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Rafael, il rifugiato che ha trovato accoglienza e lavoro in Italia

Oggi si celebra la “Giornata Mondiale del Rifugiato”, appuntamento annuale voluto dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla condizione di rifugiati, richiedenti asilo e sfollati nel mondo. La storia di Rafael Landaverde ricorda i milioni di rifugiati che hanno dovuto lasciare il proprio Paese a causa di violenze, persecuzioni, guerre

di Emiliano Moccia

«Parlare dei rifugiati è importante, perché tutte queste persone che scappano dai loro Paesi arrivano con storie diverse e con motivazioni diverse. La gente non lascia il proprio Paese d’origine, la propria casa, i propri parenti perché lo vuole, ma perché vive situazioni particolari, di pericolo, di immigrazione forzata». Rafael Landaverde ha 42 anni e viene da El Salvador. E’ laureato in Informatica e nel suo Paese faceva l’insegnante. Dopo aver denunciato lo spaccio di droga che la mafia locale faceva circolare nella sua scuola, è stato minacciato di morte. Per questo, nel 2019 non volendo rischiare di entrare illegalmente negli Stati Uniti d'America, è stato costretto a lasciare il suo Paese con tutta la sua famiglia per chiedere protezione altrove. E’ arrivato in Italia nel 2020. Prima destinazione la città di Crema, poi la sua accoglienza è stata destinata più al Sud, a Poggio Imperiale.

Rafael, sua moglie ed i suoi due figli piccoli sono tra coloro che oggi celebrano la “Giornata Mondiale del Rifugiato”, appuntamento annuale voluto dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla condizione di rifugiati, richiedenti asilo e sfollati nel mondo. Per l’occasione UNHCR Italia – l’Agenzia dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per i Rifugiati – ha lancia to la campagna Together #WithRefugees per sensibilizzare l’opinione pubblica sul diritto di tutti i rifugiati di essere protetti, chiunque siano e da qualsiasi parte provengano, e di ricostruire la loro vita in dignità. Come Rafael, che adesso vive e lavora con la sua famiglia a Poggio Imperiale, in provincia di Foggia.

Nei mesi di accoglienza nell’ambito del progetto SAI – Sistema di Accoglienza ed Integrazione – promosso dall’Amministrazione Comunale e gestito dalla cooperativa sociale Medtraining, ha vissuto diverse esperienze di formazione professionale e di tirocinio lavorativo, come quella nella Procura della Repubblica presso il Tribunale di Foggia, dove è stato impegnato presso l'URP – Ufficio Ricezione Atti della Procura di Foggia. Adesso, però, il suo percorso di inclusione sociale e lavorativa ha registrato un importante salto di qualità.

«Dopo l’esperienza di tirocinio in Procura ho iniziato a lavorare a Poggio Imperiale presso l’azienda dei Salumi Salcuno occupandomi di aggiornare la pagina web del sito, della pubblicità online, del marketing, mettendo a frutto le competenze che avevo quando vivevo in El Salvador. L’occasione che mi ha offerto il titolare Francesco è stata per me molto importante, un grande segnale di fiducia ed una bella opportunità».

Ma il percorso di Rafael si è ulteriormente ampliato. Perché sempre tramite il progetto SAI «sono stato assunto con un contratto a tempo indeterminato in una cooperativa che svolge lavori presso l’azienda Imeltel di Poggio Imperiale, che realizza cablaggi per qualsiasi tipo di autoveicolo. Quello dell’elettronica è un settore che conoscono perché l’ho studiato e mi fa piacere essere impegnato anche in questo. Oggi» prosegue Rafael «porto avanti questi due lavori: la mattina dalle 8 alle 17 lavoro presso l’azienda di cablaggi, il pomeriggio da casa posso controllare le vendita online dell’altra azienda con cui collaboro. Mi sento molto fortunato per quello che è successo a me e alla mia famiglia. Dopo tutto il dolore provato in questi anni per la lontananza dal mio Paese, adesso le cose vanno molto meglio».

Il sogno di Rafael è di poter «camminare da soli con le nostre gambe una volta usciti dal progetto di accoglienza. Il nostro progetto di vita è di avere una casa nostra: sarà una benedizione per noi e per i nostri figli. A Poggio Imperiale si vive bene. Costa tutto poco e mio figlio può giocare in tranquillità per le strade con i suoi amici. Qui tutti si conoscono e non ci sono problemi. In El Salvador vivevo nella capitale, a San Salvador, dove la vita era accelerata e tutti andavano di fretta. In questo paese i ritmi di vita sono più lenti e viviamo più sereni. Ma soprattutto» conclude Rafael «se un Paese come l’Italia ti apre le porte per accoglierti, come è accaduto a noi, ti devi comportare bene, devi rispettare le regole e contribuire con il tuo lavoro».

Intanto, in occasione della “Giornata Mondiale del Rifugiato” è anche tempo di bilanci. Secondo il rapporto statistico annuale dell’UNHCR “Global Trends”, alla fine del 2021 le persone in fuga da guerre, violenze, persecuzioni e violazioni di diritti umani risultavano essere 89,3 milioni, un aumento dell’8 per cento rispetto all’anno precedente e ben oltre il doppio rispetto al dato registrato 10 anni fa. Da allora, l’invasione russa dell’Ucraina e altre emergenze, dall’Africa all’Afghanistan ad altre aree del mondo, hanno portato la cifra a superare la drammatica soglia dei 100 milioni.

«Ogni anno, nell’ultimo decennio, i numeri sono aumentati», ha rilevato Filippo Grandi, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati. «Se la comunità internazionale non unirà le forze per far fronte a questa tragedia umana, risolvendo i conflitti in corso e individuando soluzioni durature, questa terribile tendenza continuerà». Quella di Rafael è una storia che racconta un lieto fine, che parla di un percorso di accoglienza e di inclusione sociale, lavorativa e culturale che è andato a buon fine. Ma per tanti rifugiati o richiedenti asilo non è così. E lo spirito di questa Giornata particolare invita a riflettere proprio su questo e a spingere governi, Paesi, istituzioni, imprese e realtà del terzo settore a fare di più. Per garantire a tutti le stesse opportunità ed occasioni.

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