Emigrazioni

Che noia parlare di spopolamento! Ora abitiamo le Basilicatë

Chi sceglie di emigrare non è solo un’occasione perduta, ma un'opportunità che attende di essere attivata. Ne è convinta Mimì Coviello, coordinatrice di un progetto che mette in rete i principali musei dell’emigrazione con la Basilicata. Una mostra itinerante sul passato, che parla di futuro

di Luca Iacovone

progetto Basilicatë

«Basta piangere sui numeri di chi va via! Io sono rimasta in Basilicata e non mi sento per questa ragione né una sfigata senza altre possibilità fuori, né un’eroina dei tempi moderni. Sono rimasta perché penso di avere ancora qualcosa da dire qui. E allo stesso modo non credo che chi va via sia una specie di traditore o, peggio, un martire costretto alla fuga. Quel mondo ormai è passato! Ripopoliamo la Basilicata della lucanità di chi vive lontano, facciamola diventare un valore per la nostra terra!»

Mimì Coviello mi interrompe subito, non vuole neanche sentirli i dati drammatici sullo spopolamento in Basilicata. Questi: oggi la regione conta 533 mila abitanti; 25 anni fa superavano i 600 mila; nel 2080 scenderanno a 290 mila, stando allo scenario mediano elaborato da Istat.

Coviello è coordinatrice del Comitato tecnico scientifico del Centro dei lucani nel mondo Nino Calice, tra i promotori del progetto Basilicatë. Organizzatore del progetto è la Federazione delle associazioni e dei circoli dei lucani in Piemonte, grazie al sostegno della Regione Basilicata e alla direzione artistica del gruppo Architecture of Shame.

Cos’è Basilicatë

Ha ancora senso parlare di lucanità? Resiste nei primi migranti del secolo scorso un senso di appartenenza alla loro regione che può ancora essere attivato? Sono queste le domande che hanno animato Basilicatë, un progetto di ricerca e documentazione sulla cultura lucana pensato e costruito insieme alle comunità dei lucani di New York, Buenos Aires e Montevideo.

Basilicatë, al plurale, con la dieresi sull’ultima lettera, per esprimere le tante variazioni che si producono nella tradizione culturale ad opera dei migranti. Non solo una Basilicata, dunque, ma tante quante sono le forme con cui viene a contatto nel mondo. Sono quattro i principali campi di indagine su cui si sofferma la ricerca: linguaggio; cucina e gestualità; spazi domestici; ritualità.

Il progetto culminerà con quattro mostre che saranno inaugurate quasi contemporaneamente: il 22 Agosto a New York, il 25 Agosto a Buenos Aires, il 28 Agosto a Montevideo e il 16 settembre a Torino. Arriverà poi il turno di Genova, ad ottobre, presso il Museo dell’Emigrazione Italiana, con un racconto del progetto e la presentazione della pubblicazione che racconterà il lavoro condotto. Alla fine del suo giro per il mondo la mostra tornerà al Museo dell’Emigrazione lucana, nel Castello di Lagopesole, in Basilicata.

Mimì Coviello Basilicatë
Mimì Coviello, coordinatrice scientifica Centro lucani nel mondo Nino Calice

Coviello, cosa troveremo in questa mostra?

«Il percorso museale racconta in maniera multimediale la storia e il viaggio di alcuni lucani, più o meno illustri, che hanno deciso di partire. Così il visitatore potrà diventare Rosita Melo, prendere il suo passaporto e ripercorrere il viaggio fino all’arrivo al porto di Buenos Aires, ad esempio. Questo era il progetto originario, ma a mio avviso questa restava una storia monca. Così quando la Regione ha trovato i canali di finanziamento giusti, ci siamo chiesti quale potesse essere la chiave di lettura di una mostra che racconti la lucanità nel mondo oggi. Vogliamo raccontare l’eredità che i lucani hanno portato nel mondo. Se ha ancora senso oggi parlare di lucanità»

Non è troppo presto per musealizzare un fenomeno che è tutt’altro che terminato in Basilicata? Dalla Basilicata si continua a fuggire: consegniamo al passato quello che oggi non vogliamo vedere?


L’emigrazione contemporanea è diversa da quella del secolo scorso, sono due fenomeni diversi, ma in dialogo. Imparare a leggere differenze e punti di contatto tra questi due fenomeni è importante anche per costruire proposte per il futuro. Confrontandomi con molte persone che vivono da tempo oltreoceano, mi ha sorpreso vedere come il loro legame alla Basilicata sopravviva, nonostante le sofferenze e la lontananza. Non ci interessa tanto indagare cosa spinge alla partenza, quanto piuttosto cosa resta dopo la partenza.

Chi è andato via da tempo ha portato con sé la Basilicata dei suoi nonni e dei bisnonni: una Basilicata che da noi non esiste più. Quella Basilicata sopravvive non solo negli anziani, ma anche nei giovani, nelle seconde e terze generazioni, soprattutto in Sud America.

Mimì Coviello, Centro lucani nel mondo Nino Calice

In ogni paese, anche a seconda delle ondate migratorie e al tipo di vita e di cultura in cui si sono ambientate queste persone, si sono sviluppate forme di lucanità differente. La cosa interessante è vedere come anche in contesti diversi, ragazzini che in Basilicata non sono mai stati, si sentano lucani.

Solo un racconto nostalgico e sentimentale, o pensa che queste Basilicatë abbiano qualcosa da offrire alla Basilicata e ai suoi problemi di oggi?

Tutt’altro che sentimentale! I ragazzi che ho conosciuto, i lucani nel mondo di seconda e terza generazione, rappresentano un patrimonio inestimabile che noi non riusciamo a vedere. Un patrimonio di competenze, relazioni e visioni che attende solo di essere attivato. Siamo nel 2024! Oggi abbiamo tantissimi strumenti che possono rendere questo loro desiderio possibile. Ci sono persone dall’altra parte del mondo, che non si sentono meno lucani di me o di te, che amano la Basilicata tanto quanto noi e sono pronte a spendersi per la loro terra. Mentre noi piangiamo sui numeri e sulle statistiche. Ok c’è lo spopolamento, ma c’è anche un ripopolamento possibile, culturale ed esperienziale, di persone che vogliono spendersi per la nostra regione. E che noi non vogliamo riconoscere.

Un esempio?

Uno degli aspetti che abbiamo approfondito nell’indagine è quello della cucina, ci siamo chiesti come sono cambiati i gesti e le ritualità legati alle preparazioni culinarie. I curatori hanno lanciato un concorso a cui hanno partecipato con dei video tantissimi lucani all’estero incuriositi. Tra i partecipanti inattesi c’è stato anche Mauro Castano, originario di Bernalda, in provincia di Matera: è uno dei componenti della famiglia del Boss delle torte, format di Real Tv. Per il suo video ha mobilitato tutta la sua brigata, nella cucina di una delle più note bakery internazionali. Inutile dire che il suo video ha fatto saltare tutti i contatori dei nostri social. Si è messo in gioco, ha aiutato il progetto e l’ha fatto solo per amore della Basilicata. Quanti altri Mauro Castano ci sono in giro per il mondo che non vedono l’ora di fare qualcosa per la Basilicata?

Non possiamo risolvere il problema dello spopolamento. Ma abbiamo le capacità intellettuali per trovare strumenti nuovi per abitare la nostra regione: non solo con un certificato di residenza.

Mimì Coviello, Centro lucani nel mondo Nino Calice

Ripopolare la Basilicata, quindi, con le competenze e la voglia di chi vuole continuare a contribuire alle sorti della regione. Come si fa?

Chiaramente non si può fare con i vecchi strumenti e le vecchie logiche. Vanno studiate strade nuove: è quello che stiamo facendo con Basilicatë. Le comunità di lucani all’estero ci dicono che sono stanche di celebrare la loro lucanità nei riti e nelle feste che hanno portato con se’. Vogliono sapere cosa possono fare di concreto per la Basilicata. I lucani oltreoceano con cui stiamo costruendo il progetto, a cui stiamo chiedendo un incredibile impegno, tempo e dedizione, si sono lasciati coinvolgere mostrando una devozione per la nostra terra, che nei nostri paesini è spesso ormai difficile da trovare. Sembrava attendessero solo qualcuno che li attivasse.

Quindi può essere un’opportunità anche per le tante realtà del Terzo settore lucano: creare ponti con chi, anche a distanza, è disposto ad investire energie per il bene di una terra che sente comune.

Sì, se ci pensi, cosa significa oggi essere lucano? In un mondo di nomadi digitali e residenti temporanei, che vivono sei mesi all’anno in un continente e sei mesi in un altro. Non possiamo rimanere chiusi, ma cercare strumenti di attivazione di questi legami che ancora resistono al tempo. Può avere un impatto incredibile qui. È quello che stiamo provando a fare con Basilicatë.

Statua di San Rocco offerta a New York dalla comunità di potentini lì residente