Il Salento che brucia tra ulivi secchi e terre abbandonate
Contro il proliferare degli incendi nel Salento, un Coordinamento di rete del Terzo Settore chiede alle istituzioni un piano di emergenza per contenere i fuochi che stanno distruggendo gli uliveti e le terre abbandonate e per programmare la rigenerazione agricola ed ecologica dei territori
«Qual è il destino di questa terra? Che cosa stanno pensando di fare le istituzioni per arginare questa situazione di emergenza e questo contesto di grande abbandono? Oggi il nostro territorio paga sia il proliferare degli incendi sia l’abbandono della terra, che è la radice di tutti i mali e la conseguenza di mancate politiche rurali in tutta la provincia di Lecce». Chiara Idrusa Scrimieri è la portavoce del Coordinamento di rete del Terzo Settore per la Rigenerazione Agro-ambientale del Salento, una mobilitazione nata dal basso lo scorso anno in piena emergenza incendi per chiedere un Piano straordinario di rigenerazione ecologica e paesaggistica. Ma ad un anno esatto dalla mobilitazione di “Salviamo gli Ulivi del Salento”, che ha dato origine anche ad un partecipato gruppo facebook, «nulla è stato fatto. Continuano ad esserci gli incendi, nessuno interviene per prevenirli e le forze dell’ordine sono sempre in affanno». Anche perché «secondo i dati del Satellite NASA del sistema Copernicus, il Salento è al primo posto in Puglia ed è a pari merito con la Sicilia per quanto riguarda il numero di incendi; i bollettini della Protezione Civili e dei Vigili del Fuoco, invece,» prosegue Scrimieri «registrano un centinaio di chiamate al giorno, che confermano che mentre negli anni passati gli uliveti si seccavano, adesso vanno a fuoco».
In pratica, «non abbiamo affrontato per tempo la questione dell’abbandono rurale e programmato una nuova pianificazione ecologica del territorio per creare nuove e sane opportunità di economia per le comunità locali, immaginando anche un piano di ritorno alla terra dei giovani e meno giovani che la vogliono coltivare, lasciando spazio all’avanzamento del degrado e alla crisi della sicurezza». Perché negli ultimi anni sono proliferati «i roghi di rifiuti abbandonati e si moltiplicano gli incendi appiccati ad ulivi secchi e, insieme a loro, rischia di essere compromessa la vegetazione rimanente». Nella giornata di ieri, per esempio, un incendio di vaste proporzioni ha distrutto cento ulivi colpiti da xylella alla periferia di Presicce, in provincia di Lecce. Solo la settimana scorsa sono stati registrati 70 fuochi in due giorni. Ma a bruciare è tutto il Salento e la sua vegetazione.
Ad aggravare l’emergenza relativa all’abbandono dei terreni e degli incendi è anche il fatto che «questa situazione non viene narrata, non conosciamo l’esatta estensione dei danni, le aree colpite. I Comuni sono in ritardo con l’aggiornamento del Catasto Incendi, la gestione del monitoraggio ed i controlli. Le istituzioni devono richiedere il riconoscimento dello stato di emergenza per far attivare tutte le misure necessarie alla prevenzione, al contenimento e al controllo dei territori, anche per avere il rinforzo delle risorse umane e tecniche dei Vigili del fuoco, dell’Arif e del Corpo forestale a presidio del territorio» dice Scrimieri.
Di conseguenza, dal coordinamento sono partite due iniziative parallele: «Le 10 domande di fuoco, come provocazione alla cittadinanza e alle istituzioni sulla situazione attuale degli incendi, che è simile a quella dello scorso anno; una petizione destinata alle istituzioni regionali, provinciali, locali e a tutte le forze dell’ordine per chiedere la realizzazione di un Piano straordinario di rigenerazione ecologica e paesaggistica, a partire dall’attivazione di un Piano straordinario per la gestione dell’emergenza incendi estivi».
Del resto, il Salento vive una situazione paradossale: «L’Area Boschiva del Salento copre il 3,8% del territorio, costituita da piccoli boschi misti, pinete e macchia mediterranea; mentre l’Area Olivetata copre il 40,5% del territorio, ed è costituita dagli uliveti, veri e propri boschi per circa 84 mila ettari. La quasi totalità degli incendi degli ultimi anni riguarda le aree agricole/olivetate e molto meno le aree boschive. Ma la legislazione in materia – alla base dei Piani annuali antincendio – è focalizzata sugli incendi boschivi. Sul piano pratico ciò comporta una differenza di mezzi messi a disposizione per i due tipi di incendi». Ed a pagarne le conseguenze, dunque, sono gli uliveti e le riserve di biodiversità che ne fanno parte.
Per salvare il Salento, dunque, «occorre capire qual è la vocazione di questa terra» si interroga Scrimieri. «Vogliamo concentrarci solo sul turismo e sulle masserie in cui vengono accolti i turisti o c’è anche un’idea agricola e rurale di questa terra? L’80% della terra salentina è nelle mani di piccoli proprietari, esclusi da qualsiasi incentivo perché non inquadrati come aziende agricole o coltivatori diretti. Perché le misure economiche varate dalla Regione sono dirette a salvare solo il 20% dell’area agricola del Salento? Quali sono le azioni per tutelare la maggioranza della proprietà terriera, eventualmente coinvolgibile in una vasta opera di ricostruzione e tutela?».
A tutte queste domande, il Coordinamento chiede una risposta. Intanto, ha preparato un documento accurato che sarà presentato prossimamente alle istituzioni, accompagnato dalle migliaia di firme raccolte da parte della cittadinanza, con la speranza che questa volta le istituzioni non girino il capo dall’altra parte. Perché in ballo c’è il futuro di un territorio «di rara bellezza, dall’entroterra al mare. Ma oggi questa bellezza è più che mai in pericolo». Ed allora diventa necessario «chiedere conto agli organi di governo del mancato operato a contenimento dell’Emergenza e dello stato attuale delle cose».
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