Ambiente
Gli incendi in Sicilia? Una calamità per nulla stagionale
Sei mesi sono passati da quando, nella notte tra il 24 e il 25 luglio, in Sicilia, il fuoco distruggeva case, aziende, terreni, anche vite umane. Nonostante siano oltre 150 i milioni di euro di danni con cui si stanno facendo i conti, non è stato ancora dichiarato lo stato di emergenza. Costituiti, quindi, in class action coloro che hanno subito maggiori danni. come l'imprenditore del miele Claudio Meli e la chef Bonetta Dell'Oglio, decisi a non fare passare sotto silenzio quanto accaduto
Quando si pensa all’inferno in Sicilia la mente va subito alla notte tra il 24 e il 25 luglio del 2023, insopportabile per la temperatura che si è dovuta sopportare, devastante per chi ha perso la propria abitazione; senza contare la morte di alcuni cittadini che ancora oggi rende irrequieto il sonno di chi poteva e non ha fatto nulla. Sei mesi sono trascorsi e sembra che solo ora si stia procedendo alla conta dei danni. Sei mesi sono trascorsi e neanche una settimana fa piccole ondate di vento di scirocco hanno fatto rivivere a non pochi quegli attimi pieni di terrore.
Purtroppo, non c’è estate in Sicilia senza incendi, divenuti un fatto di ordinaria normalità in quanto hanno del tutto perduto la loro connotazione di evento eccezionale, ma solo quest’anno sono andati in fumo 50mila ettari di macchia mediterranea. Inevitabile che il Wwf prendesse parola attraverso un dossier che mette nero su bianco la situazione, chiarendo le responsabilità di chi avrebbe dovuto intervenire da tempo e, nonostante tutto, ha continuato e continua a sottovalutare le conseguenze.
Per le istituzioni regionali sembra non sia così necessario proclamare lo stato di emergenza
– Pietro Ciulla, Wwf Sicilia
«In una giornata con vento di scirocco e temperature elevate», si apre così il dossier dal titolo “Sicilia: Incendi vs Forestazione”, «sappiamo già che il rombo che sentiamo sulle nostre teste è quello dei Canadair. E anche se tutto brucia, per le istituzioni regionali “il fuoco non brucia e le foreste crescono prosperose».
Un’analisi, quella di Wwf, che mette in evidenza il ruolo determinante della politica siciliana – vecchia, nuova e di tutti i colori – che ha sostituito progressivamente la funzione sociale/ambientale dei rimboschimenti del secondo dopoguerra, con la funzione clientelare/assistenziale del sistema antincendio.
Quella stessa politica che ancora oggi non proclama lo stato di emergenza rispetto quanto è accaduto sei mesi fa, cominciando con il risarcire quanti ancora oggi si leccano le ferite. Come Claudio Meli, apicoltore e produttore di miele, che il 25 luglio del 2023 ha visto andare letteralmente in fumo la sua vita perdendo la prima casa, l’attività, ma non solo.
«Erano giorni di allerta meteo, tutti i bollettini parlavano dell’arrivo di un’ondata di caldo anomala», racconta Meli, «ma nulla poteva fare pensare a quel che sarebbe successo. Già durante la notte del 24 luglio le montagne avevano preso fuoco; tutto attorno a noi, da Baida a Bellolampo sino alla montagna dell’Inserra, il fuoco lambiva le montagne palermitane, ma rimanevamo positivi. Luisa, mia moglie, invece, era preoccupata perché l’estate prima c’era stato un incendio che avevamo dovuto spegnere noi residenti da soli. Le dissi di andare a riposare anche perché era in attesa del nostro terzo figlio, così che io potessi rimanere sveglio. Sino alle 5 del mattino ho assistito allo spettacolo delle lingue di fuoco che procedevano verso di noi, alimentate dal vento di scirocco di quei giorni che già levava il respiro senza muovere un muscolo. Intorno alle 8 crollo fisicamente, dicendo a Laura che sarei andato a riposare qualche ora, per poi tornare a fare i turni. Il tempo di poggiare la testa sul cuscino ed è un lampo; alle 10, Luisa mi chiama dicendomi che dovevamo scappare. Mi alzo, vado fuori e mi accorgo che la situazione stava sfuggendo di mano, così mi affretto per andare a prendere la macchina ma, neanche il tempo di avvicinarla a casa, e lo scenario diventa simile a quello di un film americano. Ma il set era solo la drammatica realtà. Palle di fuoco arrivavano come tizzoni ardenti che colpivano ovunque a macchia di leopardo, contribuendo a fare crescere la temperatura che intanto aveva raggiunto i 49 gradi. Abbiamo sfiorato la morte veramente per poco. Ancora oggi mi atterrisce il pensiero che, se mia moglie non fosse stata a casa ma al lavoro, io sarei andato a dormire con i bambini e non ci saremmo più svegliati. Non credo sia azzardato dire che possiamo parlare di tentato omicidio».
A sei mesi di distanza, i miei bambini sognano l’incendio che ha distrutto la nostra casa e disegnano prati neri
– Claudio Meli, l’imprenditore
Claudio Meli non ha paura a usare espressioni forti anche perché esasperato dalle tante telefonate, mail e pec che non hanno mai ricevuto risposta sia da parte del Comune sia della Regione.
«Ho, per esempio, segnalato che da me passa l’alveo di un fiume, lasciato in abbandono tra topi, zanzare e discariche a cielo aperto, humus ideale per alimentare incendi. La cosa più incredibile», aggiunge Meli, «è che nessuna risposta abbiamo ricevuto proprio quel 25 luglio, quando in centinaia hanno provato a chiamare i numeri di emergenza della Protezione civile e non solo, senza che nessuno si degnasse di ascoltarci. Chi è venuto a prestarci soccorso è arrivato assolutamente impreparato, dotato di tubi forati o così piccoli come se avessero dovuto spegnere il fuocherello di un’aiuola».
A differenza di altri, lo dicevamo, Claudio Meli ha perso la prima casa, l’intera palazzina in cui viveva con la famiglia, ma anche anni e anni di lavoro perchè nel magazzino dell’abitazione teneva le scorte di miele che la sua azienda alleva e produce dal 2011. Una di quelle realtà imprenditoriali felici, la Miele Meli, selezionata fra 760 aziende valutate, in quanto il suo cuore sta nella valorizzazione e protezione dell’ ape nera siciliana, contraddistinguendosi per natura, innovazione, qualità, economia e ambiente.
Un miele apprezzato da molti chef non solo siciliani, che da oltre sei mesi sta facendo i conti con una battuta d’arresto non indifferente. E con la necessità di rimettere in sesto una vita che, si può veramente dire, andata totalmente in fumo.
Anche nelle sventure come questa sembra che ci incontri tra chi condivide la stessa filosofia di vita
Qualche volta, poi, i destini si incontrano quando si leva alta anche la voce di una chef siciliana che, dalla natura, trae linfa vitale per le sue creazioni tra i fornelli. I suoi danni? Duecentomila euro per la sola abitazione e quasi tutta l’azienda agricola nella quale Bonetta Dell’Oglio, definita paladina del gusto e della biodiversità, intendeva ritirarsi per continuare a raccontare la cucina siciliana attraverso la possibilità di viverla totalmente immersa nella beatitudine del verde. Una tragedia, quella vissuta nella notte tra il 24 e il 25 luglio che, invece di abbatterla, le ha dato la forza di reagire costituendo una class action che, attraverso lo slogan “Io ci sono”, vuole portare avanti una battaglia che, soprattutto in Sicilia, sembra non avere stagioni.
«Dopo quanto ci è accaduto, puoi chiuderti e non fare niente? Impossibile. Anche perché in tutta la Sicilia indistintamente sono state 150 le abitazioni danneggiate, almeno sino a ora. Grazie all’avvocato Palmigiano», afferma Dell’Oglio, «abbiamo costituito quello che è diventato un vero e proprio movimento di pensiero, grazie al quale, dopo gli incendi, intendiamo sollevare diverse altre questioni. Stiamo ricevendo tanti messaggi, ma invito quanti non lo hanno ancora fatto a scriverci per far crescere questo fronte attivo di rivendicazioni che non vuole certo fermarsi. Prova ne è che, lungo la strada, è nata anche un’associazione, “Isola Fenice”, il cui ambizioso obiettivo è creare quelle opportunità che servono alla Sicilia per rinascere dalle sue ceneri. Ci occuperemo di natura, benessere, cucina, partendo dai disastri ambientali, anche perché, se le cose non cambieranno, ben presto potremmo non avere più patrimonio boschivo».
Parlando di emergenza si riesce a rendere la situazione, anche se é la normalità la condizione preferibile
Una realtà nella quale emerge la necessità di piani di prevenzione che possano evitare ulteriori e ben più gravi conseguenze. Una situazione per certi aspetti paradossale, se teniamo conto del fatto che, nonostante dovrebbero essere i primi interessati, solo 10 dei 120 Comuni hanno inoltrato alla Regione la documentazione relativa ai danni subiti. E c’è chi tuona.
«Dopo la pezza messa dai Governi di Palermo e Roma per tentare di rimediare alla mancata dichiarazione dello stato di emergenza da parte del Governo nazionale », sottolinea Valentina Chinnici, deputata del Pd all’Assemblea Regionale Siciliana, sin dal primo momento al fianco di chi, dall’oggi al domani, si è trovato senza casa come Claudio Meli, « il Dipartimento della Protezione civile siciliana aveva chiesto ai Comuni di inviare tutta la documentazione relativa ai danni subiti entro oggi, ma il fatto che molti non l’abbiamo ancora inviata non può rappresentare un alibi per un governo che per cinque mesi non è riuscito a portare a termine un’istruttoria dalla quale dipendeva il risarcimento dei danni subiti da centinaia di cittadini e dai territori».
Certo, rispetto a regioni come l’Emilia Romagna e la Toscana, la Sicilia ha avuto danni minori, ma parliamo comunque di oltre 150 milioni di euro di danni, solo a Palermo 16 milioni, 6 morti, aziende intere, campi e pascoli andati in fumo, ma anche zone sacre fortemente danneggiate come il Santuario di Gibilmanna, lambito dalle fiamme, e la chiesa di Santa Maria di Gesù che conteneva le spoglie di Benedetto Il Moro, uno dei santi protettori di Palermo.
Tre i miliardi inseriti in finanziaria che, considerata la mole di danni, sembrano bruscolini
«Il problema è che non si sa come verranno distribuiti, C’è anche un altro problema da considerare e cioè la mancanza di un piano di prevenzione aggiornato e adeguato. Abbiamo fatto inserire nella finanziaria la formazione dei volontari della Protezione civile», dice ancora Chinnici, «perchè, riferito da alcuni cittadini, non sono stati pochi i danni dovuti all’impreparazione di chi interveniva. Fondamentale che la Regione trovi subito una soluzione, perché nessuno più può subire queste enormi ingiustizie».
Nonostante il tema degli incendi imponga una riflessione a più ampio raggio all’interno del tema dei disastri ambientali, sembra strano a molti parlarne in pieno inverno: nonostante le conseguenze di ciò che accade in estate riguarderanno le future generazioni.
«Potrà sembrare strano », conclude Claudio Meli «ma per noi, quella notte di sei mesi fa, la continuiamo a vivere ogni giorno pensando a quello che abbiamo perso. E parlo anche di serenità perché lo rivivono i miei bambini che, invece di disegnare prati verdi, fiori colorati e cieli azzurri, colorano tutto di nero. Cosa dici a una maestra che ti chiama allarmata? Non si chiama forse emergenza questa?».
In apertura l’incendio sul monte Inserra, in provincia di Palermo (foto dall’archivio di Bonetta dell’Oglio)
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