Formazione
Piano Scuola Estate: un’ occasione sprecata
Secondo Luciano Squillaci, portavoce del forum del terzo settore Calabria «Ciò che è mancato, probabilmente, è proprio un ragionamento di sistema da riportare poi sui territori. Probabilmente una maggiore concertazione con le parti sociali che si occupano di giovani ed educazione avrebbe consentito di allargare maggiormente gli orizzonti»
Mentre l’ Assessore all’Istruzione della Giunta della regione Calabria, Sandra Savaglio, scrive al Ministro Patrizio Bianchi per dire che «La scuola in Calabria naviga come una nave senza timone», evidenziando «La mancata interlocuzione tra la Regione e l’Ufficio scolastico regionale (Usr) nel momento più fervido per la scuola, quando si prepara al meglio per il nuovo anno, con le incombenze per l’organico docenti e personale Ata, e per l’ottimizzazione degli edifici scolastici e la riorganizzazione degli spazi», prendiamo atto che anche giugno è alle porte. Mese in cui il Piano Scuola Estate (PSE) dovrebbe entrare nella fase uno, quella definita dal MIUR del: “potenziamento degli apprendimenti”.
E se l’ interlocuzione tra la politica e l’ ufficio scolastico regionale langue l’ opportunità di “recuperare la socialità tra studenti, docenti e territorio” (punto 2 del PSE), in Calabria, non naviga in acque migliori.
«Il primo forte limite sono le strutture – dice Anna Primavera Dirigente Scolastico dell’ Istituto Comprensivo Manzoni-Augruso di Lamezia Terme e personalità da sempre impeganata nel sociale – e poi c’è da aggiungere che a fatica abbiamo raggiunto una maggioranza in Collegio Docenti per l’ adesione alle attività del piano scuola estate».
«Che così come presentato – continua – non tiene conto delle difficoltà territoriali. Le strutture, qui da noi non sono adeguate a mitigare le alte temperature che già nei mesi di maggio, e in condizioni di non pandemia, diventano insostenibili per alunni, docenti e tutto il personale della scuola. – E – ribadisce -se questo lo leggiamo anche in chiave sicurezza sanitaria, dove nei mesi invernali siamo stati obbligati a creare classi “bolla” per salvaguardare dai contagi e a fare lezione con le finestre aperte, adesso è molto probabile che andremo incontro ad una contraddizione di metodo, dovendo creare classi miste».
Limite appesantito dalla potenziale mancata adesione dei docenti interni e all’ obbligo dunque di rivolgersi a personale esterno che nella logica della continuità educativa e didattica, potrebbe non avere un risultato ottimale sulla resa dell’ apprendimento.
Questo punto di vista, che pone l’ accento sugli edifici scolastici è evidenziato anche da Luciano Squillaci, portavoce del forum del Terzo settore Calabria. Con il quale proviamo a fare il punto su strumenti e strutture. Su ciò che in Calabria è in essere e un Piano Scuola Estate che potrebbe segnare un cambiamento per una nuova scuola. Ma la Calabria è pronta?
«Il Piano Scuola Estate rappresenta senza dubbio un’opportunità, ma perché un percorso possa effettivamente essere produttivo di cambiamento è necessario che tenga conto delle specificità del territorio sul quale va ad incidere.
In Calabria esistono criticità rilevanti in termini strutturali, e non solo, delle quali non si può non tenere conto se si vuole proporre un piano che abbia concrete possibilità di incidere.
Il periodo di pandemia che abbiamo attraversato in questo anno e mezzo, e che ancora in parte stiamo attraversando, al di là dei debiti formativi e di contenuto, delle criticità emerse dalla didattica a distanza nei processi di apprendimento, ha determinato soprattutto una enorme e tragica “negazione relazionale” nei nostri ragazzi. In particolare la fascia di età più delicata in termini di crescita, quella adolescenziale, ha patito l’assenza di luoghi di relazione, compresa soprattutto la scuola, proprio in quell’età in cui è invece fondamentale l’incontro ed il confronto con l’altro. Ecco perché diventa importantissimo, a mio avviso, che si costruiscano percorsi che consentano prima di tutto il ripristino delle relazioni tra i ragazzi.
Però è un’opportunità che rischia di andare sprecata se si pensa di farlo con le metodologie scolastiche classiche. Le nostre scuole, perlomeno in Calabria, non si prestano ad essere luoghi particolarmente accoglienti, soprattutto in estate (mi risulta siano molti i plessi senza condizionatori e spazi adeguati). Inoltre gli insegnanti, le famiglie e gli stessi ragazzi vengono da un periodo comunque particolarmente stressante, per quanto a distanza, e si rischia che non prendano di buon grado l’opportunità»
-Il ruolo del terzo settore. Cosa c'è di attivo sui territori. Esistono in Calabria Patti educativi di comunità?
«Il terzo settore, e più in generale le comunità territoriali, sono la risposta alle criticità espresse nelle precedente risposta. L’unico modo per rendere “opportunità” reale il Piano Scuola Estate, è la costruzione di programmi integrati sul territorio che possano coinvolgere soggetti del Terzo Settore, che già portano avanti attività estive, laboratori, centri ricreativi, ma anche altre realtà, come ad esempio le parrocchie, gli oratori, i circoli, o ancora le agenzie educative, l’associazionismo giovanile, che magari in queste ore sta programmando campi e soggiorni estivi. Integrare sui territori attività già programmate come GREST o Centri Estivi, con altre possibilità, all’interno di piano unico credo possa essere una risposta interessante. L’importante è che davvero questo piano scuola sia poco scolastico e molto relazionale.
In tal senso il Forum Regione del Terzo Settore aveva avviato un paio di mesi fa, prima che si parlasse di Piano Scuola, una interlocuzione con l’Ufficio Scolastico Regionale guidato dalla dirigente dott.ssa Giovanna Boda, che aveva esitato in una proposta concreta di collaborazione tra scuola e terzo settore da riproporre sui territori. Un’esperienza assolutamente positiva che però si è interrotta a seguito di quanto accaduto alla Dott.ssa Giovanna Boda (ha tentato il suicidio – ndr-) alla quale auguriamo con tutto il cuore una pronta guarigione. Potrebbe essere interessante, visto ora il Piano Scuola, provare a ripartire da quanto già proposto allora».
-Cosa è mancato, secondo lei, nella stesura del PSE e quali possibili proposte. È tutto da buttare?
«Ciò che è mancato, probabilmente, è proprio un ragionamento di sistema da riportare poi sui territori. Probabilmente una maggiore concertazione con le parti sociali che si occupano di giovani ed educazione avrebbe consentito di allargare maggiormente gli orizzonti. Certo non è tutto da buttare, ed alcuni elementi possono essere ritenuti interessanti. Si tratta però di riprogrammarli insieme ai partner sui territori in modo da poter rispondere alle reali esigenze di ragazzi e famiglie. La fase II della socializzazione, ma anche la Fase I, ad esempio, sono occasioni interessanti, purché sia consentito realizzarle anche in modalità esterna alle scuole».
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