Foggia

“Oronero”, quando il calcio valorizza talenti e favorisce l’inclusione

La squadra di calcio Oronero Black & Gold ha sede sociale a Foggia ma gioca nel campo sportivo di Biccari, in seconda categoria. E’ la prima formazione di questo genere nata in Capitanata, ed ha l’obiettivo di migliorare l'integrazione sociale e lavorativa dei calciatori migranti, molti dei quali di grande talento

di Emiliano Moccia

Quando Aliou Sunday è arrivato in Italia a bordo di un barcone, non aveva idea che di lì a poco avrebbe lasciato il mare per avventurarsi in un altro viaggio. Questa volta più sicuro. Fatto di prati verdi, a volte di campi polverosi, ma comunque più sicuro. E che avrebbe valorizzato una delle sue passioni e dei suoi talenti. Perché Aliou, che viene dalla Guinea Conakry e che ha dovuto «scegliere se vivere o morire», da quest’anno fa parte dell’Oronero Black & Gold, la squadra di calcio composta in prevalenza da giocatori migranti che partecipa al campionato di seconda categoria molisana, girone C. La squadra di Oronero Black & Gold ha sede sociale a Foggia ma gioca le sue gare casalinghe presso il campo sportivo comunale “Ralph De Palma” di Biccari. E’ la prima formazione di questo genere nata in Capitanata, che raggiunge un livello così alto di competizione, anche se nella lega dilettanti, tenendo conto della numerosa presenza di cittadini stranieri che vivono non solo nelle città, ma anche negli insediamenti informali, i cosiddetti ghetti sparsi nel territorio. Non a caso, alcuni giocatori arrivano proprio dalla pista di Borgo Mezzanone, il villaggio di cartone e baracche in cui i braccianti agricoli migranti vivono in difficili condizioni igienico-sanitarie-abitative. Ma nello sport e nel calcio stanno trovando una via per il riscatto sociale, per una possibile risposta al loro viaggio migratorio, per migliorare il loro processo di integrazione nelle comunità.

Una formazione della squadra Oronero

«Il nostro progetto si prefigge come principale obiettivo quello di includere e coinvolgere persone che partono da posizioni meno agiate, al fine di promuoverne l’inserimento sociale e lo sviluppo del talento sportivo. Credo fortemente che il calcio possa essere uno strumento per favorire l’inserimento e l’accoglienza di questi giovani migranti, perché agevola tanti momenti di socializzazione, non solo durante gli allenamenti, ma anche quando andiamo fuori, negli altri paesi, per giocare le partite in trasferta». Francesco Padula è l’allenatore della formazione “Oronero Black & Gold”, che ha al suo interno 16 nazionalità diverse. Arrivano da Tunisia, Gambia, Senegal, Guina Conakry, Mali, Marocco e così via. «Molti di loro hanno raccontati di avere visto la morte in faccia durante il viaggio in mare». Una babele di storie e di voci, di dialetti e stili di vita, che si incrocia con quella dei giocatori italiani che arricchiscono il gruppo. E’ il mister che manda messaggi ai giocatori, che li sprona, che cerca di aiutarli a conciliare l’attività lavorativa – la maggior parte sono impegnati in agricoltura – con gli allenamenti, indispensabili per tenere alta la concentrazione e fornire buone prestazioni in campo.

Credo fortemente che il calcio possa essere uno strumento per favorire l’inserimento e l’accoglienza di questi giovani migranti, perché agevola tanti momenti di socializzazione

Francesco Padula, allenatore di calcio

«Uno degli aspetti che più mi piace di questa iniziativa» confida Padula «è la possibilità di poter individuare e scoprire nuovi talenti, inserendoli nella nostra formazione. Nella nostra squadra ci sono diversi calciatori potenzialmente pronti a fare la serie D o anche la C, se sono allentati bene e con costanza. Perché hanno grandi valori umani e sociali, e potenzialità tecniche molto interessanti su cui è possibile lavorare per migliorare». Dopo tanti anni trascorsi sui campi di calcio, il mister Padula ha deciso di orientarsi su questo progetto per dei motivi ben precisi: «Nelle altre società non c’era la possibilità di tesserarli, non avevano spazio per poter giocare. Invece, partendo proprio dal nome che abbiamo dato alla squadra, noi vogliamo valorizzare i loro talenti, le loro qualità, anche perché può diventare per qualcuno di loro, come ci insegna la storia del calciatore del Bologna Musa Juwara, un’occasione per emergere e farsi notare».

Francesco Padula è il primo da sinistra

L’altro motivo che sta dietro la spinta che il mister e la società, con a capo Alberto Bonavoglia, stanno provando a dare ai calciatori, è di dar loro «una sicurezza dal punto di vista documentale, soprattutto per la questione legata ai permessi di soggiorno, che poi diventa indispensabile anche per poter partecipare al campionato e nella loro vita in Italia più in generale. Vogliamo limitare la loro precarietà, aiutarli a trovare un impiego che sia compatibile con gli allenamenti e con uno stile di vita migliore, facilitare la conoscenza della lingua italiana, dello studio, nella ricerca di un’abitazione. Molti di loro arrivano dai centri di accoglienza straordinaria, altri da progetti dedicati ai migranti, ma tanti provengono dai ghetti, che sappiamo bene che condizioni di disagio arrecano alle persone. Insomma, tutta una serie di incombenze che loro magari non sono abituati a vivere, anche a causa della burocrazia o delle difficoltà della lingua». 


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Francesco Padula, allenatore di calcio

E poco importa se al momento la classifica non vede la squadra dell’Oronero Black & Gold ai primi posti, perché ciò che più conta è «il clima che si vive negli spogliatoi e quando si sta insieme» aggiunge Padula. «Il calcio riscatta da tante cose, rigenera, dà nuove energie e distrae da quello che è stato il loro passato, dalla precarietà, dalla vita che fanno tutti i giorni, dal pensiero della scadenza del permesso di soggiorno, dalle necessità di rinnovare i documenti. Lo spogliatoio diventa una bellissima distrazione, un momento in cui fare amicizia, stare insieme e allo stesso tempo diventa un’occasione di educazione al regolamento, al rispetto delle regole, alla puntualità, tutti elementi importanti che poi aiutano ad essere più puntuali e precisi sul luogo di lavoro, ad un appuntamento in Prefettura, nella vita di tutti i giorni». «Sono in Italia da un anno e qualche mese» conclude Aliou Sunday. «Ci divertiamo a giocare tutti insieme e questo mi rende molto contento».

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