Come cambia il volontariato
Che fine hanno fatto i giovani? Ci sono, ma bisogna lasciarli esprimere
Due indagini del Csv Sardegna mostrano dati e curiosità del calo di adesioni nella fascia dai 18 ai 34 anni. Un progetto su civismo e volontariato condotto insieme a Comuni, scuole secondarie dell'Isola ed enti del terzo settore, mettendo al centro di tutto i giovani
Le famiglie, che un tempo inducevano i figli a provare un’esperienza di volontariato o comunque in ambito sociale, oggi spingono i ragazzi a non disperdere il loro tempo e puntare sullo studio o sul lavoro. Il cambio di paradigma spiega soltanto in parte il calo di presenze giovanili del mondo del volontariato sardo. Infatti, questo è soltanto uno dei punti rilevati da due ricerche che il Centro servizi per il volontariato della Sardegna ha commissionato al Centro studi sociali “Carlo Carretto”.
«Ma prima di prendercela con le famiglie, cerchiamo di far comprendere ai giovani che fare volontariato è innanzi tutto un’esperienza che arricchisce loro, non deve compiacere i genitori. È qualcosa di bello, gratificante e utile, che serve più al volontario come percorso di crescita e, ovviamente, coloro che beneficiano di quell’opera», ha commentato don Ettore Cannavera, fondatore della comunità “La Collina” di Serdiana.
Tra le tante curiosità emerse dalla doppia indagine, con interviste rivolte sia ai giovani che agli adulti, ce ne sono un paio che confermano la tendenza nazionale rilevata dall’Osservatorio #conibambini. Per esempio, i ragazzi sono molto pragmatici: se non sono coinvolti a dovere o non si appassionano, passano ad altro. Ma se vengono “acchiappati” e stimolati a dovere, abbracciano il volontariato con passione e dicono di sentirsi realizzati. Il problema è che, spesso, gli adulti li lasciano ai margini dei progetti e delle iniziative, coinvolgendoli poco o marginalmente nel processo partecipativo e decisionale. Non solo: in tanti lamentano la scarna comunicazione delle organizzazioni di Terzo settore attraverso i social, cioè proprio quei mezzi di cui loro fanno grande uso. Una pecca rilevata da tempo, alla quale pongono o hanno già posto rimedio soltanto le grandi e medie realtà, per lo più. E questo, alla lunga, sta creando una forbice sempre più ampia tra le associazioni in attività.
«L’entrata in vigore del Codice del Terzo settore ha rafforzato l’importanza del volontariato all’interno del Terzo settore stesso», ha detto Lucia Coi, presidente del Csv Sardegna durante la presentazione dei risultati delle due indagini, che si è tenuta alla Fondazione di Sardegna. «Questa centralità normativa è però coincisa con un periodo particolare per il mondo del volontariato, travagliato da un lato dall’emergenza pandemica e, dall’altro, da un progressivo e generalizzato calo del numero di volontari. Il grande senso di riconoscimento verso le organizzazioni di volontariato e del Terzo settore, motivato dal ruolo cruciale ricoperto nel corso della pandemia, purtroppo non ha incoraggiato l’interesse verso questo mondo e la volontà di farne parte attivamente; piuttosto, ha scatenato una reazione opposta di rifiuto».
Le due ricerche puntavano a capire due cose: il livello di conoscenza degli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite al 2030 e le motivazioni che spingono i giovani a impegnarsi nel volontariato. Tra gli adulti interpellati, alcuni che hanno svolto attività di volontariato in passato e che oggi, per le loro attività professionali, sono strettamente a contatto con i giovani (insegnanti, psicologi, nutrizionisti). La presentazione è stata l’occasione per approfondire anche la relazione esistente (o che potrebbe essere costruita) tra il mondo del volontariato e la scuola. Molti intervistati hanno sottolineato come l’attività lavorativa che hanno scelto sia in qualche modo legata alla loro passione sociale e civile. Più di uno ha cominciato cercando di aiutare persone che si trovavano in condizioni di difficoltà, anche attraverso la cooperazione internazionale o la cittadinanza attiva. In buona parte hanno dedicato grande attenzione a temi legati alla politica, all’ambiente e alla pace nel mondo.
Dall’indagine emerge anche un altro elemento interessante: a spingere verso il volontariato e la passione civile è spesso un senso profondo di inquietudine, legato a fenomeni che sono vissuti come ingiusti. La famiglia risulta essere importante nell’influenzare l’interesse verso il mondo e gli altri; tuttavia, come detto, con difficoltà supporta o asseconda la scelta di dedicarsi con più o meno intensità al volontariato, al civismo o alla partecipazione politica. Spesso le famiglie non riconoscono le opportunità, i vantaggi, gli aspetti positivi che derivano dall’impegno nel volontariato, convinti che sia qualcosa che toglie tempo allo studio o distoglie dalla ricerca del lavoro o da altre attività importanti. Inoltre, si nota una notevole differenza tra chi è arrivato al volontariato attraverso il Servizio civile e chi – anche per questioni anagrafiche – senza questo tramite.
Il 47% dei docenti intervistati ritiene che le ore di educazione civica siano molto importanti per far conoscere i temi sociali ai ragazzi. Ma il 42% pensa che i ragazzi siano poco interessati ai temi sociali: solamente il 25% indica un interesse elevato ai temi sociali. Il 67% dei partecipanti pensa sia mediamente o molto importante trattare temi sociali durante le ore di educazione civica. Identica percentuale per i docenti che hanno dichiarato che sarebbe molto utile, per aumentare la soddisfazione degli studenti, poter proporre la trattazione di determinate tematiche sociali.
Il mondo del volontariato alle volte è decisamente distante dalla concezione della vita dei ragazzi. Spesso c’è un’immagine distorta del volontariato: magari, quando si rende utile alla collettività, la percezione cambia. I giovani sono interessati ad avere un ruolo nella società attraverso il volontariato e l’attivismo, ma con modalità diverse dal passato, anche perché i giovani di oggi vivono diversamente lo stare assieme. E talvolta non è affatto vissuto con leggerezza.
Ma allora, dove sono i giovani? «I giovani sono tra noi, anche se a volte non li vediamo», ha rassicurato l’uditorio Angela Quaquero, presidente dell’Ordine degli psicologi della Sardegna. «Non li vediamo perché è facile che si nascondano: dal Covid in poi, un adolescente su tre ha lamentato un disagio psicologico. E questo si estende sino alla fascia dei 25 anni. Quando una persona di quella età lamenta un disagio psicologico, molto spesso si rinchiude in camera sua. Abbiamo bisogno di creare spazi di socializzazione e ri-socializzazione, e lasciare che siano loro a interpretarli. Teniamo poi conto che la realtà virtuale che costruiscono con i social è, comunque, una realtà in cui loro agiscono, si ritrovano e si conoscono. E costruiscono anche qualcosa di molto interessante. Non dobbiamo limitarci, con i nostri schemi mentali, alle cose che conosciamo meglio. Dobbiamo accettare che i giovani usino il loro pensiero, il loro linguaggio, i loro modi di socializzare e comunicare per creare cose nuove, che però hanno a che fare anche con il volontariato. Ci sono gruppi chat di auto-aiuto costituiti e costruiti da ragazze con disturbi del comportamento alimentare, che si incontrano online e si aiutano molto nella loro patologia, nei loro bisogni. Credo che quel famoso ultimo miglio che il volontario riesce a percorrere per arrivare ai bisogni della specifica persona, e che le istituzioni non riescono a soddisfare, lo possono percorrere anche i giovani con i loro strumenti. Dobbiamo imparare a vederli, riconoscerli e apprezzarli».
La collaborazione con la scuola può essere facilitata dal fatto che la riforma del Terzo settore obbliga ad essere più strutturati. Uno degli strumenti che può essere utile, sostengono i docenti interpellati, è il Ptco (ex alternanza scuola-lavoro). Alcuni sottolineano anche l’importanza del supporto nelle associazioni come alternativa alle sanzioni tipiche della scuola o alle attività tradizionali per incrementare il curriculum che, in alcuni casi, oltre a migliorare il rendimento a scuola e il comportamento, ha portato tanti giovani a proseguire col volontariato. In altri casi viene sottolineato che, se ci fosse un riconoscimento del volontariato nel mondo dello studio o del lavoro, ci sarebbe un maggiore interessamento.
Soprattutto chi viene dall’attivismo, sottolinea come i giovani non siano attratti dalle organizzazioni tradizionali perché in genere sono “organizzazioni di adulti” e perché “non considerano le esigenze dei giovani”. Ciò che spesso non viene tenuto in considerazione è che la società è cambiata e i giovani non sono più quelli di un tempo, ma è cambiato anche il volontariato e spesso le organizzazioni non riescono a fare leva sull’entusiasmo dei giovani.
La mancanza di informazione sul Servizio civile universale e sulle realtà del Terzo settore, in generale è uno degli scogli principali che i giovani devono affrontare quando vogliono dedicare del tempo al volontariato, al punto che spesso è il passaparola di chi ha fatto prima queste esperienze ad essere lo strumento principale di informazione (anche se l’esperienza di altri coetanei è rilevante). In particolare, viene sottolineata la carenza di informazioni sui social o un uso poco efficace di questi strumenti.
L’indagine Iares Swg di prossima pubblicazione indica che il 20% dei giovani tra i 18 ed i 34 anni svolge attività gratuita di volontariato o civismo presso enti del Terzo settore, sindacati, partiti politici, contro il 18% delle fasce d’età più anziane. Tuttavia, l’esiguità dei giovani – in particolare in Sardegna – in termini numerici fa pesare poco la loro realtà. In Italia la fascia dai 18 ai 34 anni rappresenta il 17,5% dell’intera popolazione, in Sardegna il 15,74%. La popolazione over 34 rappresenta il 77,1% in Italia e l’82,29% in Sardegna.
La presenza di giovani all’interno del mondo del volontariato in Sardegna rappresenta meno di un sesto dei volontari complessivi. Questa percentuale influisce chiaramente sull’età media dei volontari, che è in continuo aumento. Il Terzo settore continua a crescere nel numero di enti (363mila) e dipendenti (870mila), ma i volontari in Italia diminuiscono notevolmente: nel 2021 erano 900mila in meno rispetto ai 5,5 milioni registrati nel 2015. «Per questa ragione il Csv Sardegna ha inserito nella propria programmazione un progetto emblematico per la promozione del civismo e del volontariato tra gli studenti dell’Isola che, utilizzando in maniera trasversale tutti i servizi offerti dal Csv agli Ets, affronti il tema di una maggiore presenza dei giovani negli enti stessi», sottolinea Filippo Spanu, coordinatore del progetto. «Per realizzare questa iniziativa abbiamo contattato tutti gli istituti superiori della Sardegna e i Comuni dove gli stessi operano. Sinora hanno dato la loro adesione 17 istituti superiori e 11 Comuni (Cagliari, Carbonia, Iglesias, Quartu Sant’Elena, Olbia, Nuoro, Sant’Antioco, Sassari, Tortolì, Alghero, Porto Torres). Entro il mese di ottobre verranno sottoscritti gli accordi di collaborazione. Ed entro il mese di novembre 2024 verranno individuate le “alleanze sperimentali “nei seguenti ambiti: sostenibilità ambientale, animazione socioculturale e pratiche di cittadinanza attiva. La costituzione di tali alleanze sarà preceduta da iniziative, con il coinvolgimento degli studenti, di animazione e divulgazione sui temi del civismo, del volontariato e del perseguimento del bene comune».
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