Welfare
La “Birra Pugliese” realizzata nel carcere di Taranto
Grazie al progetto “Riscattarsi con gusto” nella casa circondariale Carmelo Magli di Taranto è stato allestito un micro-birrificio per la produzione di birra artigianale. A lavorare ci sono i detenuti che hanno seguito un percorso di formazione nella produzione di birra artigianale. Un modo per favorire il loro reinserimento sociale e lavorativo
«Dopo aver seguito un corso di formazione, adesso sono impegnato ad aiutare il mastro birraio nella realizzazione della birra, seguendo tutto il processo di produzione. In passato ho fatto una vita sbagliata, ma si può recuperare: volere è potere. Io, e come me tanti altri in questo istituto, ci stiamo mettendo l’anima per questo. Ora mii sento realizzato, ho un lavoro che mi soddisfa e che mi piace». Cosimo Cafueri ha 53 anni. Viene da Brindisi ed ha trascorso gli ultimi 25 anni della sua vita dietro le sbarre del carcere di Taranto per scontare una lunga pena inflitta. Tanto tempo per pensare, riflettere, riguardare il proprio percorso. Tanto tempo per maturare anche la convinzione che un’altra strada è possibile. Per questo, quando ha avuto l’occasione, Cosimo non ha perso tempo ed insieme ad altri nove detenuti della casa circondariale Carmelo Magli di Taranto, ha seguito il corso di formazione per imparare tutte le tecniche applicate alla produzione e mescita di birra artigianale a km zero. Come la “Birra Pugliese”, oggi realizzata nel micro-birrificio allestito nel carcere.
Merito del progetto “Riscattarsi con gusto”, finanziato attraverso fondi del Ministero della Giustizia dedicati allo sviluppo di attività pensate per contrastare il fenomeno della recidiva. «Così come impostato, oggi il carcere non dà le risposte di rieducazione e di reinserimento dei detenuti come sperato. Circa l’80% di loro, infatti, in Italia torna in carcere nel giro di poco tempo. Per questo, è importante offrire opportunità di formazione, imparare un mestiere, acquisire competenze che possano essere sfruttate nel mercato del lavoro una volta scontata la pena o anche beneficiando delle misure alternative». Espedito Alfarano ha sempre coltivato la passione per la birra, tanto da trasformarla in lavoro.
E’ un mastro birraio di professione ed ha pensato di ideare questa iniziativa «per offrire un’opportunità di lavoro ai detenuti che sono in carcere. Perché lavorare, guadagnare qualcosa, avere una prospettiva per il futuro sono gli antidoti migliori per evitare di tornare nelle mani della criminalità e commettere altri reati».
La sua proposta ha trovato immediata adesione da parte dell’istituto penitenziario Carmelo Magli di Taranto, diretto da Luciano Mellone, anche perché la “Birra Pugliese” ha tutti i margini per crescere sia dal punto di vista commerciale sia come strumento di reinserimento sociale per i detenuti. Come nel caso di Cosimo, il primo dei ristretti ad essere assunto al termine del percorso formativo grazie al micro-birrificio a cui «a breve, contiamo di aggiungere altre unità lavorative, anche perché stiamo ricevendo già tantissimi ordini e questo» aggiunge Alfarano «ci fa ben sperare per il futuro».
Al momento, sono quattro le etichette in commercio con il marchio “Birra Pugliese”: Galbinum, una chiara non filtrata di solo malto d’orzo, dalle note amaricanti derivanti dal luppolo; Sbarre, chiara, con schiuma persistente, un forte aroma erbaceo, sapore mielato e sentori leggermente fruttati. E ancora. «Sono in fase di sperimentazione anche la Puccia, leggermente ambrata, dal gusto rotondo e dall’intenso aroma di scorza di pane e malto caramellato. La sua caratteristica è che la birra viene prodotta recuperando il pane raffermo, non utilizzato, che diversamente andrebbe buttato. In questo modo ottimizziamo sui costi di produzione e lanciamo un messaggio ambientale. Infine» conclude Alfarano «la Cozzara, una birra fatta con l'acqua di cottura delle cozze ed il pepe rosa, un modo per segnare il forte legame con la città di Taranto».
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