Educazione

Ma quale esercito? Contro il disagio giovanile serve una comunità di educatori ed educatrici

L’Albergheria e il Borgo Vecchio, rispettivamente nel centro storico e nel salotto buono di Palermo, sono i due quartieri nei quali per i prossimi cinque anni quaranta educatori ed educatrici saranno ogni giorno in classe a fianco di insegnanti, proponendo percorsi educativi anche alle donne con fragilità causate dalla pandemia. Un intervento dell’associazione “Per Esempio”, in partenariato con Libera Palermo e Cesie

di Gilda Sciortino

Non saranno certamente le pene più severe e la repressione, invocate dalle istituzioni a più livelli, a contrastare disagio giovanile e criminalità minorile.  Preoccupa, chi lavora sul territorio per sostenere e accompagnare fragilità diffuse nelle periferie di città come Palermo, sentire ipotizzare interventi di militarizzazione degli spazi urbani, invocando l’uso dell’esercito, senza peraltro prevedere parallelamente interventi su più piani, enormi investimenti nell’educazione, nella prevenzione e nel reinserimento nella società dei ragazzi che commettono reati, mancando una visione a lungo termine, un progetto serio capace di andare oltre la propaganda e di guardare ai prossimi dieci anni.

Neanche tanto lontane nel tempo le parole di Gesualdo Bufalino che, dopo la morte dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, scriveva che sarebbe stato un esercito di maestre elementari a vincere la mafia.  

Lanciamo una sfida con la nostra voglia di guardare negli occhi i nostri ragazzi

– Claudio Arestivo, presidente di “Per Esempio”

Maestre e insegnanti che, però, da soli oggi non ce la possono fare. Ecco il valore dell’apporto di quel terzo settore che ogni giorno è presente nelle nostre periferie, costretto a sopperire alle tante mancanze dell’istituzione pubblica.

Educatori ed educatrici che rifuggono dall’idea di esercito, in quanto l’immagine rimanda a scenari di violenza, ma vogliono essere comunità investendo le proprie energie per le ragazze e i ragazzi, soprattutto quelli più a rischio di marginalità.

Una risposta concreta dell’associazione “Per Esempio”, attiva da oltre dieci anni nel settore, arriva grazie alla convergenza nei quartieri Albergheria e Borgo Vecchio di interventi illuminati come quelli sostenuti dalla Bolton Hope Foundation e da Alliance for Gender Equality in Europe, ma anche dal programma comunitario Erasmus+, con la collaborazione degli istituti Lombardo Radice e l’IPSSAR Borsellino, oltre che di organizzazioni come Libera Palermo e Cesie.

Un vero e proprio progetto educativo, appena partito, per il contrasto alla dispersione scolastica e al disagio giovanile, ma anche per l’empowerment di genere, con una squadra di 40 professioniste e professionisti che scenderanno per le strade per contribuire a curare le ferite dei quartieri palermitani più complessi e far sì che tutte le ragazze e i ragazzi siano destinatari di percorsi di cura dedicati e a propria misura.

Al Borgo Vecchio e all’Albergheria si corre per stare più vicini (foto ufficio stampa “Per Esempio”)

Una nuova sfida, quella lanciata con la sperimentazione in classe della figura dell’educatore a fianco di quella dell’insegnante, nel quartiere Albergheria, e di nuovi percorsi educativi, al Borgo Vecchio, rivolti ai giovani e agli adulti, pensati soprattutto per le donne e le ragazze che dalla pandemia in avanti si sono trovate ad affrontare fragilità e instabilità ancora più grandi di prima, che vanno dalla perdita del lavoro alle gravidanze precoci sino al carico eccessivo di cura domestica e familiare.

«Abbiamo voluto parlare di comunità di educatori ed educatrici, 24 all’Albergheria e 16 a Borgo Vecchio, e non di esercito che in questo momento viene evocato come risposta alle situazioni di criticità». – afferma Claudio Arestivo, presidente di “Per Esempio – «In collaborazione con Libera e Cesie, nostri partner al Borgo Vecchio, abbiamo studiato una strategia di intervento massiccia che preveda una presenza costante nelle scuole e nelle strade dei quartieri. Siamo felici perché finalmente, dopo anni, riusciamo ad andare oltre la logica del singolo progetto. All’Albergheria c’è un gruppo di 24 operatori e operatrici che per due anni saranno presenti ogni mattina nelle classi della “Lombardo radice” a fare attività di co-progettazione e co- conduzione insieme agli insegnanti, apportando una competenza più di tipo non formale che andrà a supporto delle situazioni che hanno bisogno di un’attenzione maggiore. Un intervento sperimentale abbastanza innovativa per i nostri quartieri e la città, mentre la Boston Hope Fondation a Torino la sperimentata da molti anni. Una chiave di volta veramente interessante».

Le buone pratiche non possono essere a carico solo del Terzo settore ma devono diventare interventi strutturali della politica

– Camelo Pollichino, presidente Libera Palermo

Altro genere di realtà il Borgo Vecchio dove la rete associativa è ancora particolarmente fragile. È anche un contesto territoriale assolutamente diverso da quello che si può trovare nel centro storico.

A dispetto della sua posizione geografica, appena dietro il centralissimo Teatro Politeama, infatti, Borgo Vecchio risulta nell’immaginario collettivo, anche a causa delle sue peculiari caratteristiche – lavoro precario e disoccupazione, alta densità abitativa, diffusa microcriminalità, bassa scolarizzazione ed elevato tasso di dispersione scolastica, servizi pubblici e sociali carenti, spazi di aggregazione e offerta educativa e culturale scarsi, se non inesistenti – una periferia nel pieno centro della città.

a squadra di educatori ed educatrici in campo (foto ufficio stampa “Per Esempio”)

Un quartiere ai margini del “salotto buono” che Palermo sembra dimenticare quando si parla di diritti e servizi, ma del quale si ricorda solo quando la cronaca accende i riflettori sulle tante complessità.  

La campagna “Fateci Spazio”, portata avanti tempo fa con diversi abitanti del quartiere, per esempio, denunciava proprio la mancanza di luoghi di prossimità liberi e gratuiti da trasformare in spazi di crescita, emblema di una grave disattenzione istituzionale di cui pagano il prezzo soprattutto i giovani.

 «Io ho sempre lavorato a Borgo Vecchio» – dice Martina Riina, antropologa, coordinatrice di equipe di “Per Esempio” – «e i progetti che portiamo avanti in questo quartiere sono sempre di educativa legati appunto anche al lavoro con la scuola.  I 14 tra educatori ed educatrici selezionato lavoreranno con ragazzi e ragazze di età compresa tra gli 11 e 18 anni, quindi adolescenti che frequentano le scuole medie e superiori. Svilupperemo una didattica integrale, proponendo metodi di educazione non formale, che è sempre stata la nostra metodologia di base. Un tipo di lavoro misto tra didattica tout court, laboratori creativi e non solo, offrendo l’occasione di stare dentro la scuola in maniera diversa».

Tre nello specifico i progetti che prenderanno vita al Borgo Vecchio.

«Due sono incentrati sul femminile». – aggiunge Riina -, «quindi legati allo sviluppo di percorsi di autonomia, di consapevolezza e benessere per donne e ragazze. L’altro è un progetto finanziato dal ministero per la Coesione Territoriale, in continuità con il lavoro che portiamo avanti dal 2012 con adolescenti, bambini e ragazzi del borgo vecchio, e prevede attività di supporto alle famiglie e alla genitorialità, creando anche momenti assembleari e di riflessione collettiva. Un percorso che potenzieremo nel nuovo centro educativo che dovremmo aprire nel giro di due o tre settimane al civico 69 di via Archimede. “Al centro”, questo il suo nome, sarà uno spazio nel quale si avvicineranno scuola, famiglia e territorio. Grazie ai metodi dell’educativa di strada e dell’educazione non formale, del lavoro di prossimità e della peer education, in cui sono i giovani stessi che si fanno carico del percorso di crescita di altri giovani che vivono o hanno vissuto le stesse problematiche, “Per Esempio” lavorerà al contrasto della diffusa povertà educativa, sociale, culturale ed economica, valorizzando la scuola grazie ad attività curricolari realizzate insieme ai docenti, insistendo sull’empowerment familiare e portando avanti percorsi educativi complementari a quelli scolastici, come laboratori e campi estivi. Il tutto, in un luogo privilegiato di incontro e di scambio per promuovere modelli positivi, coscienza critica, corresponsabilità e senso di aggregazione».

Ma come tutte le più belle storie, prima di arrivare alla realizzazione del sogno, c’è sempre qualche ostacolo da superare. I fondi non riescono a coprire tutte le spese per arredare la struttura, acquistare attrezzature elettroniche, libri e materiale didattico per bambini e adolescenti, rendendolo quel luogo perfetto e piacevole nel quale, soprattutto i più piccoli, possano trascorrere i loro pomeriggi e il tempo libero dallo studio immersi nella bellezza di uno spazio che guardi al futuro.

Ecco il perché della campagna di crowdfunding (https://www.gofundme.com/f/torniamo-al-centro ) che chiama tutte le cittadine e i cittadini a partecipare alla costruzione di uno spazio di ricerca educativa, accogliente e aperto alle diversità, dove sia possibile studiare, creare ed esprimere ogni fragilità e desiderio.

E parlando sempre di spazi bisogna guardare anche a quelli sportivi che, al pari degli altri, sono fondamentali, non solo per aggregare i più piccoli, ma anche per gli stessi genitori.

«Prima del Covid» – ricorda l’antropologa di “Per Esempio”«eravamo riusciti a recuperare un campetto all’aperto nel cuore del quartiere, una volta discarica, una colata di cemento nel nulla. Insieme agli abitanti». lo avevamo reso fruibile portando una ventata di gioia nel territorio. Oggi è tornato quasi al punto di partenza, a causa della neanche minima manutenzione da parte del Comune che lo ha reso inutilizzabile. Noi ci rimboccheremo le maniche per restituirlo nuovamente alla comunità. Lavoreremo in sinergia con le famiglie, che negli anni si sono sempre rivelate eccezionali, collaborative, generose e presenti, a differenza delle istruzioni pubbliche. Basta criminalizzarle perchè sono le uniche a interessarsi dei loro figli. Anche gli ultimi fatti di cronaca ci hanno dimostrato che abbiamo una società violenta e che le istituzioni sono latitanti. Se le violenze partono dell’alto, figuriamoci un ragazzino che vive in povertà, magari anche abusato…».

L’educazione come strumento per contrastare la mafia. Come diceva Bufalino.

Azione di contrasto che al Borgo Vecchio vede presenti e pronti a mettersi in moto partner come il Cesie e Libera Palermo.

«Ci occupiamo da sempre di contrasto alla criminalità e alle mafie» –  sostiene Carmelo Pollichino, presidente di Libera Palermo – «e la risposta migliore continua a essere favorire lo sviluppo nelle persone della consapevolezza dei propri diritti per un progetto di vita che abbia senso. Oggi, però, la scuola ha bisogno di supporto perché sta perdendo la sua funzione educativa in quanto è focalizzata totalmente sulla didattica. Il senso della presenza di Libera è per stimolare anche una trasformazione degli interventi che si realizzano, dando loro continuità. Le buone pratiche non possono essere a carico solo del Terzo settore ma devono diventare interventi strutturali della politica. La frustrazione per il fallimento di questi interventi deriva anche dalla scarsità di risorse, dalla fatica che deve fare chi è costantemente sul territorio e lavora sulle fragilità. Quello che, quindi, chiediamo alla politica è di farsi carico di queste buone pratiche, trasformandole in interventi che la pubblica amministrazione si deve intestare per dare modo al Terzo settore di continuare a sperimentarli, rendendoli strutturali attraverso l’intervento pubblico».

In apertura i ragazzi del Borgo Vecchio riscoprono la socialità (foto ufficio stampa “Per Esempio”)

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