Economia
Smart working, una opportunità che per molti lavoratori sta sfumando
C'è chi è già rientrato nella consueta sede di lavoro, c'è invece chi si appresta a farlo. Ma in molti "resistono" e continuano a lavorare da casa o in spazi co-working. Il progetto di Petralia Sottana (Palermo) che tanto piace ai giovani, ma non solo. Due fratelli ci raccontano le loro differenti esperienze
A volte ritornano. Nel senso che capita di dover tornare alla sede di lavoro originaria e lasciare, seppure a malincuore, lo smart working . Spesso lontano da casa, dalla propria famiglia, dagli amici di sempre. È l'esempio di Mariele Macaluso , 31enne di Petralia Sottana , un piccolo Comune della Città Metropolitana di Palermo. Oltre un mese fa ha dovuto preparare di nuovo le valigie e recarsi a Bologna. Lei lavora all'Università dove ha conseguito laurea e dottorato.
« Lo confesso, è stato un periodo duro, pieno di ansie e di paure. Sapere di potersi ritrovare “a casa”, ha dato a tutti la forza per affrontarlo. Al mio paese ho ritrovato più serenità. Mi sento parte di quella comunità, come tutti i miei compaesani. È una realtà particolare, con un diffuso associazionismo per e dentro la comunità. Ecco perché, quando il lockdown ha cambiato lo scenario nazionale e mondiale, abbiamo subito approfittato della disponibilità dell'amministrazione per trovare il nostro posto a casa. Petralia Sottana sta nelle alte Madonie e ha sofferto moltissimo il fenomeno dello spopolamento, come buona parte dei Comuni delle zone interne. In questo periodo contrassegnato dal Covid sono rientrati molti giovani. Sotto le festività dello scorso Natale, ci siamo ritrovati con gli amici nella piazza principale del paese, come da tradizione, e abbiamo iniziato a parlare di co-working. Poi abbiamo allargato la partecipazione a tutti i giovani di Petralia, ci siamo dati appuntamento in una sala cinematografica e da lì è partito il progetto, che ci ha portati ad abbracciare l'iniziativa di South Working. Naturalmente, è stato fondamentale il supporto degli enti locali, su tutti il Comune e il Parco delle Madonie, che ci hanno messo a disposizione dei locali fruibili anche da turisti e lavoratori di passaggio».
La tipologia del lavoro spesso determina la fine del periodo di smart working. Più "fortunato" di Mariele è stato suo fratello Piero , di quattro anni più giovane di lei. «Sono andato via da casa molto presto, per lavorare inizialmente a Roma», racconta lui. «Poi ho capito che volevo fare altro. Mi sono licenziato e poco dopo sono stato assunto da una multinazionale che ha 83 sedi in tutto il mondo. Ho iniziato a lavorare a Milano, poi è arrivata questa pandemia. A quel punto ho avuto la possibilità di fare rientro a casa. Come ha detto Mariele, abbiamo un forte senso di appartenenza alla nostra comunità, non appena ci è possibile torniamo dai nostri familiari e amici . Questa è stata una bella opportunità, devo dire insperata, che è stata resa possibile dal fatto che io sono un informatico, dunque posso lavorare anche a distanza. In questo periodo ho ripreso un po' a viaggiare, soprattutto per recarmi nelle sedi dei clienti che devo seguire, ma la mia azienda sembra intenzionata a continuare con lo smart working. E io ne sono felice, perché lavoro meglio e mi sento più creativo. Tra l'altro, come è accaduto in altre realtà di tutto il mondo, la nostra produttività è aumentata, dunque i dirigenti non possono lamentarsi. Per giunta, si risparmia moltissimo sui costi di gestione degli immobili».
Piero si dice «dispiaciuto per la decisione del ministro Brunetta di far rientrare nei propri uffici il personale della pubblica amministrazione, in quanto viene sminuito uno dei più positivi aspetti emersi nel periodo della pandemia. Però mi rendo conto che il lavoro pubblico ha molte sfaccettature diverse rispetto a quello del settore privato. Certo, viviamo un momento di incertezza generale, ma credo che l'esperienza del lavoro a distanza in generale stia dando ottimi frutti e belle prospettive. Lavorando nel Nord Italia, in questo periodo, mi sono accorto che non riguarda soltanto noi del Sud. E non è un problema italiano: ho avuto modo di parlare con i colleghi di altri Paesi e in molti mi dicono che, nell'ultimo anno e mezzo, hanno scoperto il valore delle cose che contano: la famiglia, gli amici, la città d'origine, i piccoli centri rispetto alle grandi città. In poche parole, la qualità della vita».
Piero Macaluso sottolinea un altro aspetto. «L'esperienza di co-working ci ha permesso di apprezzare la collaborazione reciproca con quanti hanno abbracciato il progetto. Ciascuno di noi, con le proprie competenze e professionalità, ha collaborato alla realizzazione di un pezzo delle infrastrutture necessarie per gli spazi comuni. Mi piace lavorare a casa per qualche ora al giorno, ma ritrovarsi insieme, anche solo di pomeriggio, ci permette di confrontarci su tante tematiche, di crescere e allargare gli orizzonti. Tra l'altro, l'unico costo da sostenere sono i 5 euro della card di South Working, dunque siamo tutti nelle condizioni di affrontare serenamente questa modalità di lavoro. Siamo quindici-venti giovani di Petralia più coloro che sono di passaggio. L'apice è stato raggiunto nel mese di agosto, grazie ai turisti. Ma è stato interessante vedere che quattro giovani di Palermo hanno preferito stabilirsi per le vacanze estive da noi, anziché nel capoluogo, in quanto i loro bambini hanno potuto giocare e divertirsi in una dimensione diversa rispetto a quella di una città grande e complessa. I ritmi erano più adatti a loro, insomma erano davvero felici di questa esperienza. Ecco perché credo che ci siano ampi margini per allargare la modalità ad altre aziende e realtà, permettendo ai piccoli Comuni di arginare lo spopolamento».
Credits: foto Gaetano Rizzitello
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