Cultura

Mamma Carnevale, la prima donna che denunciò la mafia

Solo la forza dell’amore può consentire a una madre di sopravvivere alla morte del figlio. Una potenza che fa andare a testa alta e sopportare il dolore di una ferita impossibile da rimarginare. Una madre coraggiosa, Francesca Serio, a cui la mafia uccide il figlio Salvatore Carnevale. Una storia raccontata nell’ audio libro scritto da Luana Rondinelli, accompagnato dalle note de “I Musicanti”, che ci arriva con un dono prezioso, raccontandoci una storia di dolore ma anche di resistenza

di Gilda Sciortino

Quali occhi migliori se non quelli di una madre per conoscere un figlio? Quali occhi migliori se non quelli di una madre alla quale hanno ucciso il figlio per guardare dritto in faccia e denunciare gli assassini della carne della sua carne, un figlio cresciuto da sola in una terra come la Sicilia che, soprattutto negli anni Cinquanta ma diciamo pure anche in epoca più recente, non fa sconti soprattutto alle donne.

Francesca Serio era una donna già fuori dagli schemi, ancor di più quando la mafia le uccide il figlio, Salvatore Carnevale, che aveva cresciuto da sola, rimasta presto vedova del marito Giacomo Carnevale. Una vita per nulla semplice, quella che ha vissuto in quel di Sciara, piccolo paese della provincia di Palermo, andando a lavorare nei campi per consentire al suo Tiriddru di studiare e di diventare quel che desiderava diventare. Grazie ai suoi sacrifici, infatti, Salvatore finirà le scuole e, al ritorno dal servizio militare, fonderà la locale sezione del Partito Socialista. In una società dove le donne non dovevamo uscire dalle mura domestiche, Francesca ovviamente stonava, costituiva scandalo.

Ed è con gli occhi di un’altra donna che la storia di Francesca Serio ci arriva come un pugno nello stomaco. “Sciara prima c’agghiorna” è lo scrigno di emozioni che ci regala Luana Rondinelli, attrice, drammaturga e regista. Una piccola grande opera tratta dall’omonimo spettacolo, scritto ed interpretato dalla stessa Rondinelli con le musiche de "I Musicanti" di Gregorio Caimi, ispirato al romanzo “Francesca Serio. La madre” scritto da Franco Blandi, entrambi editi da Navarra Editore. Un testo in siciliano con la relativa traduzione in italiano, corredato dalle foto di scena di Salvatore Sinatra e da un codice QR attraverso cui è possibile ascoltare l'intera pièce, come fosse una sorta di audiolibro. Sette i capitoli – Lu Parto, Lu Travagghio, Sciara, La Politica, Le Minacce, La Mafia e Lu Parto – che ci permettono di conoscere Salvatore/Turiddro Carnevale percorrendo la sua vita, dal momento del parto sino alla sua morte.

Quannu partorisci, lu duluri ti strazza li carni, lu Signuri ti runa una forza accussì ranni…Nisciri viva di tantu supplizzio, far nasciri vita na tuttu stu strazio. Quanno mi misiru na sti vrazza Salvatore, comu vu pozzu spiegare? Fu comu nasciri n’atra vota.

Quando partorisci, il dolore ti strappa la carne, il Signore riesce a darti una forza così grande… Restare viva dopo tanto supplizio, far nascere la vita in tutto questo strazio. Quando mi hanno messo tra le braccia Salvatore, come ve lo posso spiegare? È stato come rinascere nascere.

Forte della sua forza, del suo coraggio, Luana Rondinelli ci regala un ritratto che ci riporta indietro nel tempo e che, sottolineato dalle note struggenti de “I Musicanti”, ci fa inchinare insieme a lei sui campi a raccogliere olive, piselli e mandorle, zappando la terra fino a farsi sanguinare le mani pur di dare a quel figlio che aveva in grembo la possibilità di sognare.

Io travagghiu ogni ghiorno senza sosta e na sta preghiera p ti fazzu una proposta. Talialu tu di dra supra stu figghiu chi mi nasci, chi si na la vita iddru m’arrinesci ‘unn’ava a essiri schiavo di sta genti chi feti comu li pisci. Ava a esseri forti di crisciii senza patri, di essiri patri di di stissu, chi di matri ci penso iu, Gesù Cristu”.

Io lavoro ogni giorno senza sosta e in questa preghiera ti faccio una proposta. Guardalo tu da lassù questo figlio che mi nasce che se nella vita lui si afferma non deve essere schiavo di questa gente che puzza come il pesce. Deve essere forte di crescere senza padre, di essere padre di sé stesso, perché di madre ci penso io, Gesù Cristo.

Sciara, il luogo in cui si consuma la storia di Salvatore Carnevale, al cui fianco ci sarà sempre lei, “Mamma Carnevale”, la voce di una terra che non si arrende, madre siciliana che dedicò tutta la sua vita al figlio, seguendolo quando viene eletto segretario del Partito Socialista Italiano anche nell’occupazione delle terre. Questo, nonostante si rendesse conto che la sua passione lo avrebbe portato alla morte.

Fu proprio la mattina di quel tragico 16 maggio 1955, quando Salvatore stava per uscire di casa per andare a piedi fino alla cava in cui lavorava e dove poi sarebbe stato ucciso, che Francesca gli si avvicina e gli rivela di avere fatto un brutto sogno: "Turiddu, 'sta notte ho fatto un brutto sogno. Stai attento alla cava, tieni gli occhi aperti!". Poche ore dopo una notizia circolerà in paese: u é stato ucciso n uomo. Per Francesca non ci sono dubbi; quell’uomo è sicuramente suo figlio.

Sciara, il piccolo paese in cui Francesca si trasferisce, provenendo da Galati Mamertino in provincia di Messina, e dove decide di mettere al mondo il suo Turiddru, nonostante fosse rimasta sola e non le fosse rimasto che andare a lavorare nei campi. Sciara, che solo nel nome contiene il senso di un’ anima ribelle.

Sciara…dicino chi in siciliano significa “tirreno incolto” , ma significa anche “lava incandescente” e niatri na dru terreno incolto ci facemo nascire soccheggiè!!

Sciara.. dicono che in siciliani significa terreno incolto… e noi in quel terreno incolto ci facciamo nascere qualunque cosa.

«Mi affascinava questa parola in dialetto», – scrive ancora Luana Rondinelli «mi affascinava che conservasse in sé due significati così diversi. Ma Sciara è anche il paesino della Sicilia che non conoscevo, come non conoscevo la storia di Francesca Serio e di Salvatore celebrato da Buttitta ne “Lamento pì la morti di Turiddu Carnivali”. Una frase in particolare della poesia mi risuonava in testa: “Prima c’agghiorna trovu l’assassinu e ci scippu lu cori cu’ sti manu”. Da qui il sottotitolo: “Prima c’agghiorna!”. Quando Gregorio Caimi mi ha parlato del libro e del suo desiderio di farne uno spettacolo teatrale ho cercato di conoscere questa figura di donna e ne sono rimasta rapita. Per renderla dal punto di vista teatrale l’ho guardata negli occhi e ho visto prima di tutto una madre, la madre di Salvatore, un ragazzino cresciuto in un paesino della Sicilia. Mi sono immedesimata in questa figura materna così “tipicamente sicula”, ma anche così incredibilmente avanti nel suo approccio con la vita. Francesca aveva intuito la missione di Salvatore e sin sa subito ne ha rispettato le scelte incoraggiandolo e preparandogli il terreno perché quella storia di dolore era già stata scritta si, ma in cuor suo sapeva che, grazie a lui, le cose sarebbero potute cambiare. Una donna rivoluzionaria che si è opposta fermamente agli stereotipi femminili del suo tempo, periodo in cui le donne erano relegate a casa a svolgere le mansioni domestiche, donne considerate oggetto e merce di scambio».

Ancora più forte Francesca nel quadro in cui Luana la immagina a dialogare con la mafia contro cui questa donna straordinaria, orfana del figlio, incarna tutte le madri del mondo e, privata brutalmente dell’amore viscerale, non solo ha la forza di combattere una realtà difficilissima, ma riesce anche a denunciare a viso aperto ogni singolo assassino. La prima donna in assoluto della storia a farlo.

Mi piaci taliariti ‘nt all’occhi, picchì di tia io num mi scanto. Chi si m’avissi scantato accomora già avissi morto. Fimmina puru tu e matri di sgti figghi vigliacchi. Matri coma a mia di stu figghiu ammazzato pi manu tua. Non la calo la testa, nuim mi zittu. Tu si fatta pi cusiri la vucca ali genti. pi rumpiri li spiranzi. Io pi parlari di giustizia, sugnu ‘gnoranti, ma una matri no la fermi. Sugnu Francesca Serio e tu la mafia c’ammia nun m’ammazza. Denuncio Giorgio Panzeca e Antonio Mangiafridda. Denuncio Luigi Tardibuono e Giovanni Di Bella. Denuncio i mafiusi chi m’astutaru sta stiddra. Denuncio la mafia e non solo quella. Denuncio la gente chi di la mafia nun si spogghia. E puru si la liggi ritrattao lu misfatto. Denuncio lo Stato e ne pigghiu attu. Chi stu figghiu ricurdatu ri tanti cristiani. Morto pi cuippa di dri mani. Dall’ergastolo all’assoluzione. Mi l’ammazzaru du vote, senza raggione!

Mi piace guardarti negli occhi, perché ti te io non ho paura. Che se avessi paura sarei già morta. Femmina pure tu e madre di questi figli vigliacchi. Madre come me di questo figlio ammazzato per mano tua. Non abbasso la testa no, non mi sto zitta. Tu sei fatta per cucire la bocca alla gente, per rompere le speranze. Io per parlare di giustizia, sono ignorante, ma una madre non la fermi. Sono Francesca Serio e tu la mafia e tu la mafia che a me non mi uccide! Denuncio Giorgio Panzeca e Antonio Mangiafridda. Denuncio Luigi Tardibuono e Giovanni Di Bella. Denuncio i mafiosi che hanno spento la mia stella. Denuncio la mafia e non solo quella. Denuncio la gente che della mafia non si spoglia. E pure se la legge ha ritrattato il misfatto. Denuncio lo Stato e ne prendo atto. Che questo figlio ricordato da tanta gente. Morto per colpa di quelle mani. Dall’ergastolo all’assoluzione. Me lo hanno ucciso due volte senza ragione!

Un libro da leggere, ascoltare, quasi impossibile da non sentire, interiorizzare e fare proprio immaginando di essere al fianco di una donna che inconsapevolmente ci ha insegnato cosa vuol dire essere donna, madre, terra, voce, cuore, vera paladina della lotta alla mafia.

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