Sicilia

“Ridare”, la comunità energetica che produce anche socialità

A Raffadali, in provincia di Agrigento, è nata una comunità energetica dove «l’energia prodotta genera valore economico che viene reinvestito in micro progetti sociali», dice Giuseppe La Rocca, direttore della Fondazione Comunitaria di Trapani e Agrigento, tra i soci fondatori della realtà. «Le persone hanno compreso che non si tratta solo di un progetto di economia sostenibile, ma di una nuova forma di cooperazione sociale»

di Anna Spena

Raffadali, provincia di Agrigento. Qui sta nascendo una comunità energetica rinnovabile e solidale. Si chiama “Ridare”, un nome dato per «racchiude perfettamente il senso del nostro progetto», dice Giuseppe La Rocca, il direttore della Fondazione Comunitaria di Trapani e Agrigento. «Ri-dare energia alla comunità, trasformando il sole in una risorsa condivisa e comunitaria. Ri-dare valore a chi è in difficoltà, utilizzando i benefici economici per contrastare la povertà energetica ed educativa. Ri-dare un senso di appartenenza, perché questa non è solo un’iniziativa di transizione sostenibile ma un progetto di comunità. Il nome ci rappresenta perché mette al centro la solidarietà, la sostenibilità e la responsabilità sociale. L’obiettivo è anche quello di lavorare alla diffusione della cultura del dono per le persone e della responsabilità sociale di imprese e d enti, una visione di co-responsabilità nella strada verso la giustizia sociale e ambientale». 

Com’è nata la comunità energetica?

La comunità energetica è nata da un’idea semplice ma ambiziosa: creare energia rinnovabile e reinvestire il valore generato in micro progetti ad impatto sociali nella comunità locale. Tutto è partito grazie all’iniziativa della Fondazione Comunitaria di Agrigento e Trapani, che ha coinvolto la Cooperativa Sociale Villa degli Angeli, diversi cittadini del territorio soci lavoratori della stessa cooperativa sociale e Confcooperative Sicilia. Un elemento fondamentale è stato il supporto economico di partner importanti come la Fondazione Haiku Lugano, il Fondo Mutualistico per la Promozione e lo Sviluppo della Cooperazione (Fondosviluppo S.p.A.), e la stessa Fondazione Comunitaria di Agrigento e Trapani che hanno creduto nella visione di Ridare e nella sua capacità di generare un impatto concreto. Siamo voluti andare oltre il semplice concetto di comunità energetica: non solo produrre energia pulita, ma trasformarla in un’opportunità per il territorio, aiutando chi è in difficoltà, in particolare nel contrasto alla povertà educativa e alla povertà energetica. 

Quante sono le persone e gli enti coinvolti? Come gli avete spiegato l’importanza di un progetto così?

Ridare nasce con 11 soci fondatori, tra cui: la Fondazione Comunitaria di Agrigento e Trapani (che ha promosso e sostenuto l’iniziativa) insieme alla Cooperativa Sociale Villa degli Angeli e a Confcooperative Sicilia oltre a 8 persone in rappresentanza di famiglie locali. L’obiettivo è ovviamente quello di ampliare la base sociale in una seconda fase. Per coinvolgere le persone e le realtà locali abbiamo lavorato molto sulla sensibilizzazione e sulla comunicazione. Abbiamo spiegato che Ridare è un’opportunità per aiutare chi è in difficoltà: l’energia prodotta genera valore economico che viene reinvestito in micro progetti sociali. Le persone hanno compreso che non si tratta solo di un progetto di economia sostenibile, ma di una nuova forma di cooperazione sociale ed economica. Difatti, per gli aderenti che mettono a disposizione i propri consumi, non ci sarà un vantaggio economico di risparmio in bolletta, ma trattandosi di una comunità Energetica ad impatto sociale, il valore economico generato sarà reinvestito per micro interventi sul territorio di contrasto alla povertà educativa e alla povertà energetica.

A che punto sono i lavori di costruzione?

Siamo in una fase molto avanzata del progetto. Abbiamo formalizzato la nascita della cooperativa di comunità e la sua struttura operativa nella formula di impresa sociale. Abbiamo concluso l’installazione dell’impianto produttivo di 50 Kwh, che è il cuore della comunità energetica. L’impianto è stato installato in un immobile che viene gestito dalla Cooperativa Sociale Villa degli Angeli come residenza protetta a Raffadali in provincia di Agrigento. Adesso siamo in attesa della conclusione dell’iter amministrativo di connessione con il Gestore dei servizi Energetici e stiamo definendo i documenti e le modalità di gestione dell’energia e dell’impatto sociale, affinché i benefici vadano effettivamente alla comunità.

Come la comunità energetica si lega alla città?

Più che alla città direi alle città, perché siamo siamo partiti da Raffadali ma l’obiettivo è ampliare l’impatto delle iniziative su altre città, replicandola. Ridare non è solo un impianto fotovoltaico, ma una rete di persone che collaborano per il bene comune. Vi è il legame con la comunità locale. La comunità energetica nasce dal basso, con cittadini e realtà locali che ne diventano parte attiva. L’energia prodotta viene reinvestita in progetti di contrasto alla povertà energetica ed educativa. Legame con la sostenibilità. Raffadali diventa un modello di transizione energetica giusta, dove l’energia pulita diventa uno strumento di equità sociale. Dimostriamo che la sostenibilità non è solo per pochi, ma può essere accessibile a tutti. Legame con l’innovazione sociale. Ridare mette in rete cittadini ed Enti del Terzo Settore per creare un nuovo modello di economia collaborativa. Mostriamo che le comunità locali possono essere protagoniste della transizione energetica. Ridare non è solo un progetto energetico, ma un’idea di comunità nuova, più solidale e sostenibile.

Quali sono le prospettive di sviluppo?

Quella di Raffadali, con il primo impianto fotovoltaico installato, rappresenta per noi solo la prima sperimentazione che ha l’obiettivo di costruire e testare il del modello. L’obiettivo è quello di realizzare, nel breve-medio periodo, altre Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali nel territorio delle province di Agrigento e Trapani in modo da rendere l’iniziativa replicabile, scalabile e sostenibile, sia in termini di impatto sociale che economico. Già abbiamo realizzato altri due studi di fattibilità, di cui uno in collaborazione con un Comune. Infatti, vorremmo ampliare il modello di partecipazione prevedendo il coinvolgimento di enti locali con la messa a disposizione di tetti di immobili (ad esempio come scuole), nell’ottica dello sviluppo dell’utilizzo dei beni comuni. La linea guida rimane sempre la concretizzazione di un nuovo modello di transizione sostenibile che non guarda l’interesse del singolo ma quello della comunità.

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