Carcere, procuratore di Foggia: “Pene che recuperino i detenuti”

«Più che della pena certa, penso che si debba parlare della pena efficace, che raggiunge il suo obiettivo principale: la redenzione della persona che ha sbagliato, che ha commesso un crimine». È il pensiero di Ludovico Vaccaro, procuratore capo presso il Tribunale di Foggia, che rilancia l’esigenza di affiancare al lavoro di repressione della criminalità, anche quello della giustizia riparativa

di Emiliano Moccia

«Più che della pena certa, penso che si debba parlare della pena efficace, che raggiunge il suo obiettivo principale: la redenzione della persona che ha sbagliato, che ha commesso un crimine. Recuperare chi ha sbagliato è fondamentale per le nostre comunità. Oggi si calcola che il 75% dei detenuti sia recidivo e questo ci deve fare riflettere. Occorre promuovere azioni che favoriscano il loro recupero, il cambio di mentalità, perché è determinante per il reinserimento sociale e lavorativo di chi ha avuto problemi con la giustizia». Ludovico Vaccaro è il procuratore capo del Tribunale di Foggia, un territorio che conosce molto bene perché è nato nel capoluogo dauno e perché nel corso delle sue esperienze professionali ha avuto modo di approfondire attentamente le diverse realtà della criminalità organizzata pugliese. Per questo, ha rilanciato un tema a lui molto caro, che viaggia di pari passo con la lotta alla mafia che insieme alla «Squadra-Stato» combatte quotidianamente.

Recuperare chi ha sbagliato

«So bene di toccare un tasto estremamente delicato e forse in questo momento non c’è la disponibilità ad ascoltare questo discorso, perché è un periodo in cui si pensa che tutto debba essere risolto con la repressione. La repressione è importante, ma deve essere anche una repressione che miri al recupero delle persone» ha detto il procuratore Vaccaro a margine della presentazione del volume “L'altra Città. Mafia e antimafia di Capitanata", curato da Annalisa Graziano e Roberto Lavanna, rispettivamente responsabile della comunicazione e direttore del CSV Foggia, che descrive le mafie che hanno colpito il territorio foggiano negli ultimi quarant'anni, con un'attenzione particolare alle storie delle vittime innocenti e alle azioni di contrasto alla criminalità organizzata. «Penso che sia una strada che prima o poi bisogna intraprendere assolutamente, altrimenti così il carcere non è un’esperienza utile. E’ solo un’esperienza costosa, una scuola di criminalità in cui mandiamo coloro che hanno sbagliato. Bisogna seguire la strada del recupero. Sicuramente chi sbaglia deve scontare una pena, ma questa pena deve essere finalizzata al recupero delle persone. L’ottica» rileva il Procuratore Vaccaro «è quella di una giustizia riparativa che ponga al centro anche l’incontro tra la vittima e l’autore del reato. Perché da questo incontro può nascere sia una reale soddisfazione della vittima, che spesso esce dal processo penale vittimizzata una seconda vola, sia per l’autore del reato, che da questa esperienza può uscire un uomo diverso».

Generare occasioni di lavoro

Il cammino per generare una cultura della pena efficace o della giustizia riparativa, probabilmente varia anche in base ai territori in cui viene proposta questa sfida di inclusione. Perché servono aziende, imprese, cooperative, associazioni disponibili ad accogliere persone provenienti da percorsi di giustizia penale per offrire occasioni di lavoro e creare sviluppo economico. «Il lavoro non solo riduce le possibilità della criminalità di trovare nuove leve, ma diventa anche l’opportunità per chi ha sbagliato. Anche nel foggiano non è difficile creare queste condizioni, perché questa terra ha tante possibilità. Siamo il granaio d’Italia, la Capitale dell’ortofrutta. Le possibilità di sviluppo e di lavoro sono tantissime. Se riusciamo a metterle a frutto e a dare lavoro ai giovani innanzitutto ridurremo la criminalità, e poi si potrà offrire anche lavoro a chi ha sbagliato, affinché» conclude Vaccaro «possa tornare nei giusti binari di una vita sociale nella legalità». Di qui, l’importante azione portata avanti anche dagli Uffici di Esecuzione penale esterna – Uepe che operano in stretta sinergia con gli Enti Locali, le associazioni di volontariato, le cooperative sociali e le altre agenzie pubbliche e del privato sociale per favorire concreti percorsi di reinserimento ed inclusione sociale. E secondo i dati del Ministero della Giustizia, in provincia di Foggia i soggetti in carico all’Uepe alla data del 31 dicembre 2021 erano 1.059.

Clima teso nel carcere di Foggia

Intanto, nel carcere di Foggia il clima continua ad essere piuttosto teso. Anche a causa dell’evasione di 72 detenuti dal penitenziario avvenuta il 9 marzo 2020, pochi giorni prima che iniziasse il lockdown provocato dal covid-19. Una fuga di massa avvenuta mentre le proteste devastano decine di carceri in tutta Italia causando la morte di 13 reclusi. Ancora oggi si paga quel drammatico episodio, con la riduzione degli spazi nel carcere che sono stati ripensati per garantire una maggiore sicurezza dopo la rivolta e con lo stato di agitazione del personale della polizia penitenziaria che anche qualche giorno fa è scesa in strada per protestare «contro lo stato di abbandono in cui versa il sistema carcerario italiano negli ultimi due anni, con carichi di lavoro non più fronteggiabili con gli attuali organici, ben al di sotto delle piante organiche già sottodimensionate». Gli unici spiragli di benessere arrivano dalle attività promosse dal Centro di Servizio al Volontariato di Foggia che, con il sostegno della Fondazione dei Monti Uniti di Foggia, da diversi anni promuove un bando destinato alle organizzazioni di volontariato per promuovere e sostenere iniziative laboratoriali, di spettacolo e di solidarietà negli Istituti penitenziari della Capitanata. Iniziative che, sempre a causa del Covid, hanno subito dei rallentamenti ma che gli operatori sono pronti a riprendere. Come il Fondo di Solidarietà, destinato a soddisfare i bisogni primari che condizionano la qualità della vita dei detenuti in stato di grave indigenza.

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