Comunità

Foggia, digiuno a staffetta per chiedere la fine di ogni guerra

Una quindicina di attivisti del Coordinamento Capitanata per la pace da diversi mesi si alternano nella pratica del digiuno come metodo di lotta nonviolento per manifestare il loro dissenso contro le guerre, in difesa dei diritti umani e per immedesimarsi con i popoli vittime dei conflitti

di Emiliano Moccia

«L’iniziativa del digiuno a staffetta è nata per scuotere un po’ le coscienze dall’assuefazione alle guerre, prima che iniziasse questa ulteriore fase del conflitto israelo-palestinese. Da sempre il digiuno rappresenta una pratica nonviolenta a disposizione di quanti intendono manifestare pacificamente il dissenso a difesa dei diritti umani calpestati dalle leggi e dagli stati». Giuseppe La Porta insegna Filosofia ai suoi studenti ed è da sempre attento ai temi della pace, della nonviolenza, dell’obiezione fiscale, del disarmo. Marce in difesa dei diritti, attività di sensibilizzazione nella comunità foggiana, incontri per ascoltare storie e testimonianze sui temi della pacificazione e del dialogo, da oltre trent’anni anni insieme ad altri attivisti del territorio La Porta sollecita riflessioni, azioni pratiche e collettive per stimolare il territorio.

Un momento della tradizionale Marcia per la pace Emmaus-Amendola

Da qualche mese, all’interno del Coordinamento Capitanata per la pace, si è costituita una “Arca per la Pace” che pratica «il digiuno a staffetta, con il coinvolgimento attivo di circa una quindicina di pacifisti locali che digiunano avvicendandosi nel corso della settimana» spiega La Porta. «In questo tipo di azione ci vedo soprattutto la voglia di far sentire, attraverso la privazione del cibo e quindi della sofferenza del proprio corpo, perché anche digiunare 24 ore non è facilissimo, la possibilità di immedesimarsi empaticamente con le condizioni dei popoli vittime delle guerre che sono soggetti a bombardamenti, oppressione, mancanza di rifornimento di cibo, attrezzature, medicine. Ma anche la voglia di mostrare che non ci si vuole abituare alle guerre. Tra cui quella Russa-Ucraina e questa nel Medioriente». Intanto, il Coordinamento Capitanata per la pace sostiene con forza i pacifisti e le attività che portano avanti per avvicinare i cittadini sul senso dell’iniziativa.

C’è bisogno di parlare di pace, c’è bisogno di parlare di un’alternativa alla guerra e alla violenza che per quanto ci riguarda sono i metodi di lotta nonviolenti

— Giuseppe La Porta
Giuseppe La Porta durante una manifestazione a Foggia

Perché mai come in questa epoca di contatti virtuali e di informazione veloce c’è bisogno di guardarsi in faccia e di approfondire le tematiche. Come quelle che sono alla base dei vari conflitti sparsi per il mondo e in Europa. «C’è bisogno di parlare di pace» evidenzia il professor La Porta «c’è bisogno di parlare di un’alternativa alla guerra e alla violenza che per quanto ci riguarda sono i metodi di lotta nonviolenti, come le forme di boicottaggio, l’informarsi bene, conoscere le complessità dei problemi, partecipare a manifestazioni e far sì che gli uomini e le donne di buona volontà raccolgano l’appello di “prendere la parte della pace” nel conflitto mediorientale con una giornata di digiuno e preghiera, al di là delle diverse fedi religiose e delle differenti convinzioni politiche». L’ultima iniziativa è proprio legata ad un incontro-dibattito svoltosi a Foggia sulla guerra di Gaza e con la partecipazione oggi pomeriggio a Bari per partecipare ad un presidio per la pace in Medioriente, «perché è importante» conclude La Porta «contrastare il ritorno preoccupante della guerra nell’orizzonte politico internazionale».


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