Cagliari: nasce Ad Adiuvandum, la rete sociale contro la pandemia
Tutta la città sostiene questa iniziativa nata dal basso, grazie a cui sono già stati effettuati gratuitamente quasi 4000 test sierologici. Fondamentale l’apporto della sanità militare e la raccolta fondi, arrivata già a 160mila euro. «Un progetto unico nel suo genere» spiega il sottosegretario alla Difesa Giulio Calvisi
Il nome del progetto spiega tutto: Ad Adiuvandum. Cioè, a sostegno: «Perché le istituzioni sanitarie da sole non ce la fanno ad affrontare la pandemia e allora serve un’alleanza con la società civile. Un patto di comunità». Maria Antonietta Mongiu usa sempre il «noi» ma se 3700 residenti dell’area metropolitana di Cagliari negli ultimi due mesi si sono sottoposti gratuitamente a un test sierologico lo si deve soprattutto all’intuizione e all’impegno di questa archeologa, già assessore alla Pubblica istruzione della giunta regionale guidata da Renato Soru ed ex presidente del Fai in Sardegna, che ha messo assieme tutti (ma veramente tutti) nello sforzo immane di provare a contenere in città il dilagare del virus.
Civili e militari, istituzioni pubbliche e società private, amministrazione regionale e Università, professionisti impegnati pro bono e volontari, scuole e teatri, società sportive e migranti, commercianti e pensionati, giornali e ordini professionali, comuni e sindacati: la rete di Ad Adiuvandum finora ha coinvolto oltre sessanta soggetti e ha raccolto 163 mila euro. Risorse destinate a pagare l’affitto di macchinari, ad acquistare tamponi e Dpi e ad assicurare i volontari. Perché i locali e il personale li mette a disposizione la sanità militare, che è entrata a far parte da protagonista del progetto, nata da un protocollo firmato lo scorso 29 giugno dalla Regione Sardegna, dal Ministero della Difesa e dalla rete di solidarietà sociale Ad Adiuvandum.
E così nel cuore del quartiere medievale di Stampace, nel complesso che ospita anche la chiesa barocca di San Michele, l’ospedale militare tre volte alla settimana accoglie tutti coloro che si prenotano attraverso il sito www.adadiuvandum.it.
«La sanità militare è impegnata contro la pandemia in molte aree del Paese ma questo progetto che apre alla società civile e ad una raccolta fondi è unico nel suo genere e per questo lo abbiamo abbracciato con convinzione, grazie all’impegno del personale del dipartimento militare di medicina legale» spiega il sottosegretario alla Difesa Giulio Calvisi.
Il sostegno della Fondazione di Sardegna è stato fondamentale per la partenza, così come l’apporto dell’editore Sergio Zuncheddu e del suo gruppo Unione Sarda, che pubblicizza costantemente Ad Adiuvandum.
«Siamo partiti con i primi test ad agosto, quando ancora non si parlava di seconda ondata, dando la priorità a quelle categorie di soggetti che per la loro attività erano a rischio contagio: volontari, forze dell’ordine, insegnanti» spiega Mongiu. «Poi da settembre ci siamo rivolti ai giovani, sottoponendo a test centinaia di ragazze e ragazzi delle società sportive. Poi è stata la volta dei dipendenti pubblici, delle amministrazioni comunali e dell’università di Cagliari». Ma non c’è categoria che ora non si stia rivolgendo a questa rete, che si allarga ogni giorno di più.
Se il test sierologico dimostra che una persona ha avuto il virus, l’interessato può immediatamente fare un tampone. «Questa situazione si è verificata solo tre volte, segno che fino alle settimane scorse il virus in città ha circolato pochissimo» spiega Mongiu. «Il test è gratuito ma in tanti stanno sostenendo con le loro donazioni l’iniziativa. Al di là di tutto, Ad Adiuvandum sta servendo a formare delle sentinelle contro la pandemia, sensibilizzando migliaia di persone anche rispetto al vaccino antinfluenzale».
Ma ciò che conta di più è aver messo assieme soggetti pubblici e privati che da sempre hanno difficoltà ad interloquire fra di loro e che ora si ritrovano uniti sullo stesso fronte. «Non vogliamo sostituirci a nessuno ma vogliamo esercitare un’azione pedagogica forte, chiamando tutta la comunità cittadina ad unirsi in un impegno concreto» conclude Mongiu. E Cagliari fino ad oggi, ha risposto all’appello.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.