparto, sarà il primo test del nuovo corso.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.