Inclusione
Da profughi a cittadini padroni del proprio futuro grazie al progetto Unicore
Addolora ascoltare storie di giovani che, per la prima parte della loro vita, hanno vissuto le drammatriche condizioni di un campo profughi credendo di non avere più futuro. Poi improvvisamente arriva un progetto come "Unicore", portato avanti anche dalla Diaconia Valdese, che offre loro l’opportunità di arrivare in Italia in sicurezza e dignità per proseguire gli studi
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Un campo profughi per un giovane? Come se spegnessero quella luce che ti fa sperare nel futuro. Poi, improvvisamente, ecco che intravedi qualcosa all’orizzonte e ricominci a sperare.
Viene dal Sud Sudan, Xaviar Michael Zingbondo, un Paese colpito dalla guerra dove hai ben poche possibilità di scelta, resistere o morire.
«Se volevo sopravvivere dovevo andare via», racconta lui stesso con la consapevolezza di una testimonianza che possa dare coraggio ad altri giovani come lui, «perchè vivere e crescere in una zona di guerra lo sopporti anche per anni, ma poi o soccombi o scappi. Ho, quindi, cercato rifugio in Uganda dove sono rimasto per sei anni in un campo profughi. Una sfida giornaliera contro tante difficoltà, per esempio le condizioni igienico-sanitarie, infatti non si fa in tempo a curare una malattia che ne subentra un’altra. L’alimentazione, poi,soprattutto per i bambini più piccoli, è veramente un problema».
Una vita che non varrebbe la pena di vivere, se non per il fatto che in un campo profughi sai che nessuno verrà a spararti addosso
«Per chiunque la convivenza con così tante persone sarebbe un problema», prosegue Xaviar, «ma per me lo è stato soprattutto per gli studi. Avevo conseguito una laurea triennale e volevo andare avanti, ma ci vuole serenità per concentrarsi e non ho bisogno di spiegarlo, perchè lo potete immaginare voi stessi, che questa condizione non abita un campo profughi. Ma, come tutte le storie che hanno un lieto fine ecco che, un giorno, si accende una luce e la mia vita ricomincia sui giusti binari, con la prospettiva di realizzare i miei sogni»
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Solitamente siamo abituati ai nostri rituali e alle nostre preoccupazioni. Guardando dalla prospettiva di chi arriva da un campo profughi, ci rendiamo conto che esiste anche un altro modo di vedere la vita
Ludovica Raiola, referente progetto “Unicore” per la Diaconia Valdese
Dal 2023 Xaviar Michel è, infatti, in Sicilia grazie a Unicore – University Corridors for Refugees – progetto che rientra tra i canali complementari, nello specifico tra gli “Education Pathways”, ossia quei percorsi di accesso ai Paesi Terzi che hanno come obiettivo la formazione scolastica e universitaria. Su quest’ultima si concentra il progetto che offre alle persone rifugiate borse di studio per frequentare in Italia una laurea magistrale, favorendo il rilascio di visti per motivi di studio. Messina, Catania e Palermo le tre università coinvolte nel progetto grazie alla Diaconia Valdese, che, dal 2021 a oggi, ha accolto in tutto 18 studenti e 2 studentesse.
Secondo le stime UNHCR le persone costrette a fuggire da guerre e persecuzioni rimangono in esilio, in media, per circa 20 anni. Il 76% dei rifugiati nel mondo vive in paesi a basso e medio reddito dove troppo spesso le opportunità per ricostruire il proprio futuro in dignità sono assenti. Per quanto riguarda l’accesso all’istruzione, infatti, i dati globali rimangono drammatici: solo il 6% dei rifugiati ha accesso all’istruzione terziaria contro il 40% della popolazione non rifugiata. Obiettivo di Unicore è raggiungere un tasso d’iscrizione all’educazione terziaria dei rifugiati del 15% entro il 2030.
Collaborano alla realizzazione del progetto il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, UNHCR, Diaconia Valdese, Caritas Italiana, Centro Astalli e Gandhi Charity, oltre a un’ampia rete di partner locali che assicurano il supporto necessario e favoriscono l’inclusione durante tutto il percorso accademico di studentesse e studenti.
«Unicore», spiega Ludovica Raiola, referente del progetto per i servizi di inclusione della Diaconia Valdese, «nasce nel 2019 con una prima edizione pilota, che vede l’arrivo in Italia di 6 studenti, accolti da due atenei: l’Università Alma Mater di Bologna e la Luiss di Roma. Nel 2020 il progetto si espande, andando a coinvolgere 10 università italiane e mettendo a bando 20 borse di studio per studenti rifugiati in Etiopia. A settembre 2020, infatti, sono arrivati 19 studenti e una studentessa, diretti verso le università italiane di Milano, Padova, Venezia, Firenze, Pisa, Perugia, Roma, L’Aquila, Sassari e Cagliari. L’espansione si è confermata costante negli anni seguenti, sia in termini di università aderenti sia di borse di studio assegnate. La cosa bella è che Unicore è cresciuto raccogliendo l’interesse di atenei di piccoli e grandi dimensioni, privati e pubblici, da tutte e aree del Paese».
Cresciuto il numero delle università coinvolte, così come le borse di studio offerte ai giovani profughi negli anni: 35 le università coinvolte per l’edizione 6.0 che hanno offerto 65 borse di studio. Nel complesso, negli anni, sono state offerte oltre 250 borse da parte di 42 università.
Un percordo che non si ferma. L’Università degli studi di Palermo, infatti, ha lanciato l’edizione 7.0 di Unicore per dare la possibilità, insieme ad altri 36 atenei italiani, di proseguire il loro percorso accademico in Italia a 67 rifugiati residenti in Kenya, Mozambico, Niger, Nigeria, Sudafrica, Tanzania, Uganda, Zambia, Zimbabwe, Etiopia, India, Malawi e Namibia. Tre le borse di studio, per il biennio 2025-2027, del valore ciascuno di 4.200 euro all’anno. Gli studenti che verranno selezionati in base al merito accademico e alla motivazione, potranno scegliere tra quindici differenti corsi di laurea magistrale in lingua inglese. Bando che si chiuderà il 18 aprile.
Ma quali criteri adotta Unicore per selezionare chi potrà partecipare?
Punta prima di tutto sul merito e sulla motivazione. Il compito è assegnato a una commissione composta da personale docente interno al corso di laurea scelto e da referenti del progetto Unicore. La fase orale della selezione include delle domande che valutano le conoscenze acquisite durante la laurea triennale, le materie degli esami sostenuti, ciò che ha spinto alla scelta del progetto e dello specifico corso, ma anche la competenza di lingua inglese.
Dopo il percorso di studi, analogo quello che hanno seguito studenti come Xaviar, cosa si apre davanti a loro?
C’è chi decide di rimanere in Italia, chi trova offerte di lavoro o studio all’estero, in pochi fanno rientro nel paese di primo asilo o in altri paesi limitrofi a esso, qualcuno poi si trasferisce altrove grazie ai ricongiungimenti familiari. La maggior parte delle persone, invece, tenta di aprirsi delle strade sia in Italia sia in altri stati europei, valutando la scelta di rimanere o meno anche in base alle offerte di lavoro.
Tornare a casa o continuare a studiare e. quindi, lavorare in l’Italia o in altre realtà europee. Come vede il suo futuro?
«Io ho deciso di frequentare un master in Politica globale e Relazioni euromediterranee», spiega Zingbondo, «ed è la strada su cui intendo proseguire. Quando penso all’ipotesi di tornare a casa, mi vengono in mente tutte le atrocità che ho visto e che mi hanno causato infinito stress. Penso anche a chi si trova oggi in uno dei tanti campi profughi, l’unica loro salvezza per non morire. Sono certo che, stando lontano, potrò aiutare la mia famiglia dalla quale mi sono dovuto separare quando sono scappato. So, però, che stanno tutti bene ed è la cosa che mi dà la forza per andare avanti».
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Toccano il cuore storie come quella di Xaviar Michael per la forza che riescono a tirare fuori, facendole diventare esperienze di vita da prendere ad esempio. Storie di dolore, ma anche di riscatto, di successo, come quella di un giovane studente rifugiato di origine eritrea che ha frequentato la laurea magistrale in Data Science. Un percorso di studi che lo ha portato alla laurea e, subito dopo, all’assunzione prima a tempo determinato e poi a tempo indeterminato in una banca. Oggi parla benissimo italiano, ha ricongiunto la moglie, il figlio e la madre e, con tutte le difficoltà del caso, porta avanti la sua vita. Grazie sempre a Unicore anche una studentessa congolese, rifugiata in Cameroon, è stata selezionata per il corso in Economics and Managament of Government and International organizations e sta per scrivere la sua tesi di laurea, attivando allo stesso tempo un tirocinio presso un’Azienda sanitaria locale. Il campo profughi, per tutti loro, è ormai un lontano ricordo.
Nessun nome, nessun tipo di elemento per identificarli, ma solo perchè desiderano proseguire la loro vita serenamente, non certo dimenticando il loro passatom ma anche perchè le ferite sono ancora aperte e le cicatrici sono lì a ricordare, come una mappa geografica, quello che hanno passato prima di approdare alle loro nuove vite.
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