Foggia
Uno spazio in carcere dove i bambini liberano le loro emozioni
L’associazione Lavori in Corso ogni giorno incontra i piccoli che entrano nell’istituto di pena del capoluogo Dauno nella fase che precede il colloquio con il genitore detenuto. Uno spazio di relazione, dove accogliere le loro emozioni, supportare le mamme e i papà che li accompagnano e renderli visibili agli occhi della società
«Quando sono arrivati i poliziotti a prendere papà, bussando e urlando forte, la mia sorellina piccola se l’è fatta sotto. Mamma ci ha abbracciati e ha detto: “Fate i bravi. Passa tutto. Papà va con i signori in un ospedale per il covid, ma torna presto”. Ma io non mi fido. Lo so che questo non è un ospedale: è il carcere. Perché quelli della mia classe quando non li guardo mi fanno il segno della mano aperta sulla faccia: significa che papà sta in galera. Quando faccio il cattivo le maestre mi dicono che mi mancano le rotelle in testa: ma io lo so cosa mi manca. Mi manca papà». Antonio ha grandi problemi scolastici e relazionali con i suoi compagni. Anche lui è uno dei tanti bambini invisibili che ogni giorno oltrepassano la soglia del carcere di Foggia per vivere un momento di contatto e di leggerezza con i loro genitori detenuti. Un modo per recuperare l’infanzia negata, per chiudersi in un abbraccio, per fermare un ricordo del rapporto con il loro papà o la loro mamma che a causa della detenzione vedono poco.
Bambini che da subito, a volte sin dalla nascita, hanno iniziato a fare i conti con ostacoli, difficoltà, mancanze, pur non avendo colpe. Come Antonio e la sua sorellina, che quando arrivano nello Spazio Giallo dell’istituto di pena si trasformano: dipingono, raccontano della loro vita, si emozionano. Perché «la definizione di bambino invisibile viene utilizzata per indicare quel bambino che si sente trasparente rispetto alle attenzioni dei genitori piuttosto che rispetto alla scuola, alla società e agli ambienti in cui è inserito. Questo è dovuto ad un vissuto di trascuratezza che il bambino vive nell’ambiente familiare, infatti i bambini con un genitore in detenzione vivono una carenza di affetto che ovviamente può portare loro a sviluppare una serie si sintomatologie preoccupanti sulle quali cerchiamo di intervenire nello Spazio Giallo cercando di accogliere questi loro bisogni emotivi e di renderli visibili agli occhi della società rispetto alle problematiche vivono quotidianamente». Mara De Troia è la psicologa dell’associazione Lavori in Corso, che dal 2006 progetta vite libere insieme a chi vive l’esperienza del carcere e desidera un futuro diverso per sé e per la propria famiglia.
E’ invisibile quel bambino che si sente trasparente rispetto alle attenzioni dei genitori
Mara De Troia, psicologa Lavori in Corso
In particolare, l’associazione – che ha sede legale a Lucera – si prende cura delle famiglie dei detenuti e contribuisce a rafforzare il legame tra i bambini e i loro genitori che sono in carcere. Come l’esperienza dello Spazio Giallo presente nell’istituto penitenziario di Foggia, che Lavori in Corso ha ideato e ampliato per accogliere attraverso le operatrici i piccoli che entrano nella struttura e prepararli durante la fase delicata che precede il colloquio e l’incontro con il proprio genitore. Uno spazio psico-pedagogico di relazione, di gioco, di colore, dove accogliere le loro emozioni e supportare le mamme e i papà che li accompagnano. «Un bambino invisibile può essere un bambino che presenta disturbi psicosomatici, oppure difficoltà nel contesto scolastico. Non a caso» rileva De Troia «molti figli di detenuti vivono un precoce abbandono rispetto al percorso degli studi e chiaramente crescendo possono sviluppare sin da adolescenti un modello di reiterazione dei reati che hanno compiuto i genitori o presentare un abuso di sostanze, di alcol o comportamenti anti-asociali».
Lo Spazio Giallo, dunque, è un modello di accoglienza e supporto ideato a Milano nel 2007 dall’associazione Bambini senza sbarre che pian piano è cresciuto fino a creare una rete nazionale che coinvolge diverse città. Si tratta di un ambiente attrezzato per l’infanzia che entra in carcere. E’ qui, infatti, che i piccoli si preparano all’incontro con il genitore e possono poi far decantare le conseguenze emotive che seguono sempre la separazione, al termine del colloquio. A Foggia, l’ampliamento della struttura si è reso possibile grazie al sostegno di Enel Cuore. Del resto, sono circa 350 i bambini e le bambine che entrano nel carcere di Foggia per andare a trovare uno dei loro genitori detenuti. Di qui, una serie di iniziative ed attenzioni da parte del sodalizio, come “Mikhael: bambini oltre le sbarre”, il progetto conclusosi di recente «che ha sostenuto per due anni l’accoglienza dei bambini e delle famiglie in visita ai loro parenti reclusi nel carcere di Foggia, ma è stato soprattutto un progetto che ha consentito la creazione di una rete territoriale a sostegno di queste famiglie vulnerabili» spiega Antonietta Clemente, coordinatrice di Lavori in Corso per la cura della genitorialità in carcere. «Lo Spazio Giallo è un luogo fondamentale, perché è il punto in cui riusciamo ad intercettare i bambini che vengono per la maggior parte accompagnati da mamme di 18-20 anni e da nonne che molto spesso hanno solo 40 anni. Sono bambini con bisogni speciali, che manifestano esigenze particolari rispetto alla detenzione del loro genitore che non sempre vengono capite. Come la lontananza e il distacco dal padre o dalla madre, che impedisce una relazione quotidiana, o anche la mancanza di libri da leggere a casa».
Nello Spazio Giallo i bambini aprono le loro emozioni, vivono un momento di verità
Antonietta Clemente, coordinatrice Lavori in Corso
Un altro degli aspetti su cui lo staff di Lavori in Corso lavora con i minori e le loro famiglie è «il racconto della verità. I bambini vengono riempiti di bugie, viene detto loro che il padre o la madre si trovano in un ospedale a causa del covid o in altri luoghi, ma loro sanno benissimo che si trova in carcere» rileva Clemente «che quello dove vanno a trovarlo è un carcere. Ma devono far finta di non sapere nulla, di fingere anche con le mamme o le nonne da cui vengono accuditi, per non deludere i loro cari. Attraverso i nostri laboratori e l’incontro con le operatrici i bambini aprono le loro emozioni, vivono un momento di verità. Lo Spazio Giallo, inoltre, ha implementato la capacity building della nostra associazione e ha consentito l’inclusione, per quanto riguarda la tutela di queste famiglie, di soggetti istituzionali quali Comune, Università di Foggia e Ufficio di Esecuzione Penale Esterna che hanno fatto squadra con noi per sostenere questi nuclei famigliari in un’ottica di prevenzione e legalità».
Da questo progetto è nata la campagna di crowdfunding “Bambini inVisibili” che mira a dare voce e visibilità agli oltre 900 bambini che in provincia di Foggia hanno uno o entrambi i genitori detenuti in un istituto di pena o ai domiciliari in esecuzione penale esterna. «Questi bambini sono invisibili non soltanto alla società, ma sono invisibili anche al proprio nucleo famigliare» evidenzia Clemente. «Per cui, il fare rilevare questi bisogni può prevenire una serie di disturbi di cui questi piccoli possono soffrire, come è stato approfondito dal lavoro di ricerca della nostra associazione». La finalità è di dare sostenibilità e continuità allo spazio in cui operatrici e ed educatrici incontrano i bambini permettendo loro di affrontare temi come la separazione dal genitore, la vergogna, la tristezza, la paura dell’abbandono attraverso attività di arte-terapia, disegno libero, letture animate e condivise.
Foto: associazione Lavori in Corso
Scegli la rivista
dell’innovazione sociale
Sostieni VITA e aiuta a
supportare la nostra missione
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.