Ambiente inquinato
I Genitori tarantini che lottano per il diritto alla salute e la memoria
Nel capoluogo jonico l’associazione Genitori tarantini dal 2015 si batte per difendere l’ambiente e la popolazione dall’inquinamento industriale provocato in questi anni dal più grande impianto siderurgico d’Europa. Un impegno che nasce anche per fare memoria di tutte le vittime, soprattutto giovani, che hanno perso la vita a causa di tumori e leucemie
A Taranto anche uno starnuto non è vissuto come un semplice starnuto. Specialmente se a farlo è un bambino, un ragazzo, un giovane che si avvia verso la vita. Perché quello starnuto può essere qualcosa di più complesso di un raffreddore, di un colpo di freddo. Lo sanno bene le tante famiglie che in questi anni hanno perso un loro caro a causa di tumori e leucemie, soprattutto infantili. Ma a perdere la vita sono stati anche tanti adulti, madri e padri, lavoratori dell’impianto siderurgico attivo dal 1965 nel quartiere Tamburi che negli anni ha cambiato proprietari, nomi, livelli di produzione, ma non i disagi causati alla popolazione, all’ambiente, alla biodiversità del mare. «Ogni bambino che ci lascia è una ferita che deve sanguinare nel cuore di ogni adulto, perché gli adulti dovrebbero tutelare i più piccoli verso un futuro fatto di felicità, prosperità e salute». Massimo Castellana è il portavoce dell’associazione Genitori tarantini, che dal 2015 si batte per tutelare il diritto alla salute della comunità e per fare memoria delle tante vittime dell’inquinamento industriale. Alessandro, Francesco, Miriam, Benedetta, Ambra, Vincenzo. Sono solo alcuni dei bambini e dei ragazzi morti di leucemia o tumori, a causa di «un sistema che per troppi anni ha cancellato l’articolo 32 della Costituzione italiana: il diritto fondamentale alla salute».
Ogni bambino che ci lascia è una ferita che deve sanguinare nel cuore di ogni adulto, perché gli adulti dovrebbero tutelare i più piccoli verso un futuro fatto di felicità, prosperità e salute
– Massimo Castellana
Un diritto che per i Genitori tarantini viene affondato al pari di quello che dovrebbe fare dell’Italia una Repubblica democratica fondata sul lavoro. «Il lavoro deve essere svolto in salute, sicurezza, con dignità e libertà» prosegue Castellana. «Ma sono tutti valori che dall’industria non vengono rispettati. Chi entra in acciaieria firma la sua condanna a morte e quella dei suoi famigliari e degli amici. E’ una forma di ricatto, ma il lavoro, il diritto al lavoro, non può subire ricatti e mettere a rischio la salute delle persone». L’Italsider di Taranto di proprietà pubblica inizia la sua attività nel 1965. Lo stabilimento più grande d’Europa si estende su una superficie complessiva di oltre 15 milioni di metri quadrati. «Una superficie tolta a pastorizia, uliveti, agricoltura, senza contare i danni provocati ai due mari e alla biodiversità» rileva Castellana. Poi nel 1995 l’acciaieria venne acquista dalla famiglia Riva, ma dopo inchieste per disastri ambientali, sequestri dell’impianto e condanne nel processo “Ambiente svenduto”, lo stabilimento siderurgico è oggi di proprietà per il 62% del gruppo ArcelorMittal e per il 38% di Invitalia, ovvero dallo Stato italiano.
«Ma nulla è cambiato in questi anni. La gente ha continuato a sviluppare forme tumorali, leucemie, problemi cardiologici. E’ difficile dare dei numeri precisi. Sicuramente oltre 500 persone sono morte in questi anni per incidenti sul lavoro, così come in tanti hanno perso la vita a causa delle malattie causate dall’inquinamento industriale. Senza contare» aggiunge Castellana «che nei bambini da 0 a 14 anni le malattie tumorali infantili hanno una media del 54% in più rispetto al resto della regione Puglia. Inoltre, un tarantino su 18 è un codice 048, ossia una persona che ha l’esenzione dal ticket per malattie tumorali. Tutto questo è insopportabile, incide sulla qualità della vita, sul diritto alla felicità. A Taranto anche uno starnuto non è un semplice starnuto, ma può rappresentare altro, qualcosa di drammatico e per una Repubblica democratica come quella italiana è inaccettabile». Per questo, l’associazione Genitori tarantini si batte da tempo, sensibilizza, denuncia, provoca riflessioni.
A Taranto anche uno starnuto non è un semplice starnuto, ma può rappresentare altro, qualcosa di drammatico
– Massimo Castellana
Proprio di recente hanno ricevuto in occasione del “Porto Cesareo Film Festival” il Premio Ambiente «per l’impegno sociale di tutela alla salute, per il supporto costante ai genitori e ai bambini personalmente coinvolti in tragiche esperienze causate dai gas tossici e dalle polveri nere presenti nell’aria, per il pericoloso coraggio di mandare avanti battaglie di tutela ambientale e di difesa del territorio affinché le nuove generazioni possano vivere e abitare in una terra migliore, pulita e libera da catene e da condizionamenti» è scritto nella motivazione.
Per Castellana non ci sono dubbi: «E’ un premio che non ci aspettavamo, che ci rende felici, in virtù del lavoro svolto in questi anni per attirare l’attenzione sul problema e provare a fermare l’area a caldo del siderurgico». Grazie alla denuncia presentata anche dagli aderenti all’associazione Genitori tarantini, infatti, nel 2019 la Corte Europea dei Diritti Umani condannò lo Stato italiano per non essere riuscito a proteggere i cittadini di Taranto che vivevano nelle aree colpite dalle emissioni tossiche dell’impianto dell’ex Ilva, e non aver preso tutte le misure necessarie per proteggere efficacemente il diritto al rispetto della vita privata. «Nel 2022 la Cedu ha emesso altre quattro condanne nei confronti dell’Italia per le emissioni dell’ex Ilva di Taranto, responsabili di mettere a rischio la salute dei cittadini».
Nonostante le condanne e le inibitorie, la salute dei cittadini di Taranto e delle zone limitrofe continua ad essere ancora a rischio. Il prossimo appuntamento atteso dalla comunità è quello del 7 novembre. «Quel giorno i nostri due avvocati, Ascanio Amenduni e Maurizio Rizzo Striano, saranno a Lussemburgo per difendere la salute e la vita dei tarantini. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, infatti, deciderà cosa rispondere alle tre domande formulate dal Tribunale di Milano in via pregiudiziale ai fini della decisione del ricorso da parte dei Genitori tarantini con il quale abbiamo chiesto la chiusura o quantomeno il fermo dell’area a caldo». In attesa di capire come si pronuncerà la Corte di Giustizia Europea, l’associazione Genitori tarantini ha avviato una raccolta fondi per realizzare «a Taranto un monumento in ricordo delle giovani vittime di tutto il mondo dell’inquinamento industriale» conclude Castellana. «Lo vogliamo mettere nella nostra città, famosa come “zona del sacrificio umano”, come monito per gli adulti e le nuove generazioni».
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