Economia
“I quindici” birrai che presero in mano il loro destino arrivano al cinema
Un documentario attraverso il quale raccontare la storia di un territorio, di una comunità, di un percorso di riscatto sociale. S'intitola "I Quindici" il lavoro che porta la firma di Alessandro Turchi, presentato all'apertura dell'Horcynus, festival promosso anche dalla Fondazione Messina, grazie alla quale il destino dei lavoratori del Birrificio Messina ha potuto prendere un altro corso
Quando il cuore non si arrende e non smette mai di battere, quelle che sembrano parentesi della propria vita diventano nuovi capitoli di un romanzo dal lieto fine. Una storia di coraggio, quella dei quindici birrai messinesi che, non volendosi attendere a un futuro deciso da altri, hanno deciso che era il momento di scriverla loro la propria storia. Arrivando oggi al grande schermo con “I Quindici”, docufilm che racconta, attraverso la voce dei diretti protagonisti, la storia della nascita e dello sviluppo del Birrificio Messina, la cooperativa che ha raccolto l’eredità morale e professionale dello storico birrificio cittadino, non più operativo da molti anni.
Solo logiche di mercato non predatorie possono rispondere a progetti il cui cuore è costituito dal valore delle persone
Gaetano Giunta, fondatore di Fondazione Messina
Presentato in anteprima nella serata di apertura dell’Horcynus Festival, promosso da Fondazione Horcynus Orca e Fondazione Messina, il prezioso lavoro di documentazione porta la firma di Alessandro Turchi che, insieme a Monia Alfieri e Morgan Maugeri, rispettivamente aiuto regia e direttore della fotografia, ha seguito la vicenda fin da quando quindici mastri birrai del vecchio stabilimento, dopo la chiusura definitiva, hanno deciso di investire il loro Tfr, i risparmi di una vita e il loro sapere in una nuova, avventurosa attività imprenditoriale che si è concretizzata nel Birrificio Messina, divenuto un caso di risonanza nazionale e internazionale. E che ha riavviato, dal basso e con successo, la produzione della birra in città.
Una storia che è soprattutto di famiglia e che, grazie soprattutto alla forza delle relazioni, trova il suo felice epilogo.
«Inevitabilmente l’intera famiglia è sempre stata coinvolta» racconta Dominique Fiorentino, che oggi si occupa di comunicazione all’interno del nuovo assetto societario. «La storia della cooperativa nasce portando con sé la storia dei soci, con cambi proprietari e licenziamenti che li ha costretti a rimettere in gioco la loro vita. Non una bazzecola dal momento che erano tutti molti grandi, circa 50 anni ognuno di loro. Quando i 41 licenziati decisero di fare un presidio permanente, 24 ore su 24 davanti all’ex stabilimento, volevano lanciare un grido di aiuto affinché qualche imprenditore decidesse di scommettere su questo progetto per non disperdere una tradizione che apparteneva alla città di Messina. Non ricevendo alcuna risposta, nel 2013 decisero di costituire la cooperativa e cominciare una nuova avventura fondata sulle loro forze. Sono partiti in 41 e arrivati in 15».
Un periodo non certamente sereno per tutta la famiglia…
Io ero adolescente andavo al liceo e ricordo che vivemmo con ansia questo periodo complicato perché incerto, una fase in cui raccoglievo a scuola le firme della petizione per sostenere questa battaglia. Tutta la mia famiglia era coinvolta: mia madre, Francesca Sframeli, l’attuale vicepresidente, e mia sorella Giovanna che oggi è una delle operaie, addetta al confezionamento. Siamo, però interscambiabili e, se serve, ognuno assume un ruolo diverso da quello che ci siamo dati. Ci tengo, poi, a dire che la nostra famiglia ha un legame profondo con l’azienda dal momento che. sia il mio bisnonno sia mio nonno, ne hanno fatto parte e hanno contributo a farla crescere. La Birra dello Stretto è oggi una realtà, accreditata sul mercato anche internazionale; siamo, infatti, presenti in Canada, ma copriamo anche parte dell’Europa, arrivando in Francia, Svezia, Belgio, Svizzera e Malta. Non facciamo ancora grandi volumi, ma stiamo crescendo.
Una storia che, oltre alla crescita aziendale, è rappresentativa del percorso personale di chi ne ha fatto oggi il simbolo di un riscatto morale. Grazie a “I Quindici”, il docufilm realizzato da Alessandro Turchi, arriva sul grande schermo pronto a conquistare ulteriori mercati, oltre a quelli nei quali la Birra dello Stretto ha già fatto base.
«È soprattutto un film che racconta il tema della dignità del lavoro. Un film», spiega il regista, «che racconta un’esperienza molto particolare che ha colpito tutta la città. Messina ha seguito con passione le diverse vicende che si sono susseguite negli anni. È comunque un lavoro del cuore, “I Quindici”, perché abbiamo cominciato a seguire i lavoratori intorno al 2012 e, da allora, siamo diventati parte di questa grande famiglia. C’eravamo quando hanno acquisito i capannoni e li hanno riempiti con le macchine, li abbiamo seguiti sino a quando c’è stato il primo imbottigliamento e la prima distribuzione. Siamo tornati dopo 10 anni, avendo finalmente intercettato dei fondi che ci consentissero di continuare a raccontare questa storia, raccogliendo le impressioni dei 15 vecchi operai, ma anche di tutti i nuovi, quelli che si sono aggiunti e che stanno piano piano sostituendo padri e madri».
Fondamentale il supporto di Fondazione Messina
«Il Birrificio Messina è uno dei casi di workers buyout che sosteniamo. Un birrificio storico della città», sottolinea Gaetano Giunta, fondatore di Fondazione Messina, «che, durante il suo percorso, era stato rilevato dalla Heineken. Per ben 7 anni di seguito, i lavoratori hanno vinto il premio come migliore stabilimento Heineken in Europa perché molto bravi, tanto che, quando l’azienda decise per ragioni di efficienza economica, cosa che in un’ impresa profit ci sta, di concentrare la sua produzione italiana a Messina, una politica un po’ miope cominciò a fare richieste improprie. Così, Heineken, si trovò costretta a spostarsi in Puglia. Essendo un’azienda fondamentalmente di famiglia che teneva a questi lavoratori, propose loro di spostarsi a Massafra, in provincia di Taranto, ma avevano tutti famiglia in Sicilia e declinarono l’invito. Poi arrivarono i tentativi di speculazione edilizia del figlio dei vecchi proprietari che voleva mettere in vendita i capannoni, precedentemente acquistati col Tfr degli operai, così questi decisero di mobilitarsi e di organizzare il famoso presidio storico, con l’obiettivo di cercare un imprenditore che rilevasse il birrificio. Non trovando nessuno, alla fine, la Cgil ci chiese se, nelle nostre logiche economiche, che sono sicuramente alternative a quelle del mercato predatorio, potevamo pensare alla rinascita del birrificio».
Un’intera città diventa comunità sposando un progetto
Tre sostanzialmente le cose che fece la Fondazione: aiutare a organizzare la cooperativa, costruire con i lavoratori un piano industriale e attrarre oltre 6 milioni di euro in quanto start up. Senza dimenticare la campagna di comunicazione sociale. la cui headline fu “La città che amo sceglie la propria birra”,
«Un modo per ripensare i mercati come beni relazionali», prosegue Giunta «chiamando la città, nel momento in cui nasceva lo stabilimento, a comprare questa birra perché non solo con un ottimo rapporto qualità prezzo, ma anche perché in tal modo avrebbero sostenuto la dignità e il diritto al lavoro dei concittadini».
Un’operazione riuscita perfettamente tant’è che, all’inaugurazione degli stabilimenti attrezzati, pronti per la produzione, c’erano 6mila messinesi. Il birrificio ormi esporta in tutto il mondo, quest’anno ha prodotto 50mila ettolitri di birra, mentre la Heineken non ha mai interrotto i rapporti, decidendo di affidare delle lavorazioni in conto terzi, per esempio la Birra Messina Cristalli di Sale che viene prodotta in Sicilia.
Una storia di crescita personale per tutti coloro che ne hanno scritto le sue pagine
«Le parole, all’inizio del nostro lavoro, portavano la pesantezza e sofferenza di persone che non lavoravano da tre anni», conclude il regista de “I Quindici”, «mentre oggi si accompagnano ai sorrisi di chi vede con chiarezza il proprio futuro. Prima era succubi di un destino, oggi sanno di potere pretendere. Ora ci auguriamo che questo docufilm vada lontano. In autunno sarà proiettato nelle sale cinematografiche di Messina, ma speriamo che possa essere una storia capace di viaggiare lontano. Anche perché merita, in quanto esempio che può servire ad altre realtà che non aspettano altro che analoghe occasioni di rivincita personale e sociale».
Le foto e il trailer sono stati forniti dagli uffici stampa di Fondazione Messina e del Birrificio Messina
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