Povertà educativa
Lecce, l’officina didattica dove nascono nuovi talenti
Il progetto è promosso dalla Fondazione Caritas Diocesana Lecce per contrastare la povertà educativa ed il rischio di abbandono scolastico. Sono coinvolti 80 ragazzi in situazioni di fragilità provenienti da due istituti scolastici della città, in laboratori di formazione e di educazione in materie come cultura, arte e scienze
«C’è un bisogno pazzesco di attività educative rivolte ai minori. Non solo per contrastare il fenomeno della povertà educativa, ma anche per incidere nei campi dell’inclusione sociale, della sicurezza, dell’inserimento lavorativo, della formazione. Per questo, stiamo operando per estendere l’iniziativa al maggior numero di ragazzi e ragazzi, perché vogliamo offrire loro un futuro migliore». Salvatore Renna è consigliere di amministrazione della Fondazione Caritas Diocesana Lecce e, soprattutto, è il responsabile dei progetti sulle povertà educative e di contrasto al rischio di abbandono scolastico che la Caritas diocesana realizzata attraverso la sua Fondazione.
Come il “Laboratorio dei Talenti – Officine didattiche”, partito lo scorso anno presso l’istituto comprensivo “Stomeo Zimbalo” di Lecce ed esteso, in questa nuova fase di programmazione, anche alla scuola “Alighieri Diaz” coinvolgendo «circa 80 ragazzi e ragazze che sono in situazioni di fragilità sociale in attività educative e didattiche. Perché per uscire dalla povertà educativa, la leva della cultura diventa di un’importanza fondamentale. E mi meraviglio del fatto che ancora oggi si fa fatica a capire che la scommessa per prevenire e contrastare casi di povertà educativa e di abbandono scolastico è proprio quella di puntare sull’educazione, in tutte le sue forme: la scuola la mattina deve essere luogo di insegnamento didattico, mentre il pomeriggio può diventare un punto in cui promuovere laboratori» spiega Renna.
Per uscire dalla povertà educativa, la leva della cultura diventa di un’importanza fondamentale
– Salvatore Renna
Ed è proprio su questo concetto che prende spunto il progetto “Laboratorio dei Talenti”, che può contare sulla partnership scientifica del DiSUs – Dipartimento di Scienze Umane e Sociali della Università del Salento, il quale – sulla base di un Protocollo di Intesa triennale siglato nel 2022 – mette a disposizione le proprie competenze e metodologie formative in ambito educativo, pedagogico e sociologico. Dieci educatori ed educatrici che seguono i giovani partecipanti dell’officina in tutto il percorso. «Abbiamo iniziato lo scorso anno nell’istituto “Stomeo Zimbalo”, che si trova nella zona 167 di Lecce, un quartiere popolare, dove abbiamo seguito figli di carcerati, ragazzi in povertà sociale ed economica o provenienti da situazioni difficili. L’impegno ci ha premiato, perché abbiamo ottenuto subito risultati importanti, come nel caso di due fratellini senegalesi che avevamo ormai abbandonato i banchi e poi sono stati reinseriti nel circuito scolastico. Ma di esempi positivi ce ne sono tanti. Quest’anno, invece, abbiamo pensato di coinvolgere anche l’istituto “Alighieri Diaz”, anche perché nella scuola media registriamo più problematiche legate al rischio di dispersione scolastico, senza contare che in questa scuola la percentuale di alunni immigrati sfiora il 42% del totale» evidenzia Renna. «Molti di questi ragazzi hanno genitori che non parlano la lingua italiana, per questo con l’Università di Lecce abbiamo pensato di attivare una scuola di italiano che camminerà in parallelo con i laboratori destinati ai loro figli».
L’Officina dei Talenti, dunque, prevede una serie di azioni tra loro interconnesse, capaci di stimolare interesse nei giovani partecipanti a materie come cultura, arte, scienze. Ma allo stesso vuole favorire lo sviluppo del pensiero critico, far visitare i luoghi d’arte della città, promuovere senso di appartenenza al territorio.
«La prima ora dei laboratori viene dedicata all’aiuto per i compiti» dice Renna «per poi passare alle varie attività, come musica, cinema, teatro di carta (kamishibai), tecnologia, cibo, gioco ed attività fisiche, scrittura creativa, potenziamento della lingua, ampliamento del vocabolario. Tutte competenze che possono essere anche spese in futuro nel mercato lavorativo». Il sogno, adesso, è quello di «estendere ulteriormente la platea dei beneficiari, intercettando ulteriori risorse economiche che ci permettano di svolgere un intervento più ampio» conclude Renna.
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