Economia
La Kasbah mazarese nella quale si gusta la cultura araba
Nel cuore del centro storico di Mazara del Vallo sorge "Habibi", una piccola oasi dove gustare le pietanze tipiche arabe, ma nella quale si può incontrare emozionalmente una comunità di giovani tunisini di seconda generazione che animano la cooperativa sociale agricola “Terre senza frontiere”
Si attraversa la storia passeggiando nel centro storico di Mazara del Vallo, le cui vie e viuzze presentano ancora i tratti singolari dei quartieri a impianto urbanistico arabo, tipico delle medine. Un viaggio di conoscenza, quello che si fa nella Kasbah mazarese, percorrendo la quale si arriva in via Garibaldi, in una piazzetta nella quale non puoi non fermarti, visto il suo aspetto già di per se accogliente. Basta, infatti, volgere lo sguardo a destra ed ecco che si aprono le porte di un luogo che ti raggiunge con i profumi mediterranei della cultura gastronomica araba.
Non è neanche un caso che il suo nome è la sintesi di quello che trova chi decide di varcare la soglia e accomodarsi a uno dei tavoli di Habibi, dove sin da primo momento si riesce a vivere il senso di un progetto che viene espresso già dal suo nome. Habibi, infatti, vuole dire “Amore Mio” ed è proprio quello che si sente quando si decide di trascorrere un qualunque momento della propria giornata in questo ristorante, nato il 12 luglio del 2021 grazie ai contributi della Fondazione Haiku Lugano, della Fondazione Migrantes e della diocesi di Mazara del Vallo con i fondi dell’8 per mille della Chiesa Cattolica e l’Istituto delle Francescane Missionarie di Maria.
Non un punto nel quale semplicemente pranzare o cenare, ma uno spazio comunitario di ristorazione che, a partire dal cibo e dalle tradizioni del bacino del Mediterraneo, si presenta come proposta culturale di integrazione, scambio e conoscenza delle diversità. A gestirlo è la cooperativa sociale agricola “Terre senza frontiere”, nata a maggio 2020, della quale fanno parte giovani originari di diverse parti del bacino Mediterraneo, le cui differenti lingue, culture, tradizioni e religioni danno vita a un mix di saperi che arricchiscono non solo loro.
«Siamo un gruppo di giovani nati e residenti a Mazara del Vallo – spiega Naoires Ben Haddada, appena 23 anni e presidente della cooperativa – che ha deciso di lanciarsi in un’avventura sempre più emozionante. Amiamo accogliere chi varca la soglia di quella che consideriamo casa nostra e non un semplice ristorante. Siamo felici quando le persone vanno via con il sorriso sul volto, dopo avere vissuto un’esperienza di conoscenza attraverso i nostri piatti. Forse anche perché li narriamo attraverso quello che rappresentano nel nostro paese».
Pietanze tipiche tunisine nelle quali potere trovare qualche richiamo alla cucina siciliana, ma senza sperimentazioni azzardate che allontanano da ogni tradizione.
Ecco, dunque, gli abbondanti antipasti a base di Brick con Gambero Rosso, Tajene Jeben, Humus, Kamounia, Harissa, Harissa Mechiwia, Kefta e Sarde a beccafico che già da soli basterebbero a soddisfare chiunque. Impossibile, però, rinunciare a gustare il profumatissimo cous cous in zuppa di polpo, ma anche con carne di agnello, frutta secca, curcuma o con finocchietto selvatico; come anche il riso con zafferano e frutta secca ricco di spezie e ingredienti, accompagnato con la carne cucinata nella gargoulette.
Un vero viaggio nei sapori e profumi mediterranei che si può fare insieme ad Hana, Zidan, Salah, Rania e Hassan – solo quest’ultimo bengalese –, giovani ormai pienamente inseriti nel tessuto sociale, culturale e produttivo mazarese. Nuove generazioni che proteggono e diffondono ilo loro patrimonio, dimostrando concretamente la tradizione che riesce a passare di generazione in generazione, non disperdendo il suo valore.
Un progetto, Habibi, che parte dall’amore per la terra e che vede la cooperativa “Terre senza frontiere” nascere anche per coltivare un terreno con uliveto e nel quale era partita anche un’attività di apicultura.
«Purtroppo il Covid ci ha bloccati – spiega Giuseppe Ferro, uno degli operatori dell’associazione dell’associazione “Casa della Comunità Speranza" che, insieme alla cooperativa FO.CO. e la Caritas Diocesana di Mazara del Vallo, coordina il progetto che dà vita alla cooperativa – ma stiamo ripartendo. Siamo un’associazione che lavora con i minori stranieri accompagnati di seconda e terza generazione, quasi tutti tunisini e residenti nel centro storico di Mazara. "Habibi" è solo una delle tappe che dà risposta ai giovani che seguiamo da tempo e che sono cresciuti con noi. Crediamo nei ponti tra culture. Grazie alla campagna CEI “Liberi di partire liberi di restare”, infatti, stiamo portando avanti un progetto in Tunisia contro le migrazioni forzate per fare in modo che, attraverso alcune attività lavorative, i giovani non salgano sui barconi per venire a cercare opportunità lavorative in Europa rischiando la vita. Il progetto si svolge in collaborazione con i Salesiani a Manuba, nella periferia di Tunisi, poi sotto al confine con la Libia, e coinvolge alcune ragazze del posto in un laboratorio di riciclo delle plastiche. Praticamente creano borse, scarpe e accessori, producendo valore aggiunto per la loro terra. C’è anche un laboratorio per la produzione di olii essenziali».
Una realtà che opera a 360 gradi cercando di dare riposte concrete che facciano interagire le persone e il territorio.
«Pian piano ci siamo fatti amare da chi ci viene a trovare e non sono solo turisti che ci conoscono attraverso le recensioni – aggiunge Naoires –, ma parliamo di mazaresi con i quali abbiamo nel tempo instaurato un rapporto sinergico. Del resto abbiamo sempre lavorato per fare in modo che chiunque da noi si senta a casa propria».
Obiettivo sicuramente raggiunto perchè i profumi e i sapori che si provano, una volta entrati da Habibi, accolgono ma invadono anche l’anima, facendoti comprendere che l’incontro tra differenti culture è sempre un arricchimento e un valore che fa diventare comunità un qualunque insieme di persone.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.