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Calabria, ora c’è una legge contro la povertà educativa
Approvata in Regione una legge per contrastare la povertà educativa. «Questa legge non deve restare un manifesto», dice Francesco Mollace, coordinatore della consulta educazione, scuola e povertà educativa del Forum del Terzo Settore della Calabria
Nel 2021, in Calabria, il tasso di abbandono scolastico si è attestato al 14%, superiore alla media nazionale; i Neet si attestano al 39,9%. Quello degli asili nido è uno dei temi centrali in materia di diritti per l’infanzia: a fronte di una copertura nazionale del 27% e della soglia Ue al 33%, la Calabria presenta soltanto l’11,9%.
Un quadro preoccupante che incide profondamente sul tessuto sociale e il futuro di questo territorio. È in questo contesto che è nato su iniziativa della Giunta regionale un disegno di legge che punta all’istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino ai sei anni. Per la Calabria rappresenta potenzialmente una svolta storica e l’opportunità di restituire ai bambini calabresi i diritti fino ad oggi negati.
Come illustrato nella relazione introduttiva che ha preceduto il disegno di legge, sin dalla loro nascita negli anni Settanta gli asili nido si sono diffusi in maniera squilibrata sul territorio nazionale. A distanza di circa 50 anni la situazione non è migliorata, anzi il divario dei servizi tra le regioni è aumentato. La riforma epocale del sistema educativo italiano è stata segnata dal Decreto legislativo del 13 aprile 2017 nr. 65, che ha previsto l’istituzione del sistema educativo integrato dalla nascita fino a sei anni. L’elemento di novità è stato che i servizi educativi per i bambini 0-3 anni sono di fatto usciti dalla logica assistenziale erogata dagli Enti locali fino a quel momento per entrare in una vera e propria dimensione educativa e statale sotto il Ministero dell’Istruzione, attraverso il raccordo con le scuole dell’infanzia (3-6 anni). È nato così il Sistema integrato di Educazione e Istruzione 0-6 e il Piano nazionale pluriennale; un sistema che tuttavia in Calabria non è mai stato implementato a causa della normativa troppo vecchia e mai aggiornata.
Il disegno legislativo della Regione Calabria, infatti, era fermo da 11 anni e «questo ha comportato l’impossibilità ad accedere alle risorse previste dal risvolto normativo nazionale del 2017». A spiegarlo è Giusi Princi, vicepresidente della Giunta regionale con delega all’Istruzione e neo eletta al Parlamento europeo, nonché promotrice del disegno di legge che punta «per la prima volta a contrastare la povertà educativa legata all’infanzia». Il punto di partenza è stato proprio l’adeguamento delle normative regionali.
Il disegno di legge è stato elaborato tenendo conto di un’analisi di contesto. Dalle ricerche svolte è emerso che la popolazione scolastica 0-2 anni e 3-5 anni rappresenta il 2,2% e il 2,5% della popolazione residente. Stando a quanto rilevato dall’Istat nel rapporto 2022 “Nidi e servizi educativi per bambini tra 0 e 6 anni: un quadro d’insieme”, i nuclei familiari economicamente svantaggiati tendono ad iscrivere meno frequentemente i propri figli ai servizi di infanzia. Solo 54 comuni su 404 presentano un reddito pro capite superiore a quello medio regionale. Nel 2022 risultavano attivi in Calabria 309 servizi per l’infanzia con una disponibilità complessiva di 5.838 posti autorizzati al funzionamento. Complessivamente i Comuni nei quali risultano servizi attivi sono 118, pari al 29,2% dei comuni calabresi, mentre i Comuni sprovvisti sono 286, ossia il 70,8%.
L ’obiettivo del disegno di legge, che il Consiglio regionale ha approvato all’unanimità, è dunque di «definire il sistema integrato per conseguire la continuità del percorso educativo 0-6, attraverso il potenziamento dei servizi di nido, micro nido, sezioni primavera, servizi integrativi per l’infanzia». In altre parole, si tratta di ampliare e consolidare l’offerta del numero dei posti, prevedendo la gratuità per le famiglie meno abbienti, «per il progressivo raggiungimento della copertura del 33% della popolazione nella fascia di età 0-3 anni, così da ridurre il gap esistente con le altre regioni, attraverso la ridefinizione dei requisiti strutturali ed organizzativi».
Il Tavolo tecnico è già operativo per la stesura dell’apposito regolamento che disciplinerà i contenuti e i percorsi attuativi e che sarà deliberato dalla Giunta regionale. Un passaggio fondamentale per far sì «che questa legge, importante per la Calabria, non resti un manifesto». A sottolinearlo è Francesco Mollace, coordinatore della consulta educazione, scuola e povertà educativa del Forum del Terzo settore della Calabria, che conferma come effettivamente la proposta potrebbe segnare un reale cambio di passo per il territorio. «L’approccio 0-6 si differenzia da quello 0-3 adottato in passato perché accompagna i bambini fin dentro il sistema di istruzione attraverso un approccio integrato, senza il rischio di creare un vuoto nella loro formazione. In un territorio complesso come quello calabrese questo diventa un punto fondamentale per il futuro di tutti».
La povertà educativa, evidenzia Mollace, è «un circolo vizioso. Occorre prendere in carico i ragazzi sin da subito per evitare che finiscano in brutti ambienti. In alcune aree specifiche, ad esempio, molti sono figli di detenuti, quindi occuparsi di loro vuol dire sostenere anche le famiglie e far in modo che le tensioni familiari non vengano scaricate sui minori». Stando al Rapporto Invalsi 2023 in Calabria è stato registrato il calo maggiore della dispersione scolastica implicita, ossia quella degli studenti che terminano il ciclo di studi scolastico senza possedere le competenze di base necessarie. Inoltre metà dei giovani che termina le scuole superiori non è in grado di comprendere quello che legge: «Questo implica l’assenza di pensiero critico e di conseguenza la difficoltà di discernimento. A pagarne il prezzo è l’intera comunità». Il Pnrr avrebbe potuto rappresentare l’occasione migliore per cambiare approccio «e invece sono mancati luoghi di coprogettazione, il coinvolgimento degli altri ambienti della cultura o del Terzo settore. Siamo intervenuti elargendo alle scuole ulteriori finanziamenti, come dire: abbiamo aperto i rubinetti e stiamo sprecando l’acqua».
Allo stato attuale, come viene comunicato dalla Giunta regionale, sono stati cofinanziati 15 milioni di euro per accedere allo stanziamento complessivo ministeriale, pari ad 80 milioni di euro, da destinare all’attivazione di asili nido, sezione primavera e centri educativi per l’infanzia. In particolare, sono stati previsti 22 milioni per l’implementazione delle sezioni primavera nelle aree interne e per i voucher da destinare alle famiglie meno abbienti per usufruire gratuitamente degli asili. «I nostri bambini sono stati privati dei loro diritti per troppo tempo, adesso è necessario cambiare passo» commenta Princi. «Contrariamente a quanto avveniva alla loro nascita, in cui gli asili nido erano considerati approdi assistenziali, oggi sappiamo quanto l’intervento psico-educativo dei primi mesi e anni dei bambini incida sul loro sviluppo. Non solo, perché così facendo aiuteremo anche le donne a conciliare la vita lavorativa con quella professionale: arginando la povertà educativa sosterremo anche le pari opportunità».
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