Politica & Istituzioni

Sospeso il reddito di cittadinanza, ma al Sud la povertà dilaga

169mila famiglie italiane che vivono in povertà assoluta non percepiranno più un reddito minimo che gli consentiva di affrontare le  difficoltà economiche più impellenti. Ma soprattutto al Sud la povertà dilaga, solo a Napoli circa 21mila persone sono destinate a perdere il sostegno

di Anna Spena

uomo che fa la spesa al supermercato

169mila famiglie italiane che vivono in povertà assoluta non percepiranno più un reddito minimo che gli consentiva di affrontare le  difficoltà economiche più impellenti .L’Istituto nazionale previdenza sociale spiega che i due nuovi strumenti che vengono attivati in base ai bisogni e alle possibilità di ciascuno sono il Supporto alla formazione e al lavoro e l’Assegno di inclusione.

I dati sulla povertà nel Sud

Ma la povertà non colpisce tutta l’Italia allo stesso modo. Solo pochi mesi fa con VITA avevamo pubblicato un focus book “La fame del Sud – Boom di poveri nelle grandi città dove senza Terzo settore non si arriva a fine giornata”. Una fotografia di cinque città del Sud Itala: Bari, Cagliari, Napoli, Palermo e Reggio Calabria. A livello regionale ci sono ampissime differenze. In Campania il reddito veniva percepito dal 12% della popolazione – solo nella città Napoli circa 21mila persone sono destinate a perdere il sostegno – in Sicilia l’11,4% e in Calabria il 9,8 per cento. Agli estremi opposti ci sono Trentino Alto Adige con lo 0,6%, Veneto con l’1% e Valle d’Aosta con l’1,1%. 

Dopo Coronavirus la fotografia del Sud Italia è drammatica: 41,2 è la percentuale delle persone a rischio povertà. Quindi la quota delle persone a rischio nel Mezzogiorno è 2,5 volte quella del Nord Ovest, il triplo rispetto a quella del Nord Est, il doppio di quella del Centro Italia. Nel Sud Italia una famiglia numerosa su quattro è povera (il 24% delle famiglie con cinque o più componenti) e nelle famiglie di soli stranieri questa percentuale raggiunge il 37,6%. La presenza dei minori incide in maniera significativa: il 13,7% delle famiglie in cui è presente almeno un minore sono povere davanti a una media nazionale che si ferma all’11,5% (dati Svimez — associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno).

Guerra e crisi energetica

Dopo le difficoltà legate alla pandemia, nel 2021 sembrava ci sarebbe stata una ripresa. E invece l’inizio della guerra in Ucraina a febbraio 2022 ha allontanato l’economia nazionale dal sentiero di recupero. Ma anche in questo caso chi sta soffrendo di più? L’inflazione non ha lo stesso peso in tutta Italia. Lo scorso novembre lo Svimez ha stimato una crescita media dei prezzi al consumo, nel 2022, del +8,3% nel Centro-Nord e del +9,9% nel Mezzogiorno. Secondo l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno il 2023 rischia di essere il primo anno di recessione per il Sud dopo un decennio (-0,4% di Pil). La maggiore esposizione delle famiglie meridionali allo shock inflazionistico emerge dalle stime Svimez sui nuovi rischi di disagio economico e sociale associati alla crisi energetica: un bacino potenziale di 287mila nuove famiglie povere (circa 750mila persone), per due terzi concentrate nel Mezzogiorno. Un incremento che corrisponderebbe a un aumento dell’incidenza della povertà assoluta di 2,8 punti percentuali nelle regioni meridionali, contro lo 0,3 del Nord e lo 0,4 del Centro Italia.

Il ruolo del Terzo settore

Nel book abbiamo raccontato l’esperienza di tante organizzazioni sociali che, di fronte all’immobilismo delle istituzioni, hanno deciso di rimboccarsi le maniche e fare da sole, impegnando risorse economiche e competenze professionali. Ne abbiamo raccontate tante, fra le più significative, ma potevano essere molte di più. Questa grande mobilitazione, che ancora continua, ha almeno due caratteristiche peculiari. Primo: è avvenuta “in silenzio”, senza rivendicazioni politiche di alcun tipo. Secondo: i soggetti sociali hanno operato spesso al di là di ogni programmazione sistemica e istituzionale. Di fronte alla necessità è scattata la presa in carico diretta, senza “se” e senza “ma”. Per oltre due anni questo è stato possibile, anche se non sufficiente a coprire tutti i bisogni. Si può andare avanti così? La risposta è no. Non sarebbe né giusto, né sopportabile in primis da parte degli enti e degli operatori che ci lavorano. Non si può fare welfare sulle spalle di chi ha scelto il lavoro di cura come professione. Oggi più che mai la politica deve aprire gli occhi e considerare il Terzo settore come partner essenziale nella costruzione di risposte efficaci. Il che significa fare scelte politiche precise destinando risorse verso chi ha dimostrato di saper assicurare cibo e cure a migliaia di persone che in questi anni ne sono rimaste prive. 

Per scaricare il focus book “La fame del Sud – Boom di poveri nelle grandi città dove senza Terzo settore non si arriva a fine giornata” clicca qui

Credit foto pexels-michael-burrow


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