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Padre Loffredo: Ho lasciato Rione Sanità, ma ho piena fiducia nei giovani del quartiere

Padre Antonio Loffredo, dopo più di 20 anni, ha lasciato Rione Sanità. È lui che, insieme ai giovani del quartiere, tra i più difficili di Napoli, ha fatto nascere una delle esperienze più innovative in Italia partendo dalla riqualificazione di un bene abbandonato: la Catacombe di San Gennaro. «Non ho mai pensato di rimanere per sempre», racconta. «Con responsabilità ho atteso la maturazione dei giovani, ho avuto il privilegio di assistere e sostenere la crescita di questa comunità così come ho cresciuti questi ragazzi, non ho nessuna preoccupazione sul fatto che continueranno a fare bene»

di Anna Spena

Fino al 2008 il Rione Sanità veniva evitato persino dai napoletani, oggi invece è una tappa fissa per i turisti e gli stessi cittadini. Il merito è di un gruppo di giovani del quartiere guidati da Antonio Loffredo, un parroco ribelle e illuminato della chiesa di Santa Maria della Sanità ha messo in piedi quello che si chiama il “Miracolo del Rione Sanità”.

Loffredo è arrivato alla sanità nel 2001. Prima ancora aveva servito in una chiesa della periferia est della città e nel carcere di Poggioreale. Ora ha lasciato la parrocchia. «Per me è normale lasciare le parrocchie, nelle mia vita ho sempre iniziato un ministero – dove mi mandava il vescovo – consapevole che poi sarebbe finito. Noi preti dobbiamo durare un po’ più dei presidenti del consiglio e meno dei reali inglesi», sorride Antonio Loffredo. «Non ho mai pensato di rimanere per sempre. Sono arrivato nel 2001, in media un parroco si ferma circa 9 anni, e io invece sono rimasto più del doppio. Con responsabilità ho atteso la maturazione dei giovani, ho avuto il privilegio di assistere e sostenere la crescita di questa comunità».

Facciamo un passo indietro. Nel 2006 padre Antonio e un gruppo di sei giovani volontari nati e cresciuti alla Sanità decidono di fondare insieme la cooperativa sociale La Paranza Onlus. La Paranza nel 2008 si aggiudica un bando di 500mila euro della Fondazione Con il Sud da investire nella valorizzazione di un un bene abbandonato, la cooperativa sceglie le Catacombe di San Gennaro, di cui Loffredo, in quanto parroco della chiesa di Santa Maria della Sanità è stato direttore.

Con quei soldi i ragazzi hanno ripulito le Catacombe, sistemato l’impianto elettrico, formato le guide. Il disegno strategico che si intendeva seguire fin da quando si sono costituiti come cooperativa era quello di recuperare tutti i beni, valorizzarli, per poi immettere in un circuito economico il patrimonio. Quel disegno è diventato un fatto concreto e quindi non solo le catacombe di San Gennaro, ma tra gli altri anche le Catacombe di San Gaudioso, il percorso del Miglio Sacro, la Basilica di San Severo, il Cimitero delle Fontanelle. E l’impatto del lavoro è stato anche quantificato: per Napoli un anno di Paranza vale quasi 33 milioni di euro. Loffredo è prete da 38 anni: «Ho deciso di prendermi un anno di pausa», racconta. «Chiamiamolo un ritorno alla fonte, per riprendermi e fare il punto. Io sono un prete diocesano e quindi ho due amori: Gesù e la città di Napoli».

E su come il Rione ha preso la notizia: «Nelle parrocchie in cui sono stato ho sempre preparato le persone, scherzando dicevo “sta per finire” e poi quando succede veramente non si fanno drammi. Durante il nostro percorso dobbiamo far capire alla comunità che serviamo che stiamo facendo un pezzetto di strada insieme a loro, che siamo accompagnatori e non padroni di quel quartiere, è un ruolo diverso. Ecco io sono l’amico dello sposo. Quello che favorisce l’incontro con Gesù, questo è il mio mestiere. L’ho sempre detto alle persone che dovevano prepararsi a camminare con i loro piedi, è importante anche per me uscire fuori, fare una verifica, capire se ho lavorato bene». E sulle preoccupazioni per i ragazzi del Rione: «Nessuna», chiosa Loffredo. «Il gruppo dirigenziale delle catacombe l’ho incontrato quando era composto da ragazzi di 14 anni, e io li ho cresciuti questi ragazzi, ora sono uomini e donne. Avere preoccupazioni significa non avere fiducia. E se c’è una cosa che ho sempre avuto in loro è la fiducia».

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