Valeria Pardu
«Il senso della “restanza”: ecco perché vivo in un borgo di 108 abitanti»
Un'ingegnere di 30 anni decide di restare a Seuni, frazione di Selegas. Siamo in Sardegna, a 40 minuti d'auto da Cagliari. Non ci sono scuole, negozi e neppure la farmacia. Ma negli ultimi anni sette persone hanno deciso di andare ad abitare proprio lì
«Sono una giovane “restante” seunese, orgogliosamente seunese, e ci tengo a sottolinearlo perché è forte il senso di appartenenza, il sentimento di profonda identificazione con il luogo in cui vivo e la piccola comunità che ho l’onore di rappresentare da sette anni in qualità di assessore comunale». Il concetto di “restanza”, utilizzato da Valeria Pardu, è in genere poco utilizzato ma il dizionario Treccani lo spiega molto efficacemente: “Negli studi antropologici, con particolare riferimento alla condizione problematica del Sud d’Italia, la posizione di chi decide di restare, rinunciando a recidere il legame con la propria terra e comunità d’origine non per rassegnazione, ma con un atteggiamento propositivo”.
Valeria ha 30 anni e una laurea in ingegneria conseguita all’Università di Cagliari. Ha scelto di restare a Seuni, un borgo di appena 108 anime che è una frazione del Comune di Selegas, 1.300 abitanti, situato tra le colline della Trexenta a circa 40 minuti di auto dal capoluogo sardo. Con un record, o quasi: la preziosa presenza di una compaesana ultracentenaria, Pierina Pitzalis, classe 1916.
«Mi piace utilizzare, nel definirmi, la categoria antropologica “restante”, che deriva dal neologismo restanza, coniato dall’antropologo calabrese Vito Teti. Un termine così evocativo che, secondo me, racchiude perfettamente la scelta esistenziale, la scelta consapevole di chi come me decide di restare nei luoghi in cui è nato e cresciuto per provare a progettare e pianificare la propria vita e il proprio lavoro qui. Mi ritrovo totalmente anche nel significato che Teti dà a questa parola: per lui restanza significa restare ancorati e contemporaneamente spaesati in un luogo da proteggere e al contempo da rigenerare radicalmente. È una parola che, erroneamente da come si potrebbe pensare, non invita all’immobilismo ma al contrario ad essere parte attiva e propositiva in queste comunità, a prendersene cura, perché nonostante il declino demografico e i suoi effetti, sono luoghi vivi».
Gli abitanti di questo borgo hanno una peculiarità: se domandate loro dove sono nati, vi dicono “a Seuni”. Non a Selegas. Ma se dovesse convincere altre persone ad andare a vivere a Seuni, che cosa direbbe loro Valeria? «Seuni è un piccolo borgo che, come già veniva descritto dal canonico Angius nel 1800, “siede sulla sporgenza di un terrazzo o di un rialto”, da cui si può godere a 360 gradi della bellezza naturale tipica del paesaggio rurale, con i suoi colori scanditi dal susseguirsi delle stagioni. Infatti Seuni, come d’altronde lo è tutta la regione storica della Trexenta, è storicamente e tradizionalmente un borgo a forte vocazione agropastorale. Attualmente conta poco più di un centinaio di abitanti, quindi è comprensibile quanto si percepisca forte il valore della comunità, dei rapporti umani, dell’identità e delle tradizioni: valori che, nei contesti più grandi, sono ormai sono logorati ma qui sono ancora autentici e vivi».
L’arrivo di sette persone negli ultimi tempi, può essere considerata un’inversione di tendenza, se raffrontato ai 100 abitanti che già vi abitavano. Sta accadendo qualcosa? «Scegliere di vivere in un piccolo borgo è oggi un atto di coraggio», è il parere di Valeria. «Ma sta crescendo, secondo me, una maggiore consapevolezza di quanto sia fondamentale un elevato standard della qualità della vita, sia dal punto di vista ambientale che sociale. Paesi come Seuni possono offrire tanto in termini di stile di vita sano e a contatto con la natura, fatto di veri rapporti umani, in cui è facile sentirsi parte di una comunità, di una grande famiglia. Da non sottovalutare, poi, anche un altro aspetto fondamentale che sicuramente ci avvantaggia rispetto ad altri territori della Sardegna: la vicinanza con il capoluogo. In appena 40 minuti possiamo raggiungere e accedere a tutti i servizi che offre Cagliari. Proprio sulla base di queste valutazioni, sembrerebbe profilarsi una timida inversione di tendenza, che vede da qualche anno giovani coppie e giovani famiglie (anche non originarie di qui) acquistare casa a Seuni, sicuramente incoraggiate dal basso costo degli immobili, ma anche perché desiderose di mettere radici in una comunità coesa come la nostra e sperimentare uno stile di vita dai ritmi più lenti. Dopo il lockdown, molte persone hanno ripensato al loro modo di vivere».
Alcune giovani coppie stanno ridando vita alle vecchie case di Seuni che, sino a qualche anno fa, erano abitate dai nonni. Giulia e Jonathan, che cinque anni fa hanno deciso di progettare la loro vita a Seuni, hanno ristrutturato la casa che i nonni di lei tanti anni fa lasciarono per la necessità di andare a vivere a Cagliari. Per loro, invece, rappresentava il giusto compromesso tra il desiderio di voler godere dei benefici di vivere in una piccola comunità e la vicinanza al capoluogo, sede del lavoro. Ora in quella casa crescono, felici, le loro tre bambine.
Tutto bello, dunque? Come detto, non mancano i motivi per fare una scelta di vita così radicale: l’ambiente, la qualità della vita, la bontà dei prodotti agroalimentari, l’aria incontaminata. Anche un paesaggio molto pittoresco, con le colline che dall’autunno inoltrato alla primavera sono di un verde intenso. «Purtroppo, tutto questo non è sufficiente per superare le disuguaglianze economico-sociali e territoriali con cui tutti i giorni dobbiamo fare i conti», ammette Valeria Pardu. «Come ho già detto, decidere di restare in un piccolo paese dev’essere una scelta consapevole, che si fa appunto con la consapevolezza che qui mancano tutti i servizi essenziali, perché subordinati a calcoli economici, e che per poter raggiungere questi servizi a Selegas o nei paesi limitrofi, siamo costretti a farlo con i nostri mezzi privati, perché per esempio Seuni non è servito da un servizio di trasporto pubblico efficace. Non c’è un negozio, una farmacia o un bar perché purtroppo il tessuto economico è tale da non consentire la sopravvivenza di attività commerciali. Quindi, tutti i problemi che può avere la Sardegna o l’Italia in genere, qui ovviamente sono amplificati. Ecco perché la restanza diventa un vero e proprio atto di resistenza. Io stessa, per svolgere il mio lavoro da ingegnere, devo fare i conti con l’assenza di un buon segnale: la fibra ottica è stata portata sin qui ma ancora non è stata messa in funzione».
Da assessora alla Cultura del Comune di Selegas, Valeria cerca di individuare delle iniziative a favore dei giovani. «La nostra amministrazione comunale, guidata dal sindaco Alessio Piras, nel limite delle nostre competenze e ovviamente delle risorse a disposizione, cerca di portare avanti un ambizioso progetto di riqualificazione e rilancio del nostro piccolo borgo. Proprio nell’ottica che la lotta contro lo spopolamento si conduce creando le opportunità di lavoro che incentivino i giovani a restare. Con l’amara consapevolezza che la popolazione sta invecchiando, a breve inaugureremo a Seuni una comunità alloggio per anziani autosufficienti che promuova l’invecchiamento attivo. Un fatto emblematico: questa struttura, sino alla fine degli anni Ottanta, era la scuola elementare. In questo edificio siamo, inoltre, riusciti a recuperare un ambulatorio adeguato per consentire al medico di base di prestare servizio nella frazione almeno una volta alla settimana, ripristinando un servizio essenziale che purtroppo non poteva essere più garantito da qualche anno».
La Giunta comunale ha approvato di recente un ulteriore progetto di fattibilità tecnico-economica per la riqualificazione di un’altra struttura comunale situata nel piccolo borgo, destinata alla costruzione di appartamenti per persone non autosufficienti dotate di tutti i comfort domotici. Invece, nella prospettiva di un rilancio turistico, è stata realizzata la prima area sosta per camper e area picnic della Trexenta, che ha permesso di inserire Seuni nel circuito del turismo itinerante. Un altro progetto interessante, sempre nell’ottica della promozione turistica e culturale, è condotto in sinergia con tutti i Comuni della Trexenta e per questo denominato “Trexenta experience”: è finalizzato anche alla riqualificazione delle risorse archeologiche di cui il territorio è ricchissimo, a cominciare dal complesso monumentale del nuraghe Nuritzi.
«Sul fronte dell’istruzione e dei servizi per l’infanzia, stiamo per avviare una serie di iniziative a Selegas che avranno effetti positivi anche sulla frazione di Seuni», sottolinea Valeria Pardu. «Per scoraggiare lo spopolamento e venire incontro alle esigenze delle famiglie, stiamo puntando sulla settimana corta per la scuola primaria e, grazie ai fondi Pnrr, sono partiti i lavori per costruire la prima scuola dell’infanzia pubblica».
L’isolamento si combatte anche in altri modi, per esempio facendo rete con le altre realtà del territorio. «Purtroppo all’enorme sforzo delle amministrazioni locali, come la nostra, non si unisce una visione chiara e dinamica da parte della politica regionale e nazionale sul destino di queste piccole realtà», è l’amaro commento della giovane assessora-ingegnere. «La lotta contro lo spopolamento non si fa solo con i bonus, servono provvedimenti che portino le infrastrutture materiali e digitali di cui abbiamo urgente bisogno, servizi pubblici di qualità, risorse per la riqualificazione degli spazi pubblici e degli immobili privati. Bisogna sostanzialmente ricostruire e modernizzare l’assetto socio-economico dei piccoli paesi, dare gli strumenti adeguati a chi intende fare impresa nel nostro territorio, magari incentivandoli con una fiscalità agevolata. I nostri piccoli Comuni possono diventare laboratori di innovazione: penso alla straordinaria opportunità delle comunità energetiche. Non dobbiamo tanto incentivare e convincere le persone a trasferirsi a Seuni, quanto convincere quelle che già ci abitano a rimanerci, garantendo loro una vita dignitosa».
Nel 2022, per il terzo anno consecutivo, la Sardegna è risultata la regione italiana con il tasso peggiore di natalità (0,95 secondo i dati Istat): i nati sono stati 7.695, i morti 20.524. La popolazione è diminuita del 7%, al pari di Basilicata, Molise e Calabria. L’anno scorso, su un totale di 377 Comuni, ben 373 hanno perso almeno un residente: di questo passo, 300 municipi si spopoleranno in modo grave nei prossimi 20 anni, mentre 31 corrono il rischio di scomparire entro 50 anni. Va precisato che sono 123 i Comuni sardi con una popolazione inferiore ai mille abitanti: l’età media è di 48,4 anni con 253 anziani ogni 100 giovani. Dal 2016 la Sardegna ha perso 83.110 abitanti, pari a circa il 4,4% della sua popolazione. Le statistiche dicono che, in base a questa proiezione, nel 2050 l’Isola perderà un quinto dei suoi abitanti.
Credits: foto Lorenzo Naitza
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