Pnrr
Sardegna, il Forum del Terzo settore indica le priorità alla Regione
Un seminario ha permesso di fare il punto sullo stato d'arte del Piano nazionale di ripresa e resilienza, tra tagli alle risorse, interventi attesi e non approvati, proposte del mondo della cooperazione e dell'associazionismo isolano. Che si mobilita in vista delle prossime elezioni regionali
«Vogliamo essere propositivi e non lamentosi. Nelle prossime settimane lavoreremo con tutte le realtà del Terzo settore sardo e individueremo le priorità in ambito sociale da presentare a tutte le forze politiche che parteciperanno alle prossime elezioni regionali. Poi vedremo se alle promesse seguiranno i fatti». Così Andrea Pianu, portavoce del Forum Terzo settore Sardegna, ieri sera ha chiuso i lavori del seminario informativo dal titolo “Il Pnrr, le politiche di coesione e il Terzo settore in Sardegna. A che punto siamo?”, organizzato nella sede del Csv Sardegna di Cagliari. Nel corso dei lavori, aperti da Roberto Speziale e Chiara Meoli del Forum nazionale, sono stati illustrati numerosi dati (raccolti in collaborazione con la Fondazione Openpolis) che riguardano lo stato dell’arte nell’Isola.
«Senza sviluppo non c’è crescita, e senza crescita non c’è ricchezza. Il Pnrr è una grande opportunità di sviluppo che va colta», ha detto Speziale nella sua introduzione. Mentre Meoli ha ricordato che «le risorse assegnate dall’Unione europea all’Italia ammontano a 191,5 miliardi di euro, di cui oltre 122 miliardi sotto forma di prestiti: siamo il Paese che ha ricevuto gli aiuti più cospicui in Europa. Ad essi si aggiungono i 30,6 miliardi di risorse nazionali contenute nel fondo complementare». Al momento sono 58 le misure del Pnrr che vedono un coinvolgimento diretto del mondo del Terzo settore, per un valore complessivo di 40 miliardi di euro. I progetti finanziati definitivamente sono oltre 30mila.
C’è una differenza cospicua tra le risorse stanziate per gli investimenti di interesse del Terzo settore in Italia (circa 40 miliardi) e quelle realmente attribuite (21 miliardi 480 milioni di euro). In Sardegna sono stati definanziati 116 progetti, per complessivi 220 milioni di euro: 50 progetti riguardano la rigenerazione urbana, 33 le aree interne e altri 33 i Piani urbani integrati. Tra le misure con il più alto numero di progetti finanziati nell’Isola figurano: miglioramento della qualità e dell’usabilità dei servizi pubblici digitali (483 progetti per circa 29,9 milioni di euro); tutela e valorizzazione dell’architettura e del paesaggio rurale (166 progetti per 2,6 milioni); piano asili nido e scuole dell’infanzia (93 progetti per 110,2 milioni); rigenerazione urbana (64 progetti per 160,2 milioni); Case della comunità (50, per 76,6 milioni).
Tra i chiaroscuri emersi nel corso del seminario, al quale hanno partecipato numerose associazioni e reti del Terzo settore (in parte in presenza e in parte a distanza), va segnalato il nuovo approccio di metodo gestionale da parte del Centro regionale di programmazione – Crp. “Sardegna più Sociale” è il nome assegnato all’Asse d’intervento regionale attraverso il Fondo europeo di sviluppo regionale – Fesr, il fondo comunitario specifico che integra le risorse statali del Paese membro. «La Regione Sardegna sta coinvolgendo i soggetti economici e le realtà del Terzo settore che operano nel welfare», ha sottolineato Emanuela Murru del Crp. «In particolare, si cerca di valorizzare le reti tra enti pubblici e operatori privati, per favorire le pratiche collaborative e promuovere lo sviluppo locale. Purtroppo, questo va riconosciuto, c’è carenza di cultura del monitoraggio. E questo complica il lavoro. I temi più caldi sono la scuola del terzo millennio, che dev’essere realmente aperta all’esterno; il ruolo della cultura nell’ambito di innovazione e inclusione sociale; la realtà abitativa».
«La Regione Sardegna vuole costruire una comunità di buone pratiche», ha poi annunciato Simona Argiolas, funzionaria del Crp. «Tra gli esempi che possiamo fare c’è sicuramente quello dell’Agenzia regionale Forestas che, di recente, ha presentato il Regolamento per la gestione dei sentieri boschivi e l’inclusione sensoriale. Un’iniziativa di grande valore sociale».
«Vogliamo modificare l’iter d’intervento che ha contraddistinto i bandi del passato anche recente perché, come ha più volte sottolineato il mondo del Terzo settore, non era rispondente alla realtà operativa. No al progettificio, occorrono obiettivi concreti, condivisi e mirati. Vi siete mai chiesti chi non frequenta le biblioteche? Adolescenti e anziani. Ebbene, alcuni enti locali stanno individuando delle proposte che mirano a coinvolgere nella lettura proprio queste due categorie».
Antonello Pili, presidente di Federsolidarietà Sardegna, ha illustrato la situazione in ambito sociosanitario: «Per partecipare ai bandi del Pnrr occorre avere un bacino d’utenza di almeno centomila abitanti. Peccato che in Sardegna risiedano poco più di un milione e mezzo di persone. Va da sé che i Plus (Piani unitari locali dei servizi alle persone, ndr) devono mettersi d’accordo e presentare proposte che vadano oltre il singolo territorio di appartenenza. Alcuni lo hanno fatto, ma questo deve diventare un metodo di lavoro: occorre una cultura del lavorare insieme. Un altro problema riguarda gli ospedali di comunità, strutture semplici a bassa intensità, che evitano il ricovero alle persone anziane. Laddove ci fossero anche le strutture, manca comunque il personale. I problemi emergono sempre quando si tratta di prevedere interventi strutturali di un certo rilievo. E badate che il termine di spesa, fissato per il 2026, non è poi molto lontano. Sul fronte dell’Assistenza domiciliare integrata – Adi, in Sardegna prestiamo servizi a ottomila persone non autosufficienti che, secondo le linee guida nazionali, entro il 2026 dovrebbero salire a 40mila, vale a dire il 10% della nostra popolazione over 65. Mi chiedo come ci riusciremo, visto che c’è carenza di personale sanitario, soprattutto medici (450 in meno rispetto al necessario) e infermieri».
Sul fronte della dilagante povertà, il segretario del welfare per le Acli, Antonello Caria, ha detto che «la personalizzazione degli interventi, nella nostra regione, va a rilento rispetto ad altre regioni italiane e ad altri Paesi. Spesso ci sono gli strumenti legislativi ma non tutti gli enti locali li applicano». Un elemento che emerge con puntuale drammaticità in tanti ambiti. Non a caso, il direttore regionale di Confcooperative, Gilberto Marras, ha parlato di «corto circuito nella gestione degli interventi statali, regionali e locali, perché spesso mancano le competenze specifiche all’interno dei Comuni. Lo abbiamo segnalato più volte all’Anci, speriamo che si trovi il rimedio. Un altro gap da superare è quello della progettualità degli enti del Terzo settore, ma qui non c’è il tempo per andare a scuola: bisogna fare esperienza provando sul campo ed eventualmente correggendo il tiro. Il che non significa improvvisare. È assurdo, invece, vedere i tagli dei fondi Pnrr a favore delle aree interne, quando poi non si fa che parlare di spopolamento».
Anche sul welfare ambientale è difficile fare un monitoraggio puntuale perché, come sostiene la presidente di Legambiente Sardegna, Annalisa Colombu, «è possibile farlo soltanto intervistando i singoli richiedenti. Questo è un problema che riguarda la gestione di tanti fondi, a fronte peraltro di investimenti cospicui».
C’è chi, invece, gli interventi li aspetta da tempo: è il caso dell’Auser, che si occupa della terza età. «Hanno annunciato più volte i decreti legislativi, per esempio sull’invecchiamento attivo, ma non li abbiamo mai visti», ha spiegato Elisabetta Casu dell’associazione regionale. «Non ci rassegniamo, speriamo che capiscano che si tratta di un elemento indispensabile per allontanare la condizione della patologia e mantenere quanto più possibile l’autonomia».
Nella terra dei centenari può sembrare paradossale il tema dei giovani. Eppure, non è così. «In Italia, e in Sardegna in particolare, è uno dei problemi più sentiti», ha ricordato Aldo Dessì a nome dell’Arci. «Siamo il Paese più vecchio del pianeta insieme al Giappone, e questo fenomeno diventa ancor più eclatante se raffrontiamo la nostra realtà con l’altra sponda del Mediterraneo, cioè i Paesi dell’Africa settentrionale. I pochi giovani che abbiamo scappano in cerca di lavoro, in genere sono i più preparati e creativi. Eppure, mi risulta difficile individuare i progetti del Pnrr che puntino a frenare questa fuga di cervelli».
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