Economia

Happy Village, con il bando Coopstartup rinasce un paese

Il bando nazionale promosso da Legacoop e Coopfond, giunto alla seconda edizione, promuove lo sviluppo di idee progettuali che comportino l’introduzione di innovazioni tecnologiche, organizzative e sociali. Tra i progetti più interessanti del 2021, quello presentato dalla Cooperativa di comunità di Fluminimaggiore, la prima costituita in Sardegna. Si punta a recuperare le case abbandonate del centro storico, frenare lo spopolamento e creare occupazione ed economia circolare

di Luigi Alfonso

È partito il nuovo bando nazionale Coopstartup promosso da Legacoop e Coopfond, giunto alla seconda edizione. Lo scopo è quello di favorire la nascita e il rafforzamento di nuove imprese cooperative, che siano capaci di apportare benefici alla comunità locale e al territorio regionale in termini di aumento dell’occupazione e di crescita economica, sociale e culturale. Il progetto è orientato a promuovere lo sviluppo di idee progettuali che comportino l’introduzione di innovazioni tecnologiche, organizzative e sociali, con particolare riferimento agli obiettivi dell’Agenda 2030. Sono previste premialità per proposte presentate da imprese composte in maggioranza da donne o da under 40, volte a costituire o consolidare le comunità energetiche in forma cooperativa, collocate in zone soggette a spopolamento. Il bando rimarrà aperto sino al 20 gennaio 2023.

La prima edizione, che si è chiusa nel luglio 2021, ha visto nascere iniziative promettenti. Tra queste, una delle più importanti riguarda la Sardegna. Uno dei finanziamenti da settemila euro concessi per avviare la start up (con la collaborazione di Generazioni Legacoop), è andato alla Cooperativa di comunità di Fluminimaggiore (Sulcis Iglesiente), la prima costituita nell’Isola. Attualmente è composta da 375 soci. «Abbiamo partecipato al bando con il progetto “Happy Village”, che poi è stato scelto della commissione giudicante», spiega Paola Angius, presidente della Cooperativa. «Si tratta di un’iniziativa articolata e ambiziosa, per la quale abbiamo predisposto un business plan che prevede un investimento totale da 2,3 milioni di euro, con diverse finalità: innanzi tutto, far rivivere una parte delle case disabitate e abbandonate presenti nel centro storico del paese (circa 400) per destinarle a residenza diffusa per pensionati con un reddito medio-alto, provenienti da tutta l’Europa».

«Abbiamo ipotizzato anche la possibilità di creare micro comunità di amici. Desideriamo frenare lo spopolamento, ridurre il consumo del suolo e alimentare l’economia circolare nel territorio. Il periodo della pandemia, purtroppo, ha rallentato le nostre attività ma questa estate abbiamo ripreso a contattare i proprietari degli immobili. Non mancano le richieste, ora passeremo alla fase operativa con gli atti notarili e poi ai lavori di ristrutturazione».

Le costruzioni verranno dotate di impianti di climatizzazione che renderanno le strutture efficienti dal punto di vista energetico, e saranno raggiunte dalla fibra ottica. Il target di riferimento del progetto Happy Village è costituito da over 65 anni autosufficienti, singoli e coppie, che vogliono trascorrere un periodo importante della loro vita in un luogo conosciuto e apprezzato per la qualità dell’ambiente, il clima mite, uno stile di vita lento, ricco di storia e cultura.

«Molte di queste vecchie case sono fatiscenti – spiega Angius – e non offrono al visitatore una bella immagine di Fluminimaggiore. Sono per lo più costruire con i ladiri, i mattoni di fango e paglia utilizzati a cavallo tra l’800 e gli inizi del ‘900. Vogliamo dare al centro storico un aspetto più decoroso, senza ruderi e terreni incolti. Alcuni proprietari vivono in paese, hanno ereditato questi edifici ma non sono interessati a mantenerli. Per loro sono soltanto una fonte di spese. Altri, invece, sono partiti per cercare fortuna altrove. Il finanziamento che ci è stato concesso non prevede l’acquisto delle case da parte della Cooperativa, bensì la sola ristrutturazione. I proprietari hanno due possibilità: affittarle e renderle redditizie, con il sistema “rent to buy” (affittano la casa per 10 anni e poi la vendono al prezzo della valutazione fatta in questo momento), oppure affittare l’immobile per un certo periodo, prevedendo che il canone comprenda la quota delle spese sostenute dalla cooperativa per la ristrutturazione, prima che la casa rientri nella disponibilità del proprietario».

«È decisamente un progetto di lungo respiro, non si può realizzarlo nel giro di un paio d’anni», presisa Angius. «Parlare di affitto, in verità, non è corretto: si tratta di una retta mensile che comprende tutti i servizi. Occorrono investimenti ingenti da parte della pubblica amministrazione: al momento abbiamo ottenuto due finanziamenti per i servizi da parte della Fondazione di Sardegna, e stiamo definendo un accordo con il Comune sul fronte della forestazione. Nonostante le difficoltà, crediamo molto in questo progetto perché ci sono tante persone interessate a vivere in un posto tranquillo: stare lontani dai centri abitati più grandi, è uno svantaggio per certi versi ma un vantaggio per altri. Per esempio, negli ultimi due anni numerosi professionisti sono venuti a Fluminimaggiore grazie allo smart working. Il mare dista 7 km, questa è una zona molto interessante dal punto di vista naturalistico, poco antropizzata, adatta a un turismo molto lento. Questa è una delle prime terre emerse in Sardegna, dunque la zona è ricchissima di fossili che attirano ricercatori da tutto il mondo. Insomma, abbiamo tante caratteristiche che possono permetterci di capovolgere un’economia decisamente in difficoltà, grazie al coinvolgimento di numerose associazioni locali e alla collaborazione con il vicino paese di Buggerru».

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