Andrea Pianu

«Il Terzo settore non sia la ruota di scorta della pubblica amministrazione»

Il nuovo portavoce del Forum Terzo settore Sardegna parla di una nuova stagione all'insegna del reciproco rispetto dei ruoli. Il ruolo della cooperazione sociale e dei volontari, ma anche la necessità di un nuovo modo di agire e di farsi conoscere dalla gente

di Luigi Alfonso

«Il Forum del Terzo settore, in Sardegna, deve riprendersi il ruolo che gli compete e farsi promotore di iniziative a vantaggio di tutte le realtà che rappresenta. È tempo di aprire una nuova stagione». Andrea Pianu, nuovo portavoce del Forum nell’Isola, sveste i panni di referente regionale della Legacoopsociali, di cui è pure vicepresidente nazionale. Il suo sguardo va oltre l’immediato futuro, ma non può fare a meno di considerare che «il Forum in Sardegna ha risentito delle divisioni che ci sono state ultimamente tra le varie espressioni del Terzo settore. Avevamo piani collegati da un lato alla rappresentanza politica e dall’altro alla gestione dei servizi. La commistione di questi due aspetti ha costruito frizioni e l’incapacità di svolgere un ruolo politico efficace. Veniamo da un commissariamento iniziato nel 2018 che, con la gestione di Stefania Gelidi, hanno permesso di ricostruire i legami tra le principali associazioni. Nel frattempo, siamo arrivati a marcare in maniera molto netta la distinzione tra il ruolo di rappresentanza, che spetta al Forum, e il ruolo del Centro servizi per il volontariato, il quale ha una sua specificità e piena autonomia nel supportare la formazione e accompagnare le realtà del volontariato. La chiusura di questa partita consente al Forum di dare gambe a un ruolo di rappresentanza politica un po’ più libera dalle incrostazioni del passato».

Pianu delinea due scenari: «Innanzi tutto, un percorso che è strettamente legato alla riforma del Terzo settore, la quale ci assegna un ruolo ben definito accanto al pubblico. Un dato acquisito ai più, dal punto di vista culturale, però c’è ancora un’oggettiva difficoltà che investe Aps, Odv e tutta la cooperazione sociale, ma soprattutto la pubblica amministrazione: quest’ultima deve passare da una fase puramente teorica a una più concreta. Questa è la nostra vera, grande sfida: dobbiamo smettere il vestito di quelli che, nei confronti della pubblica amministrazione, fanno la ruota di scorta. Rivendichiamo la nostra capacità di lettura del territorio e dei bisogni delle persone, di avanzare proposte concrete, e crediamo che queste proposte possano essere discusse in maniera trasparente per poi arrivare a fare scelte importanti. Sia a livello locale che regionale: in quest’ultimo siamo molto presenti e il più delle volte ascoltati, ma da solo non basta più perché questa partita poi non viene declinata negli ambiti comunali. A volte le nostre realtà vengono usate dagli enti locali l’una contro l’altra. C’è una chiara difficoltà di fare rete e ad essere maggiormente propositivi».

Andrea Pianu (il primo da destra) durante un incontro al Csv Sardegna

«Le nostre realtà devono integrarsi, per dare risposte diverse rispetto a un’idea che non è quella di una solidarietà pietistica, semmai di una solidarietà per conquistare e affermare i diritti di tutti», riprende Pianu. «Se perdiamo questo elemento, rinunciamo all’essenza del nostro ruolo. Non può essere un intervento sporadico, che poi sporadico negli ultimi anni non è più stato. Le emergenze si susseguono e non si possono più fornire soltanto risposte emergenziali. Poi dobbiamo smettere di essere autoreferenziali. Ogni associazione parla molto di ciò che fa, e facciamo molte cose belle e importanti per la vita delle persone. Molte volte, però, lo facciamo pensando anche a come la pubblica amministrazione ci vede e che tipo di valorizzazione ci può dare. Una ricerca dello Iaris di molti anni fa rilevò che molti cittadini sardi usufruiscono delle attività che facciamo, in senso ampio, ma non sanno che quelle attività sono svolte da soggetti del Terzo settore. Questo deve farci riflettere. Tutti. Perché noi svolgiamo una funzione che è anche pubblica, ma non siamo dipendenti pubblici. È una caratteristica del nostro lavoro, che ha un di più: teniamo insieme la solidarietà e i diritti, mostrando un modo particolare di rapportarci con i problemi della quotidianità. Tanto per fare un esempio, non lavoriamo solamente in orario d’ufficio. È un approccio che permea la nostra vita nel profondo».

In tutta l’Italia, e non solo in Sardegna, si registra da un po’ di tempo un calo di volontari. «Non so se esista una formula che consenta di trovare una soluzione. Ma, in una fase così delicata per i giovani, per loro il primo obiettivo è quello di cercare di costruirsi un futuro. Il calo dei volontari, tuttavia, non è accompagnato da un incremento dell’occupazione, cioè non si sono ridotte le sacche del lavoro nero nel volontariato, che talvolta è piuttosto diffuso. Rispetto al lavoro sociale avverto una grande difficoltà: il nostro mondo nella pandemia, sia nel pubblico che nel privato, è stato chiamato a dare risposte immani. Però, a parte le medaglie e qualche titolo sui giornali, il riconoscimento di quel lavoro a favore delle persone è stato pari a zero: nella scuola, nei servizi sociali, nella sanità. Sarebbe servito un cambio di passo, vale a dire risorse, un riconoscimento concreto del ruolo nel territorio e anche un adeguato trattamento economico. Ma la politica e una parte delle istituzioni pubbliche scaricano la responsabilità sulle organizzazioni del Terzo settore. Dimenticando che enti locali e Asl richiedono certe prestazioni con emolumenti spesso al di sotto dei minimi contrattuali. Da un lato si dice che il ruolo del Terzo settore è fondamentale, ma dall’altro si dice in maniera fattiva che quello è un mondo che dev’essere organizzato meno di quanto lo siano il pubblico e altri ambiti del Paese. Penso alla cooperazione sociale, richiesta come soggetto economico che può dare lavoro, eppure vista come un punto di passaggio: l’esempio che mi viene in mente è quello degli infermieri, assunti per l’emergenza nelle strutture pubbliche. Hanno poi aspettato i concorsi per avere la certezza di un lavoro nel lungo periodo. Il Terzo settore ha perso, in parte, la sua attrattività. Poi c’è il bisogno di sollevare l’asticella delle coerenze: una persona che svolge un lavoro sociale, che sia un volontario o il dipendente di un’azienda o un’Aps, si aspetta un contesto in cui partecipi. Che non vuole semplicemente dire scambiarsi delle informazioni, bensì partecipare alle decisioni e contribuire a far crescere la qualità del lavoro. Se non si tengono insieme questi aspetti, c’è una perdita di motivazione. E, a quel punto, non c’è differenza con le realtà profit».

Pianu sostiene con forza il nuovo rapporto tra il Forum e il Csv Sardegna: «Vogliamo e dobbiamo avere un rapporto di riconoscimento reciproco, nel pieno rispetto dei ruoli. E, allo stesso tempo, costruire percorsi paralleli per la formazione e le opportunità di crescita comuni. Il Forum non deve gestire attività: piuttosto, aiuta gli enti e le associazioni che ne fanno parte a mettersi insieme, a costruire progettualità nei territori che diano risposte migliori ai bisogni delle nostre comunità. Per noi si è conclusa una stagione di polemiche che ha diviso tante anime del Terzo settore sardo, ora pensiamo ad aprire le porte anziché chiuderle. Aprirle a tutte le realtà, piccole e grandi, e ai territori. Inoltre, diamo grande importanza alla formazione: il Csv può esaltare questi percorsi di crescita condivisa, perché rientra nella sua mission».

Pianu infine fa riferimento a un’altra nota dolente. «Le difficoltà di attuazione di un Pnrr fortemente centralizzato hanno portato il Governo ad una rivisitazione degli obiettivi e delle risorse attribuite inizialmente al Piano, con un impatto inevitabile anche sul territorio della nostra regione. Ecco perché abbiamo organizzato un seminario (si terrà oggi, venerdì 20 ottobre, alla sede del Csv Sardegna di Cagliari, ndr) per contribuire a conoscere lo stato di attuazione del Pnrr e delle misure in campo nel nostro territorio, guardando anche alle politiche e agli obiettivi definiti nell’ambito della programmazione dei fondi europei per il periodo 2021-2027. Inoltre, occorre ridefinire il nostro punto di vista e le proposte sulle quali sviluppare la nostra azione rispetto alla politica regionale e al sistema delle autonomie locali. Purtroppo, le procedure adottate per la costruzione del Pnrr e la sua attuazione non sono orientate alla valorizzazione delle competenze e capacità che il Terzo settore è in grado di mettere a disposizione nei territori».

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