Pandemia, la scuola entra nell’ospedale
Un interessante progetto condotto nei reparti di Pediatria e Neuropsichiatria infantile dell’Aou di Sassari. Perché il ricovero in ospedale non deve tenere i ragazzi lontani dalle loro abitudini o dalla vita di tutti i giorni. Cinque ore di lezione al giorno, dal lunedì al venerdì. A volte si va in "aula" anche di pomeriggio, grazie agli insegnanti degli Istituti comprensivi "Monte Rosello Alto" e "Latte Dolce Agro"
La scuola varca la soglia delle strutture ospedaliere, per tenere impegnati i ragazzi costretti a un periodo più o meno lungo di ricovero. Si chiama “Scuola in ospedale” ed è ormai una realtà consolidata che trova un vivo apprezzamento tra i bambini e i ragazzi dei reparti di Pediatria e di Neuropsichiatria infantile dell’Azienda ospedaliera universitaria di Sassari. Non si studia soltanto. Certamente, una particolare attenzione è dedicata a Dante e alla Divina Commedia, alla storia e alla matematica, senza trascurare le materie tecniche come il disegno: i giovanissimi degenti, per esempio, realizzano poster tematici ma sono chiamati ad affrontare anche temi sociali. Il ricovero in ospedale, secondo la filosofia di questo progetto, non deve tenere i ragazzi lontani dalle loro abitudini o dalla vita di tutti i giorni.
«Il ragazzo, affiancato dagli insegnanti, esce dallo status di paziente per cercare di dare un senso alla sua esperienza di malattia e di guarigione. Inoltre, non perde il contatto con la realtà esterna», sottolinea la professoressa Angela Manca, insegnante di italiano, storia e geografia nel reparto di Neuropsichiatria infantile.
Attenzione, non è un passatempo: quella in ospedale è una vera e propria scuola, con un suo codice identificativo o meccanografico e fa riferimento a due istituti scolastici di Sassari. Le scuole dell’infanzia e primaria sono una “costola” dell’Istituto comprensivo Monte Rosello Alto, diretto dalla professoressa Rita Paola Spanedda.
La scuola secondaria di primo grado fa riferimento all’Istituto comprensivo Latte Dolce Agro, diretto dal professor Antonello Pilu. L’iniziativa educativa si inserisce in un contesto delicato e di assistenza globale agli alunni ospedalizzati. Riconosce il diritto allo studio e all’istruzione ai ragazzi ricoverati e impossibilitati a frequentare la scuola.
Dopo un periodo di sospensione delle lezioni, poiché il reparto ha fatto registrare la presenza di alcuni casi Covid tra i giovani pazienti, nella struttura diretta dal professor Stefano Sotgiu sono riprese le lezioni. Gli ospiti della Neuropsichiatria infantile, grazie alle professoresse della scuola media e alla maestra della primaria, non rimangono indietro in italiano, storia, geografia, matematica, scienze, arte, lingue e musica. Istruzione e salute vanno di pari passo e i ragazzi possono recuperare competenze e conoscenze, oltre a mantenere l’equilibrio psicofisico.
«I ragazzi hanno bisogno di parlare – afferma la professoressa Angela Manca – ma anche tanto bisogno di essere ascoltati. Spesso la scuola diventa un contenitore di numeri e, dopo la pandemia, si sono sviluppate fobie e difficoltà a relazionarsi. Il nostro lavoro, adesso, ci obbliga a trovare strategie per coinvolgerli».
I pazienti-alunni si ritrovano con le docenti nell’aula dedicata dal lunedì al venerdì, dalle 8.30 alle 13.30, talvolta anche il pomeriggio, dalle 14 alle 17. In reparto, oltre a una piccola biblioteca, hanno a disposizione un televisore, utilizzato per le giornate dedicate al cinema. «In alcune occasioni – spiega la professoressa Manca – dedichiamo una mattinata a guardare un film, e alla fine ci soffermiamo a discutere e commentare le tematiche legate alla pellicola».
Insegnanti e ragazzi stanno portando avanti un progetto al quale tengono in modo particolare. «Stiamo realizzando un periodico che abbiamo chiamato “Il giornalino dei giusti” – afferma –. Grazie a un computer che ci è stato messo a disposizione, i ragazzi riescono a scrivere e a esprimersi».
La scuola in ospedale aiuta a umanizzare il ricovero e diventa parte integrante del programma terapeutico. «Ha uno scopo pedagogico – conclude la professoressa Manca – e riduce l’ansia dei ragazzi. È uno spazio del cuore e dell’anima, tende a promuovere la crescita dei ragazzi, pur in situazioni difficili».
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