Ebrima, dal gommone della speranza ad arbitro di calcio

Ebrima Gaye è arrivato in Italia quando aveva solo 16 anni. Ha lasciato il suo Paese, il Gambia, per trovare un futuro migliore. Il suo viaggio è stato molto duro: due anni in Libia, l’esperienza del carcere, il mare, il dolore. Oggi è diventato arbitro di calcio e vive a Monteleone di Puglia

di Emiliano Moccia

L’immagine di Ebrima Gaye guarda dall’alto gli abitanti di Monteleone di Puglia ed i turisti che visitano il caratteristico borgo dei Monti Dauni. Sembra come proteggerli, osservarli, spiegare a tutti la sua storia e sicuramente il suo futuro. Il murale che raffigura il giovane gambiano mentre regge un telo è stato fatto realizzare dall’Amministrazione Comunale nell’ambito di un progetto di riqualificazione del centro storico che attraverso l’arte urbana voleva lanciare messaggi politici e sociali, soffermandosi sulla vita e sulle storie delle persone. In particolare, dei migranti accolti nel piccolo paese in provincia di Foggia. Come Ebrima Gaye che custodisce dentro di sé una storia di viaggio e di dolore che finalmente sta iniziando a profumare di riscatto e, sicuramente, dell’odore dei prati verdi che ha iniziato a calcare come arbitro di calcio. Perché Ebrima non ha dubbi: «Voglio arrivare in alto, voglio arbitrare in serie A, nei tornei internazionali e magari anche delle partite del Campionato del Mondo. Quando inizi un percorso puoi capire fin dove puoi arrivare ed io sento che posso fare molto bene, perché amo arbitrare».

Ebrima, qualche giorno fa, ha fatto l’esordio ufficiale sul rettangolo verde di Sant’Angelo dei Lombardi, in provincia di Avellino. Ha diretto con piglio, nervi saldi e buon senso la gara San Giuseppe Siconoffi – Heraclea valevole per il campionato provinciale Under 15. Il match è terminato 6 – 0 per i padroni di casa. Il giovane arbitro ha applicato giudiziosamente il regolamento, ha fischiato correttamente diversi fuorigioco e soprattutto ha avuto sempre in mano la partita. Chi lo ha seguito e lo segue da sempre ha detto che è stato sicuro di sé e delle sue decisioni, mostrando ampi margini di miglioramento. Del resto, Ebrima conosce bene il significato della parola impegno e sacrificio. Super Mario, come lo chiamano a Monteleone di Puglia per via della sua somiglianza con Mario Balotelli, è arrivato in Italia sette anni fa a bordo di un gommone della speranza. Arriva da Bijilo, Western, Gambia, ed è partito con il sogno di migliorare la sua condizione di vita. «Quando avevo 16 anni ho deciso di andare via dal mio Paese perché volevo migliorare la mia vita ed aiutare la mia famiglia. Non avevo molte occasioni di studiare, di trovare lavoro e vivevo una situazione dura. Per questo» racconta Ebrima in un perfetto italiano «ho scelto di andare via. E’ stato un viaggio molto faticoso e pericoloso. Avevo pochi soldi in tasca quando ho iniziato il cammino. Sono passato per Mali, Niger, Burkina Faso e sono giunto in Libia. Qui per sei mesi ho fatto piccoli lavoretti per trovare i soldi e attraversare il Mediterraneo su una barca».

E’ a questo punto che per Ebrima inizia un periodo di profonda sofferenza, in cui ha conosciuto anche la durezza del carcere a causa dei «mafiosi del mare». Quando ritrova la libertà, grazie all’aiuto della madre, resta in Libia continuando a svolgere piccoli lavori occasionali. E quando rimette insieme la cifra che gli occorre per partire, non ci pensa due volte e ritenta il viaggio. «La seconda volta è andata bene e sono arrivato in Italia. La prima tappa è stata a Salerno, poi mi hanno spostato a Monteleone di Puglia presso il Piroscafo Duca d’Aosta ospite del progetto SAI – Sistema di Accoglienza e Integrazione – ex SPRAR». Nel borgo Ebrima inizia il suo cammino di reale inclusione sociale. «Coltivavo già la passione per il calcio e per la figura dell’arbitro» prosegue. «Ho iniziato a seguire in ogni partita il mio amico arbitro Giuseppe Antonio Morra. Mi piaceva vederlo in campo, come arbitrava e siccome sognavo di farlo anche io mi ha spinto ed incoraggiato a seguire il corso di arbitro». Di conseguenza, Ebrima ha seguito tutto il percorso formativo, «ed un grosso merito» sottolinea con forza Super Mario «lo devo al mio tutor Angelo Gizzo, agli arbitri Gianluca Grasso e Michele Di Cairano della sezione Associazione Italiana Arbitri di Ariano Irpino diretta da Francesco Grasso. Ho sentito la loro fiducia ed il loro appoggio».

Il giorno dell’esordio Ebrima – che di pericoli nella sua giovane vita ne ha già vissuti tanti – era particolarmente emozionato. «La prima partita è stata molto importante per me. Ero molto emozionato. Non pensavo che un giorno sarei davvero potuto diventare un arbitro. E’ stato un sogno per me. Ogni tanto mi sveglio e ancora non credo alla fortuna che ho avuto dopo tutto quello che ho passato. Mia madre, che vive ancora in Gambia, è molto orgogliosa di me». Oggi Ebrima ha 22 anni ed ha deciso di proseguire la sua vita a Monteleone di Puglia, borgo della pace, dell’accoglienza, dell’integrazione. «Grazie all’aiuto di tutta la comunità, del sindaco Giovanni Campese e di quanti mi sono vicini, oggi vivo tranquillo. Sto svolgendo il Servizio Civile Universale facendo il mediatore presso il centro di accoglienza per minori stranieri ed alle volte dò una mano in cucina». Sul suo futuro Ebrima non ha dubbi: «Voglio restare qui, mi trovo molto bene. A dicembre spero di andare a trovare mia madre in Gambia e chissà se un giorno non verrà anche lei in Italia». Intanto, prosegue il suo sogno di arbitro e non ha paura degli insulti o delle difficoltà che incontrerà sul suo cammino. «Amo lo sport e mi piace arbitrare. Nel campo decido io, c’è un regolamento da far rispettare e questo è l’aspetto che mi piace di più». E la mente torna all’immagine del murale che lo raffigura gigante, questa volta però in mezzo ad un campo di calcio mentre arbitra senza problemi una partita dei futuri campionati del mondo.

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