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Disabilità e lavoro, quando le imprese rispondono alla chiamata del Terzo settore

Si chiama Insieme il bando dell'Aspal, l'Agenzia sarda per le politiche attive del lavoro, che ha visto collaborare aziende, associazioni e una equipe multidisciplinare per creare opportunità di inclusione sociale. Una donna è la prima assunta

di Luigi Alfonso

Un’accurata formazione multidisciplinare per offrire opportunità di lavoro alle persone con disabilità. L’obiettivo che si era posto il raggruppamento temporaneo formato da Anffas Cagliari, Centro Panta Rei Sardegna, società cooperativa Elan e Solidarietà Consorzio, quando ha partecipato al bando Insieme (Inserimenti specialistici individualizzati ed esperienze multidisciplinari in equipe) promosso dall’Agenzia sarda per le politiche attive del lavoro – Aspal, ha consentito di arrivare alla prima assunzione. Superata la necessaria fase di formazione e orientamento, con una progettazione personalizzata e condivisa per ciascun partecipante, una giovane donna è stata assunta a Cagliari da una società di assicurazioni.

vita a sud

Protagoniste di questo percorso sono state 13 persone con disabilità, 11 società private che hanno offerto la loro disponibilità a supportare l’iniziativa e l’equipe multidisciplinare composta da psicologi, pedagogisti, assistenti sociali, tutor d’aula, docenti e professionisti a supporto delle famiglie. Per sei mesi, otto donne e cinque uomini di età compresa tra i 23 e i 50 anni hanno svolto un tirocinio formativo in aziende che operano negli ambiti più disparati: scuola d’infanzia, supermercati, ristorazione, assicurazioni, strutture ricettive, uno studio di progettazione, servizi alla persona e all’infanzia. Per ogni tirocinante è stato elaborato un progetto individualizzato, in modo tale da promuovere un abbinamento funzionale alle caratteristiche della persona e del contesto aziendale. Si è partiti da una valutazione multidimensionale secondo la prospettiva Icf (la classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute), che aiuta a descrivere al meglio lo stato di salute di un individuo all’interno di un dato ambiente, come quelli sociale, familiare, lavorativo e scolastico.

Anna al lavoro in ufficio

«Sono stata assunta come impiegata da un’agenzia assicurativa affiliata al gruppo Unipol», spiega Anna, cagliaritana. «Mi occupo soprattutto di back-office: archivio polizze, gestione digitalizzazione dei documenti. Sono una persona molto metodica, credo che questa mansione sia perfetta per me. In generale, quando una persona sta per diverso tempo senza lavorare (per patologie o disagi vari), perde la fiducia nelle proprie capacità e nelle competenze acquisite nel corso degli anni. L’autostima cala, e rientrare nel mondo lavorativo può risultare difficile. Spesso ci sono anche i pregiudizi da superare: a me è capitato. Sono rimasta a casa per motivi di salute, per un certo periodo, e il mio curriculum ne ha risentito. Questa occasione lavorativa non solo mi consente di vivere ma mi appaga umanamente. Mi è stato permesso di farmi conoscere e apprezzare. Ringrazio il datore di lavoro e i miei colleghi. È un’azienda che valuta molto l’aspetto umano ma, più in generale, c’è un aiuto reciproco che mi dà una marcia in più. Ora mi sento molto più positiva».

Da sin.: Alessandro Caravati, Anna e Antonio Locci

«Questa è la prima volta che partecipiamo a un progetto di questo tipo», spiega Alessandro Caravati, titolare di Assicura Srl per Unipol. «E ne siamo soddisfatti. Tutto è nato un po’ per caso: io e alcuni colleghi seguiamo un’attività locale dell’Anffas. In quel contesto mi è stata chiesta la disponibilità a partecipare a “Insieme”. Ho aderito immediatamente, al buio e senza pregiudizi. Certo, prima di procedere ne ho parlato con Cinzia, la mia socia, ma non ci siamo posti il benché minimo problema, né abbiamo avuto retropensieri. Così abbiamo incontrato Anna, poi ci sono stati tempi un po’ lunghi per la solita burocrazia, ma alla fine siamo riusciti a partire. Che cosa direi ad altri imprenditori locali? C’è poco da dire, se non di dedicare un po’ di tempo alle persone. Non ci sono particolari alchimie. Con Anna abbiamo deciso di seguire un percorso diverso dal solito: siamo partiti dalle basi, ma non dalle fotocopie. E lei ha superato brillantemente l’esame di abilitazione. Noi e lei ci abbiamo messo l’impegno, tutto il resto è arrivato in maniera naturale. Il giorno in cui è scaduto il periodo di prova, le abbiamo annunciato che sarebbe stata confermata perché lo aveva meritato. Nessun buonismo, nessun pietismo».

Un’immagine del progetto Insieme

Antonio Locci, pedagogista di Panta Rei e del team multidisciplinare del progetto, è stato il tutor di Anna per sei mesi. «Il mio ruolo è stato esercitato prevalentemente dietro le quinte», spiega. «Mi sono occupato anche dei rapporti con le istituzioni e l’azienda, ma la parte più bella è il rapporto umano che si crea con la persona che segui durante il percorso. Con Anna è stato semplice gestire la situazione, anche perché il suo buon carattere ha facilitato tutto. C’è stato spazio per l’ascolto e la riflessione da un punto di vista socioeducativo. Ho visto sbocciare l’opportunità che poi si è concretizzata con la sua assunzione dopo il tirocinio. Nel tempo sono diventato inutile, felice di esserlo. Ha aiutato molto l’elevata qualità di questa azienda. È stato comunque fondamentale poter lavorare con un’equipe multidisciplinare, ognuno con la propria competenza».

Il valore aggiunto di questo progetto è l’approccio multidisciplinare, uno degli elementi innovativi con cui si cerca di creare per ognuno un percorso personalizzato di costruzione e ri-costruzione di un’identità autonoma e sicura. Il progetto di inclusione è ambizioso e si pone tra gli obiettivi non solo quello di una formazione mirata e specifica, ma possibilmente quello di un approdo lavorativo. Per farlo è stata avviata una rete di collaborazione tra istituzioni, privati e Terzo settore che si auspica possa diventare stabile e continuativa.

La psicologa del lavoro Carla Cappai

«Questo progetto mette insieme forze e professionalità, valorizza la rete, e consente di creare nuove opportunità di incontro tra il mondo della disabilità e quello delle aziende, sia promuovendo lo sviluppo personale e professionale dei partecipanti, sia promuovendo lo sviluppo aziendale attraverso l’inclusione lavorativa e la creazione di un ambiente lavorativo inclusivo che superi le barriere culturali e sociali», commenta Carla Cappai, psicologa del lavoro e coordinatrice dell’agenzia di mediazione al lavoro dell’Anffas, ente capofila del partenariato. «Allo stesso tempo, permette di modificare l’immagine della disabilità, riducendo il focus sull’aspetto di difficoltà e limite da gestire verso il riconoscimento dell’aspetto di risorsa. Sono persone – giovani e adulti in condizione di vulnerabilità – che hanno risorse spendibili nel mercato del lavoro, che creano valore aggiunto e ricchezza in un’impresa: sia in termini operativi nella mansione, sia per quanto concerne il clima lavorativo ed il gruppo di lavoro. Le aziende che decidono di affrontare questo tipo di approccio, si mettono in gioco e si impegnano nel rapportarsi con la diversità, investono e promuovono il valore individuale ed il talento di ciascun dipendente, per favorirne la crescita».

Va precisato che “Insieme si può” non è un comune progetto di inclusione, in quanto prevede il lavoro di un’equipe multidisciplinare formata da un’assistente sociale coordinatrice dell’equipe, una psicologa e un pedagogista (messi a disposizione da ciascuno dei partner del progetto) che operano con metodo Icf. Il percorso ha visto azioni di supporto – sostegno psicologico individuale, supporto alla famiglia e alle persone significative (familiari di riferimento, amministratori di sostegno, ecc.), supporto alle aziende – e azioni di formazione propedeutica all’avvio dei tirocini, in itinere e alla loro conclusione.

Rita Angela Pitzalis (presidente Anffas Sardegna) durante un’attività associativa

«Assessora Manca, venga a trovarci. Troverà un mondo fatto di persone come voi, che sanno lavorare e che, come tutti, ne hanno necessità. Metteteci alla prova, scommettete su di noi: sapremo stupirvi», ha scritto in occasione del Primo maggio la presidente dell’Anffas Sardegna, Rita Angela Pitzalis, in una lettera inviata alla neo assessora regionale del Lavoro, Desiré Manca. Lo ha fatto a nome della squadra di operatori dell’associazione che, da oltre 60 anni, si occupa della tutela dei diritti delle persone con disabilità intellettiva, ma anche di ragazze e ragazzi che partecipano ai progetti di inclusione sociale e lavorativa. La presidente Pitzalis ha immediatamente fatto l’eco a un commento della rappresentante della Giunta Todde, in concomitanza con la Festa dei lavoratori: «Se la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro, nostro compito e tutelare le condizioni che rendano effettivo questo diritto», aveva detto l’assessora Manca. L’assist perfetto per questa operosa realtà del Terzo settore isolano. «Tra di noi, c’è chi lavora in strutture ricettive, chi nel campo della distribuzione, chi in negozi specializzati», sottolineano i ragazzi inseriti nei progetti di inclusione lavorativa dell’Anffas. «C’è poi chi ha un diploma, chi la laurea, chi conosce addirittura tre lingue». Ma il problema rimane sempre lo stesso, e gli operatori e le operatrici della Fondazione Anffas lo rimarcano con forza: «Manca una politica di continuità che permetta loro di progettare il proprio futuro, rendendosi per quando possibile indipendenti. Innanzi tutto, è necessario rinforzare la rete integrata dei servizi sociali, sanitari, educativi e formativi, anche facilitando il dialogo tra gli assessorati regionali del Lavoro e della Sanità. Vanno poi stipulati gli accordi territoriali con i datori di lavoro e le organizzazioni sindacali, le cooperative sociali, le associazioni delle persone con disabilità e i loro familiari, nonché con le altre organizzazioni del Terzo settore che svolgono attività statutaria o attività di impresa di interesse generale, al fine di favorire l’inserimento lavorativo».

Un’altra richiesta urgente è l’individuazione del disability manager, responsabile dell’inserimento lavorativo nelle aziende con un ruolo di mediazione tra la persona con disabilità e l’impresa, che contribuisce a costruire un’alleanza relazionale e progettuale. La figura è stata introdotta da un decreto assessoriale dello scorso mese di novembre, ma ancora non è stata istituita. «Per rispondere a questo bisogno di mediazione, nella nostra associazione abbiamo dato avvio nel 2014 a un apposito servizio specialistico, l’agenzia di mediazione al lavoro, servizio indispensabile per facilitare l’incontro tra persone con disabilità e aziende, ma che trova difficoltà a reperire risorse economiche. La preoccupazione è che, se non si trovano finanziamenti, non si riesca più a garantire questo percorso di accompagnamento», conclude Pitzalis.

Credits: la foto d’apertura è di Rivage su Unsplash; le altre foto sono state messe a disposizione da Anffas Sardegna

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