Povertà educativa
L’arte circense si prende cura della comunità
Un festival, il Ballarò Buskers, che in soli tre giorni riesce ad animare il centro storico palermitano dando nuova luce alle sue tante piazze e vicoli, trasformandoli in spazi di cultura in cui, a essere protagonista, è la comunità. Associazioni, parrocchie, scuole e cittadini insieme, in risposta a chi vuole identificare questo particolare contesto urbano del capoluogo siciliano meramente come luogo di spaccio, consumo e degrado. In poche parole, l’arte che cura e salva dall’abbandono
Funamboli, giocolieri, equilibristi, clown, palcoscenici circensi che non vogliono solamente strappare qualche sorriso, ma puntano a fare riflettere svelando le sfumature che appartengono a quartieri considerati da sempre “a rischio”. Un arcobaleno di colori, sfumature dell’anima che raccontano come, in una realtà del centro storico qual è l’Albergheria, quartiere simbolo della multiculturalità di Palermo, sintesi delle conflittualità sociali che appartengono ai tempi che stiamo vivendo, possa un “Festival internazionale di circo contemporaneo e teatro di strada” dare vita a una narrazione corale che parte e si focalizza sulla persona, soprattutto in virtù del fatto che proprio il centro storico di Palermo è il luogo nel quale si dipanano storie di vita legate al consumo e allo spaccio di sostanze stupefacenti, creando dipendenze e sempre più fragilità di giovani “invisibili”.
Non è, infatti, un caso che il “Ballarò Buskers”, questo il nome del festival che si sta svolgendo in questi giorni a Palermo, abbia scelto come tema di questa settima edizione “Spazi di cura. Cura degli spazi“, accendendo i riflettori su quelli sottratti al degrado e all’abbandono e trasformati in luoghi di aggregazione, comunitari. Piazzetta Schiera, Ecce Homo, Mediterraneo, Sette Fate, Santa Rosalia, Giovanni Naso, Vicolo Gallo e piazza San Nicolò all’Albergheria, sono solo alcuni esempi di contesti in parte riqualificati, in altra parte resi visibili grazie a iniziative come questa e che, una volta “curati”, offrono l’opportunità peer ridurre il degrado e migliorare la vita di chi abita e vive l’Albergheria.
Quando un quartiere riesce a creare un modello adottato dalla città hai creato comunità. Ma anche un piccolo miracolo
– Don Enzo Volpe, Casa Àncora
Cura degli spazi animati e riqualificati dal festival in questi anni, dunque, stimolando proposte su come rendere continuativa la loro fruizione, avvicinandola ai bisogni sociali e alle aspirazioni della collettività. Riflessioni a cui riesce a dare vita Comunità Responsabili – Core, un progetto guidato da Libera Palermo contro le mafie e sostenuto da Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile, attivo nel quartiere Albergheria grazie a un partenariato che vede operare in sinergia le associazioni del terzo settore – Libera Palermo, Per Esempio Onlus, Cesie e Ubuntu – e le scuole Liceo Scientifico Benedetto Croce, Istituto Magistrale Regina Margherita e ICS Lombardo Radice – con la partecipazione di “Present 4 Future”, progetto di inclusione sociale ideato da BPER Banca insieme alla Fondazione Gruppo Abele, il cui obiettivo è il potenziamento della comunità educante della Prima Circoscrizione di Palermo e dei suoi interventi di contrasto alla povertà educativa e di argine al controllo mafioso, anche attraverso la creazione di occasioni di protagonismo per i minori tramite azioni di cura del proprio territorio e il coinvolgimento dei genitori.
Ed è tra mille sfumature, proprio come un funambolo, che prova a stare in equilibrio l’Albergheria, con tante operose realtà – associazioni, cooperative, circoli, parrocchie, oratori e commercianti – che quotidianamente cercano di migliorare il contesto che le circonda, con il vivace e popolare mercato di Ballarò, sempre aperto e accogliente. Proprio in mezzo, e grazie, a tutto questo vitale meltin-pot popolare e fermento culturale, nasce il Ballarò Buskers.
«Quello che è bello e che ci dà il segno che l’idea iniziale era quella vincente – dice Don Enzo Volpe che, insieme a suor Maria Teresa Luisa, ha creato e gestisce “Casa Àncora”, luogo nel quale soprattutto donne e bambini possono trovare riparo da situazioni di abbandono, povertà, solitudine e disagio – è il fatto che ciò che sembra riguardare solo il centro storico, quindi una zona ben delimitata della città, è diventato patrimonio di tutta Palermo. Qui si è compiuto un piccolo miracolo creando comunità attraverso la cura degli altri. Un festival che è la risposta ai processi violenti e per nulla partecipativi che ci offre la mafia impedendo legami di socialità. Il “Ballarò Buskers” dimostra che possono nascere processi virtuosi attraverso la creazione di reti che vedono insieme tanti soggetti: i mercatari di Ballarò, le parrocchie, le associazioni, i cittadini. Tutti insieme, ognuno con la propria specificità, per dimostrare, in questo caso attraverso le arti circensi, come prendersi cura delle persone».
Una rete la cui forza è data anche dalla partecipazione attiva dei volontari, più di cento quest’anno.
«Una parte arriva dalla vecchia guardia, ma molte sono forze nuove che hanno subito risposto al nostro appello – aggiunge Agnese Pagani, coordinatrice insiene a Lara Salomone ed Emanuela Firetto della nutrita squadra sguinzagliata lungo le tante soste del festival -. Per tutti non ci sono dubbi, la magia che il Ballarò Buskers porta in strada è quella che vede spettacoli uscire dai luoghi chiusi per trasformarsi in occasioni di socialità. Soprattutto in contesti come quello del centro storico di Palermo. In una sola parola definirei questo festival “rivoluzionario” perchè fa comprendere, a chi è sempre stato escluso da determinate logiche, il senso della condivisione. Se non è rivoluzione questa!!!».
«Lo abbiamo sperimentato sul campo. Più che di modelli punitivi, i giovani hanno bisogno di riferimenti, di guide, ma anche di spazi fisici e relazionali in cui sentirsi ascoltati e accettati, in cui poter fare la propria parte e dare il proprio contributo. Negli anni passati – spiega Eliana Messineo, coordinatrice di Core – hanno preso parte al festival, come volontari, giovani inseriti in percorsi di giustizia riparativa, mentre quest’anno ci sono studenti e studentesse delle scuole dell’Albergheria, già attivi nel volontariato e nell’impegno dentro la rete di Libera. ÈE la concretizzazione di quello che riteniamo fondamentale e cioè l’importanza di diffondere queste pratiche di comunità e di cittadinanza, capaci di creare legami intergenerazionali, arginando fenomeni come l’isolamento sociale, le dipendenze patologiche, il dilagare drammatico del consumo di stupefacenti, il rischio di scelte di vita malavitose che, per contro, aumentano il potere e il controllo delle mafie sul territorio e sulle vite delle persone».
Pregna di significato anche la veste grafica, una serpe verde attorcigliata attorcigliata al corpo di una donna in campo d’oro.
«Nella storia della nostra città – sottolinea Manuela Di Pisa, che firma l’art work, ossia la grafica – la serpe è lo stemma simbolo del quartiere Albergheria, che abitava il Kemonia, il “fiume del maltempo”. In questa edizione del Festival una donna accarezza il serpente-quartiere: la nostra artista rappresenta chi ogni giorno si prende cura degli spazi della comunità. Con i suoi colori e la sua gentilezza ammansisce le vie, accoglie e si fa accogliere dalle strade e dalle piazze, come in una sinuosa danza collettiva che salva».
L’Albergheria, dunque, come luogo in cui l’anima può respirare e in certi casi sanarsi attraverso l’arte, «espressione – ci tiene a sottolinearlo il direttore artistico del festival, Riccardo Strano – della metafora degli spazi che riassume tutte le forme di attenzione e di cura speciale che tutta la comunità di Ballarò ci tiene ad avere».
Nella foto di apertura lo stupore dei bambini davanti alle attività circensi (foto gentilmente concessa dall’ufficio stampa del “Ballarò Buskers”)
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