Welfare culturale

Il teatro è chiuso, ma a Matera nessuno resta fuori

La cooperativa Centro arti integrate porta il teatro nei quartieri della città con il festival “Nessuno resti fuori”. Così il palco diventa palestra di partecipazione e inclusione

di Luca Iacovone

«Matera offre degli scorci scenografici incredibili, ma non può ridursi soltanto a questo. Con il nostro festival di teatro partecipato chiediamo alla città di essere protagonista, sia attraverso le persone che la abitano, sia attraverso le vibrazioni che qui – chi è attento – riesce a percepire: arrivano dalla pietra, dalle grotte, dal tufo». Andrea Santantonio è condirettore del Centro arti integrate (Iac), insieme alla sua compagna di vita e di lavoro Nadia Casamassima.

Dall’esperienza di Iac nel 2016 è nato il festival di teatro partecipato Nessuno resti fuori. In quello stesso anno, a Matera, chiudeva il Teatro Duni, per carenze strutturali. Un gigante di architettura moderna, simbolo della città nuova, è il teatro più grande della Basilicata, ma ad oggi è ancora chiuso per lavori.

L’edificazione del teatro Duni rappresenta la prima risposta della città alla pubblicazione di Cristo si è fermato a Eboli. Il libro-denuncia di Carlo Levi sulle condizioni miserevoli in cui versavano i contadini lucani. L’anno successivo alla pubblicazione del libro, l’architetto Ettore Stella convinse alcuni imprenditori materani ad investire nella costruzione del grande teatro, che fu inaugurato nel 1949. Addirittura prima che lo Stato imponesse con forza di legge lo sfollamento dei rioni Sassi. Settant’anni dopo Matera veniva proclamata Capitale europea della cultura, ma il teatro simbolo del suo primo e più orgoglioso riscatto, restava chiuso.

Intanto, però, a Matera un altro teatro ha raccolto il testimone ribelle e visionario dell’architetto Stella. Questo però non è fatto di mattoni: poggia sulle spalle dei ragazzi che abitano nelle periferie. E alle poltrone e ai loggioni, preferisce i muretti e i gradoni di piazze color grigio cemento. È il teatro del centro Iac, che con il festival Nessuno resti fuori ha innervato di quello spirito tutta la città sopra i Sassi. Da nove anni il festival abita ogni volta un quartiere differente di Matera. Dal 21 al 27 giugno è stata la volta dell’area residenziale di Piazza degli olmi.

In primo piano in quest’ultima edizione adolescenza e disabilità. Tra gli eventi di spicco la performance I versi delle mani, che ha visto protagonista Laura Lucioli, una giovane danzatrice con sindrome di Down. La proiezione del documentario Futura, che esplora i sogni e le paure dei giovani italiani, e lo spettacolo Creature Selvagge. Il mondo di domani, prodotto da un gruppo di ragazzi di Rovereto in collaborazione con Iac. Il festival ha anche ospitato la compagnia VersiliaDanza con il laboratorio Glitter – Dare. Una parola. Al corpo.

Oltre agli spettacoli serali, il festival ha offerto numerosi laboratori e incontri extra-festival. Tra questi, il laboratorio di danza Nobody nobody nobody. It’s ok not to be ok, che è culminato in una performance collettiva. E il laboratorio di costruzione e manipolazione di marionette: Rallegratevi, tutto è ancora da inventare, il cui esito è stato presentato con una suggestiva deambulazione di marionette per le strade di Matera.

Nadia Casamassima e Andrea Santantonio, direttori del Centro arti integrate e di Nessuno resti fuori

Il teatro è di comunità! Il teatro greco, a cui ci rifacciamo, era un teatro che entrava nella pubblica piazza per afferrare le questioni delle persone, della pòlis, e portarle in una dimensione di narrazione e rappresentazione

Andrea Santantonio, condirettore di Centro arti integrate

«Oggi ci sono nuove forme, modalità di coinvolgimento, ma la sostanza resta quella. Per noi fare teatro di comunità significa fare un teatro vivo, attivo, utile, che cerca in ogni occasione il confronto critico, che non si chiude ma che si guarda intorno, osserva, ascolta e agisce, fa, costruisce». Così Andrea Santantonio ripercorre il senso e i primi passi di Nessuno resti fuori

Come nasce il festival?

L’idea del festival Nessuno resti fuori nasce in un momento in cui la vita culturale di Matera era davanti ad una prospettiva di cambiamento enorme. I quartieri dei Sassi cominciavano ad essere conosciuti a livello internazionale e il racconto che se ne faceva era prevalentemente legato ad un possibile stile di vita differente, più lento, attento e in qualche modo consapevole. Ma allo stesso tempo i Sassi stavano cambiando radicalmente, i cittadini stavano andando via per lasciare il posto ai turisti, o come preferiamo considerarli, abitanti temporanei. Ci è sembrato chiaro che qualcosa dovesse succedere, sia nei Sassi che nei quartieri periferici: era necessario creare un ponte tra i luoghi storici e le persone depositarie di quei valori identitari.

Ogni anno abbiamo scelto un quartiere diverso e lo abbiamo messo in relazione ad uno spazio dei Sassi, chiedendo ai cittadini di Matera di seguirci in questo cammino. 

Nel tempo abbiamo alimentato la partecipazione soprattutto dei più giovani, ragazze e ragazzi, che ci aiutano a mantenere i sentimenti, le passioni e uno sguardo mosso da una forte voglia di cambiare le cose, di rendere il posto dove siamo migliore, quei ragazzini che possono essere in grado di salvare il mondo, come scriveva Elsa Morante, perchè gli unici ad interessarsi delle cose serie e importanti.

Il festival Nessuno resti fuori è reso possibile grazie al sostegno del Ministero della Cultura, della Regione Basilicata, del Comune di Matera, della Fondazione Carical, BCC Basilicata e de Il Sicomoro s.c.s.

In che modo il teatro può essere strumento di attivazione e partecipazione? Può essere un antidoto secondo lei al calo della partecipazione democratica?

Questa è la domanda del momento. Siamo frustrati come tutti dal calo della partecipazione alle questioni politiche. Persone che non votano sono persone che si stanno disaffezionando, quasi in modo definitivo, alla vita collettiva.

Provo a fare un esempio concreto. Ogni anno incontriamo ragazze e ragazzi che per lo più hanno un’idea del teatro come il luogo dove passare per accedere al mondo dello spettacolo e avere successo. Ma noi non facciamo questo. Quando arrivano nei nostri laboratori la prima cosa che insegniamo è quella di stare in cerchio, essere gruppo, tra persone diverse, con corpi diversi, sogni diversi, velocità diverse, a volte lingue diverse.

L’essere tutti diversi nel teatro ci rende uguali, ti assicuro, siamo uguali. Questo per loro è una collisione con un mondo che non conoscevano e non consideravano

Andrea Santantonio, condirettore Centro arti integrate

Il mondo della cooperazione e collaborazione, un mondo che non giudica ma che tiene tutti dentro. Questo fa il teatro, il nostro teatro, insegna prima di tutto a stare insieme, che sia per uno spettacolo o per un festival.

Nove edizioni, tentiamo un bilancio? Qual è il risultato di questi anni del festival che ha più a cuore?

Siamo stati in 8 quartieri (nel 2020 per via del covid ci fu un’edizione speciale che toccò diversi luoghi). In ogni quartiere abbiamo attivato una comunità di persone che potessero aiutarci o semplicemente sostenerci. Dal 2019 abbiamo attivato la Direzione artistica partecipata. Un gruppo di persone che ogni anno si rinnova e che ci aiuta (e impara) a fare delle scelte in ambito artistico, logistico ed organizzativo. Da sempre c’è un bel gruppo di altre organizzazioni che ci seguono come partner, comprese le associazioni di quartiere con cui attiviamo collaborazioni ogni anno. 

Il numero degli spettatori non so dirlo con esattezza ma all’incirca ogni anno abbiamo un pubblico di 1.200 persone. Quindi, in totale siamo intorno alle 11.000 persone, molte delle quali tornano nelle diverse giornate del festival. 

Ma la cosa più importante è che nel 2021 è nata l’associazione Nessuno Resti Fuori. Formata perlopiù da giovanissimi e giovanissime che negli anni sono cresciuti insieme al festival. 

Come sogna il festival tra cinque anni?

Sogniamo che il festival, dopo aver abitato in tutti i quartieri della città, tutte le piazze, le strade, le scuole, possa finalmente trovare una casa, una casa chiamata teatro. Un teatro aperto a tutti e tutte. Con un cortile per gli spettacoli all’aperto, una sala prove per i laboratori, uno spazio scenico per montare gli spettacoli, una foresteria per ospitare gli artisti e tante altre cose che ci sono in un teatro. Sogniamo troppo?

Le foto nell’articolo rappresentano alcuni momenti della nona edizione del festival, della cooperativa Centro arti integrate.

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